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martedì 24 gennaio 2012

Partono le sanzioni all'Iran

L'azione congiunta di USA e UE, con il supporto fondamentale dell'Arabia Saudita, permetterà di dare avvio alla sanzioni contro l'Iran a causa del problema nucleare. Riyad è in grado, con la propria produzione in eccesso, di compensare il mancato apporto dei barili iraniani sul computo totale della produzione. Inoltre l'introduzione graduale delle sanzioni permetterà una ricaduta più morbida sul sistema economico mondiale. Proprio per questo motivo gli analisti internazionali sono propensi a credere che non vi sarà un aumento del greggio, particolarmente temuto in questa fase della congiuntura economica. Questo aspetto costituisce una ulteriore sconfitta per la tattica di Teheran, che puntava proprio sugli effetti negativi di un possibile aumento del greggio, per scongiurare le sanzioni a suo danno. Nel contempo, però, è anche un possibile elemento di accelerazione della tensione e dell'esasperazione dell'Iran, che si vede ormai accerchiato, e che potrebbe portare a mettere in pratica decisioni estreme, come il più volte minacciato blocco dello stretto di Hormuz. Anche perchè il possibile avvicinamento con la Cina, che non sostiene le sanzioni, dal punto di vista commerciale non è avvenuto, dato che Pechino, ha ridotto gli acquisiti di greggio iraniano sulla base di una controversia per i pagamenti, ed ha aumentato le proprie forniture da Venezuela, Kazakhistan ed Iraq, in modo da mantenere inalterate le quote in entrata del numero dei barili. L'atteggiamento cinese ha così rappresentato una elegante via di uscita sul piano diplomatico, che gli ha permesso formalmente di non allinearsi agli USA, ma che in concreto, ne ha messo in pratica la politica antinucleare dell'Iran. E' proprio questo, dal punto di vista dell'analisi internazionale, il dato più rilevante: Pechino, aldilà delle dichiarazioni di facciata, con questa manovra mostra chiaramente di non gradire lo sviluppo di una potenza nucleare in mano a radicali islamici, vicino ai propri territori. Teheran, che credeva di fare leva su di una rivalità tra Washington e Pechino, esce totalmente sconfitto sul piano diplomatico ed a questo punto poco possono valere le gite propagandistiche di Ahmadinejad in quei paesi che una volta si sarebbero definiti non allineati. Resta ancora la soluzione di bloccare lo stretto di Hormuz, da dove transita il 20% della domanda globale di petrolio del mondo. Questo tentativo estremo di scongiurare le sanzioni, che avranno un effetto decisamente negativo sull'economia iraniana, potrebbe provocare un rialzo incontrollato del prezzo al barile, si stima fino a 200 dollari, provocando una recessione mondiale, che se dovesse verificarsi anche per un periodo non lungo, complicherebbe di non poco la già difficile situazione economica del pianeta. Conviene a Teheran intraprendere una tale misura? La reazione del mondo intero, o almeno della maggioranza delle nazioni, a quel punto, non potrebbe essere che rapida, proprio per accorciare il più velocemente possibile i giorni di blocco dello stretto. L'ipotesi di un conflitto di mare sembrerebbe la più probabile, ma anche il bombardamento tanto caldeggiato dagli israeliani potrebbe concretizzarsi perchè permetterebbe tempi di risoluzione più breve. Ahmadinejad è conscio di questo sviluppo e seppure dotato di una forza armata tutt'altro che da sottovalutare, non potrebbe che avere la peggio. Dunque il blocco di Hormuz parrebbe meno probabile, nonostante le minacce, più facile che il governo iraniano continui la sua protesta per l'ingerenza interna sulpiano diplomatico e propagandistico, supportata da una azione diplomatica che possa portare nuovi alleati alla propria causa, lasciando, di fatto, in stallo la questione e continuando al proprio interno nello sviluppo del progetto nucleare. Ma se, alla fine, Teheran riuscirà ad avere la sua atomica, la prospettiva sarà per forza variata.

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