Politica Internazionale

Politica Internazionale

Cerca nel blog

martedì 20 marzo 2012

La diffidenza dell'euro è anche diffidenza politica

La nascita della moneta unica europea, l'Euro, doveva essere un fattore trainante per l'unione politica del vecchio continente. Ma mentre si è dato corso velocemente alla divisa comune, non si è proceduto di pari passo con l'integrazione sia normativa che politica. E' stato un errore sulla tempistica del progetto completo che riguardava l'assetto dell'Unione Europea e la corsa in avanti della parte monetaria ha generato squilibri, che hanno indebolito la maggior parte delle economie dei singoli stati dell'Unione. Su ventisette paesi soltanto diciasette hanno adottato la moneta comune, chi per propria scelta, che per mancanza dei requisiti allora previsti. Al momento una seria riflessione imporrebbe, forse una revisione di tali requisiti con la possibilità di uscita, sia volontaria che coercitiva; ma tali vie d'uscita non sono state previste ed i contraccolpi sia economici che politici che deriverebbero da una uscita dalla moneta unica da parte di uno stato membro sono stati valutati molto pesanti, come insegna il caso greco, dove è stato fatto tutto il possibile per mantenere Atene entro l'area dell'euro. La rigidità imposta della Germania alle regole interne degli stati nazionali, ha ora creato un rallentamento del processo inclusivo nella moneta unica. In effetti se si può comprendere la necessità di mettere dei paletti ben definiti alla politica economica degli stati, per evitare pericolosi accumuli di debito e fenomeni connessi, come l'inflazione, si può altrettanto capire chi è restio a rinunciare ai propri margini di azione nella politica monetaria e finanziaria. Il caso più eclatante è il Regno Unito, che non ha voluto rinunciare a regole più rigide in materia di finanza, un settore trainante dell'economia inglese, ed ha così continuato a restare fuori dall'euro. Il paese più popoloso, dopo il Regno Unito, fuori dalla moneta unica è la Polonia, che sta godendo di una buona crescita economica ottenuta anche grazie agli ampi margini di manovra sulla leva monetaria che i suoi governanti hanno usato. Questo fattore ha fatto aumentare i detrattori dell'euro, che temono di vedere diminuire la crescita ed agitato lo spettro di Atene sulla società polacca. Londra e Varsavia non sono le sole, anche se per motivi differenti gli altri quindici paesi fuori dalla moneta unica europea, vedono raffreddare le proprie convinzioni ed assumono un atteggiamento, se non proprio ostile, tale da rallentare il processo di accettazione della divisa comune. Nonostante questi dati oggettivi e la pressione italiana per approvare dispositivi che consentano una maggiore crescita economica, pur entro gli steccati previsti, la Germania non sembra derogare dalla linea intrapresa. Questo atteggiamento tedesco porta soltanto uno stop al processo di unificazione europea, giacchè per il momento l'euro è il solo fattore concreto di unità. D'altra parte questa situazione genera una immobilità da cui è sempre più necessario uscire alla svelta, perchè un processo a metà non serve all'Europa. Affinchè il vecchio continente torni ad essere protagonista occorre rivedere da subito i vincoli di bilancio, per permettere all'economia la necessaria ripresa, ma fatto ciò è inammissibile che esista una parte di UE dentro l'euro ed una parte fuori.
Quella attuale è infatti una Unione a metà, dove non tutti i membri condividono le impostazioni di base e sono, di fatto, soci di comodo. Serve uno slancio di coraggio dei governanti e sopratutto delle istituzioni centrali di Bruxelles per riaffermare i principi costituenti ed insistere su di una normativa che porti a compimento l'effettiva unità. Chi è scettico stia fuori e non intralci il lavoro di chi è convintamente europeista.

Nessun commento:

Posta un commento