Politica Internazionale

Politica Internazionale

Cerca nel blog

domenica 11 settembre 2011

La crisi, opportunità per la UE

L'Europa si sta spaccando sul debito delle nazioni del sud. L'avversione dimostrata dalla Germania è condivisa da altri stati del nord, che non intendono più contribuire al salvataggio, mediante l'acquisto di titoli pubblici di paesi a forte indebitamento, compiuti dalla BCE. La spaccatura è geografica, da una parte Italia, Spagna, Portogallo e Grecia dall'altra l'Europa del nord, con la Francia a metà. Il caso francese è singolare, l'attivismo di Sarkozy maschera a fatica le condizioni non buone dell'economia di Parigi, che non è ancora assimilabile a quelle del meridione del continente, ma che potenzialmente potrebbe diventarlo. Quali scenari si aprono? La gamma delle soluzioni è vasta: uscita dall'euro per i paesi più malconci, europa a due velocità (l'anticamera della dissoluzione europea) o fine della sovranità nazionale ed economia statale dei paesi in crisi messa sotto tutela dagli organismi centrali, che in parole povere vuole dire dirigismo tedesco sulle economie in difficoltà. Sempre che la Germania voglia continuare a restare nell'euro ed in Europa. Se la seconda ipotesi è difficile perchè Berlino ha necessità del mercato europeo, che di vedrebbe ridurre notevolmente in caso di uscita dalla UE, la prima ipotesi ha più possibilità di realizzarsi. Senza misure strutturali che riportino i valori economici e finanziari dell'intera UE entro numeri significativi, per la Germania significa un esborso consistente, che non permette alcun guadagno. La cancelliera Merkel sta subendo batoste elettorali consistenti che la obbligano, forzatemente, ad un cambio di passo che le permetta di recuperare il terreno perduto sul versante elettorale. I tedeschi stanno percependo l'Europa come una zavorra per il loro sviluppo, dimenticando peraltro di avere riversato sul continente i costi per la loro riunificazione, e vogliono mani più libere per la loro economia. Purtroppo hanno ragioni da vendere, la questione del debito è solo la parte più rilevante del problema. I paesi in crisi, infatti, non hanno maturato una condizione di flessibilità nella loro conduzione politica del cambiamento imposto dalla globalizzazione. Non si sono, cioè, attrezzati con strumenti adatti per ripensare le loro economie. Il caso italiano è emblematico, uno dei più grandi paesi industrializzati, ha saputo rispondere al cambiamento solo con delocalizzazioni della produzione, perdendo capacità e conoscenze, che hanno determinato il crollo industriale e manifatturiero. Questo per dire che il solo controllo del debito, non è condizione sufficiente per uscire dalla crisi. In questo senso ha più ragione di essere una centralizzazione delle decisioni in materia economica, che possano superare le incapacità locali. In presenza di persone capaci ed autorevoli, con regole certe e sicure, accentrare il processo decisionale non deve essere visto come una diminuzione della sovranità statale, ma come una opportunità per l'insieme del sistema. Se questo si concretizzasse la crisi avrebbe rappresentato una occasione di rafforzamento della UE ed un ulteriore passo avanti nel'unificazione.

Nessun commento:

Posta un commento