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mercoledì 7 dicembre 2011

Il futuro della UE ed il caso italiano

La sensazione prevalente in Italia, è che per fare una tale operazione economico finanziaria, non vi era bisogno di un governo di cotanti tecnici. Si tratta di una manovra che, al contrario di quello proclamato con così tanta enfasi, non ha nulla di egualitario, ma che impoverisce chi già faticava a districarsi tra un crescente costo della vita e l'aumento della carenza dei servizi pubblici. Almeno un poco di fantasia in più era lecito aspettarsi da chi era presentato da curricula prestigiosi e si presentava come portatore di maggiore eguaglianza, certo, nei sacrifici. Nulla di tutto questo: l'Europa dei tecnocrati ha da subito gradito questo governo ed a ruota sono andati i mercati, nessuna tutela da Bruxelles per le vessazioni imposte, anche con colpi di teatro, come le lacrime di coccodrillo della ministra che annunciava il sovvertimento della vita futura di un gran numero di lavoratori, incolpevoli dello sfascio precedente e della mancanza di soluzioni alternative del presente governo. Il tutto maturato in un colpo di stato dolce, imposto da Bruxelles, dove un governo non eletto ha preso decisioni di tale importanza, senza, oltretutto concordare nulla con le parti sociali. Siamo di fronte ad un precedente pericoloso, per la stessa vita dell'Unione Europea, che gode sempre meno del favore popolare ed inizia ad essere vista come matrigna. Quello che sta succedendo in Italia, va oltre le precedenti incursioni della UE nella vita di uno stato e rappresenta una violazione dello stesso esercizio della democrazia nell'area politica dell'euro, ma peggio ancora è che la UE non è integralmente responsabile del trattamento riservato all'Italia e non solo, ma è ostaggio essa stessa della politica esclusivamente anti deflattiva del suo socio di maggioranza: la Germania. Con un quadro simile viene meno l'essenza stessa dell'alleanza europea, ormai troppo squilibrata sui voleri e sulle esigenze di Berlino. Siamo di fronte al grado zero delle relazioni europee, se non si trova un punto da cui ripartire è veramente difficile che l'Unione riesca a procedere con rapporti così sbilanciati, il futuro è l'affermazione sempre più netta di movimenti e partiti che metteranno al centro dei loro programmi elettorali il progressivo distacco dai vincoli sempre più stringenti della UE. Se Bruxelles non comprende questo, la sua morte è già scritta; l'Unione per potere andare avanti non deve essere più essere percepita come elemento di soffocamento ma deve riaffermarsi come fonte di sviluppo concreto non solo per i grandi gruppi, ma deve portare il benessere fin sulla porta di casa delle famiglie. Gli eurocrati devono mettere riparo ai guasti generati da una gestione che ha dato troppo spazio ad un liberalismo senza contenimenti. Detto questo la questione del risanamento è essenziale proprio per le parti più deboli della società, ma non sono queste parti che ne devono sostenere, quasi esclusivamente, il costo, anche perchè non ne sono le responsabili; troppo facile andare a battere cassa dove le risorse, seppur esigue, sono certe e sicure, senza alcuna elaborazione alternativa del reperimento delle risorse, non solo da parte statale, ma sopratutto centrale, ovvero da Bruxelles, la funzione dell'Unione è monca ed apparirà sempre più calata dall'alto, suscitando una naturale avversione nel corpo elettorale nel suo insieme.

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