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martedì 29 marzo 2011

La dottrina Obama: flessibilita’ e nuovi metodi della politica estera USA

In questi giorni, che coincidono con la presa del comando della guerra libica da parte della NATO, si parla di dottrina Obama, nel campo delle relazioni internazionali. Fin dal suo insediamento una parte del mondo riponeva molte aspettative nel nuovo presidente americano, anche in funzione degli equilibri geopolitici del pianeta; l’attività in politica estera fino a questo punto si è caratterizzata per un mix di cautela e di interventismo, condizionato fortemente da cause contingenti. C’è da dire che l’eredità della precedente amministrazione è stata pesante: la gestione di Iraq ed Afghanistan pesano sulle spalle americane non poco, tuttavia la gestione Obama ha cercato di trovare metodi alternativi al solo intervento militare, prediligendo, quando possibile, la via del dialogo, perseguita con azioni di sostegno sociale. In questo quadro l’obiettivo dell’exit strategy si è potuto inquadrare, pur tra mille difficoltà, ed indirizzarsi verso una soluzione condivisa. La lotta al terrorismo è stata portata avanti, diminuendo i metodi repressivi ed incrementando l’azione di intelligence al fine di prevenire il fenomeno, si è scelto, insomma una linea di basso profilo che non mettesse gli USA al centro della scena e questo anche in funzione della ricostruzione dell’immagine statunitense fortemente deteriorata. La politica di Obama ha puntato su di un’azione capace di mettere gli interessi americani avanti a tutto, ma portata avanti con un certo understatement, per conciliare il fatto della tutela degli interessi nazionali con le svariate sfaccettature del panorama internazionale. L’applicazione di questi precetti allo svolgimento, sopratutto recente, del divenire del panorama internazionale ha disvelato una politica duttile e flessibile, che si caratterizza per una preferenza incondizionata dell’azione diplomatica su quella piu’ prettamente militare, tipica di altre amministrazioni. Anche per la crisi libica, gli USA hanno preferito un attendismo, ingiustamente scambiato per indecisione, che alla fine si e’ tradotto in un aspettare il giusto momento dell’intervento. Non che la politica estera USA, non interpreti ancora il ruolo, spesso fastidioso, di gendarme del mondo; quello che appare cambiato sembra l’intento finale, che pur essendo in funzione dell’interesse americano, guarda anche, piu’ positivamente ai principi ispiratori cui Obama dichiara di ispirarsi: quelli dell’interesse generale.

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