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giovedì 15 settembre 2011

L'aiuto interessato della Cina

Il debito pubblico europeo crea opportunità per la Cina. Le difficoltà degli stati europei, che non riescono a districare la matassa del proprio debito pubblico, aprono spazi di manovra enormi per Pechino. Si va dal possibile acquisto di partecipazioni ad aziende ritenute strategiche per l'economia cinese, al potere diplomatico che si può ricavare comprando quote di debito pubblico, come ben sanno gli USA costretti a rimangiarsi quote consistenti della loro politica sui diritti civili. Ma esiste un obiettivo ancora maggiore, che se raggiunto consentirebbe alla Cina il raggiungimento di un vero e proprio ossimoro: la definizione di economia di mercato. In sostanza è questo che più preme a Pechino e che la Cina ha pubblicamente richiesto a Bruxelles. In cambio dell'aiuto, in parte già accordato a paesi come Ungheria, Grecia, Portogallo e Spagna e della possibilità di accordarlo all'Italia, la Cina chiede la fine dell'embargo della vendita di armi, ma sopratutto il riconoscimento formale di economia di mercato. La richiesta rappresenta una vera e propria trappola per l'economia europea, mettersi allo stesso piano della Cina, significa avvalorare le pratiche produttive di Pechino, che sono costituite da un insieme di regole che sfociano nella concorrenza sleale. L'assenza dei diritti sindacali e di leggi sulla sicurezza determinano un notevole abbassamento del costo del lavoro, per recuperare il quale l'Europa può solo allinearsi verso il basso, provocando un avvitamento della qualità della produzione e del calo dei consumi. Esistono solo due risposte da dare a Pechino: il rifiuto oppure la contro richiesta di allineare le condizioni di lavoro degli operai ed impiegati cinesi agli standard occidentali. Ma ciò è irricevibile dai dirigenti cinesi perchè richiede uno sforzo legislativo contrario alla direzione intrapresa da Pechino ed abbatte uno dei punti di forza dell'economia cinese: il basso costo del lavoro. Tralasciando il discorso sui diritti civili e fondamentali, che deve comunque sempre essere una pietra di paragone da non spostarsi mai, anche la convenienza economica, al di la del beneficio istantaneo del placare gli indici di borsa, non pare essere un buon affare cedere alle richieste cinesi. Si può obiettare che la situazione è già questa, le aziende occidentali già combattono con queste condizioni di finta concorrenza, ma ciò è vero solo per la produzione di bassa qualità, dove vi è necessità di produzione affidabile o di lusso, sono ancora le azienda occidentali a tenere le quote di mercato maggiori, il tutto con il costo del lavoro più elevato, in un quadro normativo più rigido e sicuro.
Tutto questo deve essere ben chiaro ai governanti che devono decidere se accettare questi aiuti. Mettere al nemico le chiavi di casa in mano non è mai un buon investimento.

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