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martedì 7 giugno 2011

Dove va Israele?

I recenti fatti alla frontiera della Siria, la posizione sempre più arroccata del premier, le proteste, che seppure in minoranza, cominciano ad acquistare una grossa rilevanza nel paese, fanno nascere la domanda dove sta andando Israele? Il governo del paese sta assumendo una posizione sempre più isolata ed è significativo che la protesta monti anche dall'interno. Se per la comunità internazionale la creazione dello stato palestinese è ormai più che una esigenza necessaria per dare un concreto avvio al processo di pace, il governo di Tel Aviv sta facendo di tutto per andare nella direzione opposta. Le proposte del premier israeliano, infatti sembrano fatte apposta per contrastare ogni possibile forma di dialogo ed il gelo con il quale Obama ha congedato Netanyahu, la dice lunga sui sentimenti dell'amministrazione americana, nonostante gli applausi raccolti dal premier di Tel Aviv al congresso e provenienti dalla parte repubblicana. Il governo israeliano non pare essersi accorto dei cambiamenti politici che stanno avvenendo attorno ai suoi confini e pare vivere in un limbo per niente sicuro. L'atteggiamento dello struzzo che sta portando avanti Netanyahu, oltre ad essere irresponsabile, denuncia una miopia circa gli obiettivi da raggiungere molto preoccupante, non è vivendo alla giornata con una tattica attendista che si costruisce il futuro del paese. Frattanto i palestinesi stanno optando per tattiche di rivolta pacifiche, che gettano ulteriore discredito sull'azione dello stato israeliano: una cosa è effettuare una repressione a seguito di atti violenti, un'altra è sparare su dimostranti disarmati. I palestinesi sembrano aver capito la maggiore risonanza di queste tattiche e si avvicinano al cruciale appuntamento di settembre, quando verrà discussa all'ONU la richiesta palestinese della necessità di un loro stato libero e sovrano, con il favore dell'opinione pubblica. Cosa farà Israele se l'ONU riconoscerà questo diritto ai palestinesi? Già il solo fatto di riuscire a portare nella sede delle Nazioni Unite il problema porterà alla ribalta, sempre che ve ne fosse bisogno, un argomento che il governo israeliano preferiva fare passare sotto silenzio. La pressione mediatica che rischia di abbattersi su Israele potrebbe essere enorme e potrebbe determinare un isolamento ulteriore e non si tratterebbe di un magnifico isolamento.

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