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martedì 5 aprile 2011

Il fallimento della politica estera europea

La politica estera europea è travolta dagli eventi; già senza casi particolari la gestione era piuttosto travagliata, ma con le rivolte arabe e successivamente con la guerra libica: le incogruenze delle visioni dei singoli stati sono emerse in tutta la loro diversità. Ciò ha determinato una serie di riesami su tutta una serie di questioni internazionali che possono mettere a dura prova lo spirito stesso del trattato di Lisbona. L'assenza di una visione comune unitaria, giunta all'incapacità manifesta di produrre una sintesi sufficientemente rappresentativa della visione generale, capace di trovare dei punti d'intesa, provoca una mancanza di direzione che si concretizza in una somma vettoriale di azioni e reazioni che spesso sono uguali e contrarie e che comunicano, in definitiva, l'immobilismo risultante dall'incapacità del burosauro di Bruxelles. La mancanza di un'agilità nella risposta ai fatti diplomatici, a causa delle lunghe trattative, che spesso finiscono in un nulla di fatto, fanno mancare quella velocità di azione che è un requisito sempre più necessario per fare fronte all'esigenze diplomatiche che si succedono nell'attualità. La guerra di Libia ha provocato fratture difficili da sanare tra Francia, Regno Unito e Germania, tuttavia può essere anche un fattore di riflessione per ripensare radicalmente l'impostazione della politica estera europea. Uno delle cause più rilevanti della mancata unitarietà nella politica estera è la questione turca: Ankara stufa di aspettare l'ingresso in Europa ha rimodellato la propria politica estera volgendo ad est le proprie attenzioni; fuori dall'orbita europea, perchè rifutata, la Tuechia è stata capace di creare una fitta rete di rapporti sia politici, che economici con paesi come Iran, Iraq, Siria ed altri. Questa capacità turca poteva essere sfruttata a vantaggio dell'Unione Europea con maggiore lungimiranza. Un'altro aspetto saliente è il rapporto con la Cina: per convenienza economica l'aspetto dei diritti umani e della repressione non viene mai toccato, non si elabora una strategia comune per obbligare il gigante cinese ad un cambio di rotta, che tra l'altro sarebbe anche conveniente dal punto di vista economico, dato che Pechino opera tramite una concorrenza distorta data dai bassi salari. La mancata visione comune diplomatica si riflette anche nella materia economica, dove nel commercio estero, si procede in ordine sparso. Senza una soluzione che contempli maggiore unitarietà nella politica estera, la UE è un organismo zoppo e non in grado di stare sul teatro che conta delle problematiche mondiali.

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