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giovedì 27 gennaio 2011

Il destino dei paesi in rivolta

Le rivolte che stanno caratterizzando i paesi arabi della sponda sud del Mediterraneo si stanno allargando, è di oggi il caso dello Yemen, dove la protesta è scesa nelle strade, mentre in Siria si chiudono i social network per evitare le comunicazioni tra la popolazione. Pare importante analizzare il momento storico, l'attuale, in cui si sviluppano questi moti di piazza in società e contro governi con caratteristiche differenti. Il dato comune è la crisi economica che ha fatto precipitare in situazione di povertà vasti strati sociali tra cui anche quelli che godevano del favore dei regimi; qui si innesta la cattiva gestione delle ricchezze di alcuni paesi colpiti dalle rivolte, Tunisia ma sopratutto Algeria sono ricche di materie prime e con una redistribuzione più equa avrebbero permesso un maggiore favore verso i governi in carica. Peraltro questi governi sono tutti caratterizzati da una negazione dei diritti civili, chi in forme più violente e repressive, chi in maniera più attenuata ed hanno un'altra caratteristica comune il sostegno occidentale, fornito più che altro per impedire l'avanzata al potere dei partiti mussulmani. Si tratta di una strategia politica comprensibile dopo gli errori fatti in nazioni come l'Iran ma con una attuazione fondamentalmente miope, giacchè non ha previsto una crescita in senso democratico dei paesi in questione e si è limitata al mantenimento dello status quo. La facilitazione portata da internet ha permesso alla popolazione di sfuggire, anche se parzialmente, al controllo delle autorità e della censura, consentendo una coordinazione dei manifestanti, i quali oltre alle cause di natura economica sono spronati dalla presa di coscienza di vivere senza i diritti democratici, grazie al continuo scambio di idee dovuti ai mezzi di comunicazione ed anche dal grande tasso di emigrazione verso i paesi occidentali. Ci troviamo di fronte a società in continua evoluzione, ma schiacciate, nella loro forma di rivolta, tra istanze politico economiche e religiose. Gli strati sociali sono attratti dalla vita occidentale dove sono assicurati i diritti politici ma contemporaneamente sono affascinati dalla tradizione religiosa ed ondeggiano tra voglia di modernità e tradizione. Entrambi le cose sono state negate dai regimi oggetto di rivolta, la modernizzazione culturale e politica è stata stroncata per il mantenimento dei ceti al potere e la tradizione religiosa è stata avversata perchè la laicità è più facile da arginare. Il risultato è che abbiamo paesi in rivolta dove a guidare gli insorti non si ha una classe dirigente preparata ad affrontare una transizione sia in un senso che nell'altro. Ciò potrà creare, a seconda del risultato, un pericoloso vuoto di potere che potrebbe essere riempito da movimenti estremisti con le conseguenze facilmente immaginabili. Sono proprio le possibili conseguenze, il destino che ne sarà, il tratto più comune tra tutti questi paesi in subbuglio: una incertezza totale per come andrà a finire, non si può cioè prevedere come per i paesi dell'Est europeo un finale democratico, qui l'incognita religiosa è troppo rilevante.

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