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venerdì 2 settembre 2011

La Turchia espelle l'ambasciatore israeliano

La decisione di espellere l'ambasciatore israeliano ad Ankara da parte del governo turco segna il picco negativo delle relazioni tra i due stati. Questo fatto apre alcune questioni che si rifletteranno sul panorama diplomatico internazionale. Il primo riguarda la virata turca verso l'area araba; dopo il mancato ingresso nella UE, la Turchia si è ritagliata una posizione di primo piano, innazitutto, nella regione, con prospettive di espansione ulteriore. Recidere del tutto gli accordi con Israele significa dare una accelerata significativa a questo processo; pur non pronunciandosi mai contro Tel Aviv per la questione palestinese, la Turchia, con questa mossa, generata dall'episodio della flottilla, si schiera apertamente contro lo stato israeliano ed implicitamente a fianco dei palestinesi. La fine della cooperazione, sopratutto militare tra i due stati, determina un ancora maggiore isolamento dello stato israeliano, che ormai non può contare nemmeno più sull'Egitto, dei paesi confinanti i rapporti normali sono ormai solo con la Giordania. Il secondo fattore riguarda la NATO, dalle basi turche sono spesso partiti aerei per colpire i nemici di Israele, con queste premesse è difficile che Ankara conceda ancora il proprio territorio per missioni aventi come obiettivo la protezione, preventiva o no, dello stato della stella di David. Non si tratta di un impedimento da poco, in caso di emergenza il quadro tattico previsto per eventuali conflitti su Israele deve essere totalmente rivisto e riorganizzato. Il terzo fattore riguarda ancora la NATO e gli USA: pur non essendo Israele membro dell'Alleanza atlantica, il rapporto privilegiato con gli USA, principale membro della NATO, mette in difficoltà Washington, che, tra l'altro, premeva da tempo per una riconciliazione tra i due stati, giudicati fondamentali per la politica internazionale degli Stati Uniti. Il progressivo deterioramento delle relazioni bilaterali non potrà coinvolgere anche la diplomazia USA, che dovrà, giocoforza, essere sottoposta a forti pressioni, per uscire dalle quali potrebbero non bastare i soliti equilibrismi politici. Infine, se la Turchia ha trovato una propria dimensione puntando verso est, Israele si sta condannando sempre più all'isolazionismo, un alleato come la Turchia non è solo difficile da rimpiazzare è impossibile e non avere fatto di tutto per recuperare il rapporto rappresenta un errore politico da dilettanti. Purtroppo non è il solo, la politica del governo israeliano in carica sta condannando il paese ad un futuro prevedibilmente sempre più difficile, insistendo su di una rigidità assolutamente improduttiva e pericolosa per la pace nella regione.

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