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martedì 31 gennaio 2012

La Russia non condanna Assad

Dietro al peggioramento della situazione in Siria, dove aumentano i morti per le repressioni di Assad, vi è anche la mancata compattezza del mondo diplomatico. Infatti, se da una parte UE ed USA, ma non solo, visto le ultime risoluzioni della Lega Araba, spingono per una risoluzione della situazione, che tarda però ad arrivare, e si interrogano sulle possibili modalità di intervento per fermare le vere e proprie strage che si stanno compiendo sul territorio siriano, Cina, ma sopratutto Russia, frenano, sopratutto in sede ONU, ogni eventuale azione di contrasto al regime di Damasco. Si è tentato di interpretare più volte questa tendenza con l'assunto fondamentale che governa la politica estera dei due colossi ex comunisti, che si concretizza nella minore ingerenza possibile negli affari interni degli altri stati. Anche la scottante esperienza, per il loro punto di vista, che i due stati hanno vissuto con l'astensione all'intervento in Libia, concessa dopo molti dubbi e perplessità, nella sede del Consiglio di sicurezza dell'ONU, che ha dato il via al conflitto contro Gheddafi, costituisce un precedente pericoloso per riuscire a coinvolgere Mosca e Pechino in un'altra azione analoga, anche solo a livello diplomatico, questa volta contro la Siria. I governi dei due paesi sono ritornati più volte su quell'astensione, strappata quasi con l'inganno dall'Occidente, come errore di politica internazionale da non ripetere nella loro azione sul panorama internazionale. Tuttavia ciò potrebbe non essere sufficiente a giustificare, ma sopratutto a comprendere, la mancata azione contro la violenza di Assad. Ciò vale per la Cina ma ancora di più per la Russia, che ha, invece, altre ragioni per contrastare, con la sua immobilità, i pur flebili tentativi di mettere un fermo a quella che è ormai diventata una vera e propria guerra civile, dove hanno perso la vita oltre cinquemila persone. Per Mosca, alle prese con l'indipendentismo delle Repubbliche del Caucaso, Assad costituisce una diga, che impedisce l'allargamento delle istanze dei ribelli siriani ai suoi territori. La Russia per continuare a coltivare sogni di grande potenza, cioè di ritornare ad essere tale, deve impedire ogni possibile forma di disgregazione dei suoi territori, ma non solo, deve evitare di avere stati ai suoi confini dove l'islamismo più estremo possa prendere il potere. Ma non sono solo gli assetti geopolitici a preoccupare Mosca, la Siria di Assad rappresenta un partner commerciale importante per la Russia nel mercato degli armamenti, grazie ai consistenti acquisti fatti da Damasco per rimodernare il proprio arsenale. Inoltre la flotta militare russa è presente, con una sua base, nel territorio siriano, nella città di Tartus. Esistono quindi dei motivi che vanno al di là della regola del non intervento negli affari interni di un paese straniero, che Mosca afferma caratterizzare la propria politica estera. Ma questa posizione della Russia appare di insostenibile immobilità di fronte ai possibili problemi che potrebbero nascere dalla caduta di Assad; l'azione del governo russo, con questa condotta, rivela un atteggiamento di mancata novità rispetto alle questioni che si evolvono nella periferia del suo territorio e che non sembra essersi evoluto di molto rispetto alle posizioni sovietiche. Senza una prospettiva di più larghe vedute, nel tempo, la Russia è destinata a capitolare su quegli argomenti che ora la tengono ancorata su posizioni di estrema prudenza diplomatica. Non affrontare con una politica lungimirante i problemi che la assillano dall'interno in specifiche porzioni del suo territorio, rende Mosca una potenza incompiuta e di secondo piano e che, malgrado le sue risorse naturali, non può contare nemmeno sullo strapotere economico che caratterizza la Cina. Viceversa risolvere i conflitti indipendentisti e le difficili relazioni con l'avanzamento della religione islamica, senza ricorrere all'uso della forza, ma con una politica più democratica, potrebbe permettere a Mosca di essere più libera anche sul piano internazionale, senza dovere contare su alleanze, ormai insostenibili come quella siriana.

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