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giovedì 3 novembre 2011

Israele, con USA e Regno Unito considerano la possibilità di un attacco all'Iran

La possibilità di un conflitto contro l'Iran sta montando considerevolmente. Israele avrebbe ottenuto l'appoggio di USA e Regno Unito per una eventuale azione militare, che potrebbe concretizzarsi in un possibile attacco missilistico contro le installazioni dei missili iraniani. La data dell'otto novembre prossimo è ritenuta una tappa fondamentale per la definizione della crisi: infatti in quella data l'AIEA renderà noto il proprio rapporto sull'avanzamento del programma nucleare iraniano ed eventuali contenuti ritenuti negativi potrebbero alzare la probabilità di un conflitto. Israele, ufficialmente ritiene che la presenza di armi atomiche nell'arsenale militare di Teheran, costituisca un pericolo diretto per Tel Aviv ed in generale per il mondo occidentale. Su queste basi Netanyahu è impegnato nel convincimento delle istituzioni israeliane per avere mano libera nel caso la decisione di impiegare la forza militare prevalga, tuttavia l'opinione pubblica è divisa sulla questione e da recenti sondaggi, soltanto il 41% della popolazione appoggerebbe in pieno la decisione bellica. Ciò sottolinea la presa di coscienza degli israeliani sulle difficoltà oggettive di un attacco alla Repubblica Islamica, proprio per la conoscenza della forza militare di cui dispone l'Iran, pienamente in grado di dare risposte adeguate sul piano militare in caso di attacco. Occorre però soffermarsi sulle motivazioni di questa escalation, se i timori per l'arsenale atomico iraniano sono concreti o se vi sono altre ragioni che vadano a giustificare una tale attenzione, anche da parte USA. Per il governo israeliano gli ultimi tempi sono stati caratterizzati da sconfitte sia sul piano internazionale che su quello interno. La questione del riconoscimento palestinese all'ONU, con l'indubbio successo diplomatico di Abu Mazen giunto al crescente successo del fenomeno degli "indignados" israeliani, hanno offuscato in maniera decisiva il gradimento del premier di Tel Aviv, che vede la propria immagine sempre più offuscata. Il metodo di alzare la tensione fino al livello di guardia è una costante dell'azione politica di Netanyahu, che punta tutto sul gradimento delle parti più estreme del paese cercando di accreditarsi come uomo forte delle ragioni israeliane. Focalizzare l'attenzione sull'Iran significa, in questo momento, spostare l'attenzione dalle questioni palestinesi, come la costruzione delle colonie, che tante condanne sul piano mondiale hanno provocato. Spingere sulla pericolosità per l'occidente dell'armamento iraniano vuole dire allargare la questione ad un bacino di interesse più ampio, che possa consentire di riguadagnare simpatie alla causa israeliana. Nello stesso modo USA e Regno Unito cercano la tradizionale strada dell'obiettivo di politica estera per nascondere le difficoltà sul piano interno. La sensazione, però è che questa volta si esageri con la questione, fatta salva la pericolosità dell'ordigno nucleare in mano allo stato islamico, queste minacce potrebbero dare una scusa all'Iran, non per avviare azioni militari in grande stile, ma per optare per manovre diversive di minore entità, ma sempre potenzialmente pericolose per la pace nella regione. L'Iran costituisce un avversario pericoloso e senz'altro un pericolo per la pace, ma questo non giustifica parlare apertamente di attacco militare, ottenendo il risultato di esasperare gli animi della popolazione araba, sopratutto di quella che vedein Teheran un aggregatore delle proprie istanze. Per combattere il regime iraniano è più conveniente insistere sulle sanzioni e sull'isolamento diplomatico, cercando di destabilizzare da dentro la dittatura. Usare l'Iran per scopi che alla fine sono più che altro propagandistici è da irresponsabili e sopratutto da incompetenti: una prova in più della mancata adeguatezza di Netanyahu all'incarico che sta ricoprendo.

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