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martedì 12 giugno 2012

E' possibile una guerra tra Israele e la Siria?

Nella speranza di vedere, almeno, indebolita la grande minaccia iraniana, Israele rinuncia alla propria neutralità nei confronti delle diatribe del mondo arabo, e si pronuncia a favore dei ribelli siriani. Si tratta di un cambiamento profondo nel panorama diplomatico regionale, sebbene, per ora senza ricadute efficaci, aldilà dell'appoggio formale agli insorti contro Assad. Con il presidente siriano, fino ad ora, il rapporto, ufficialmente di inimicizia, è stato in realtà improntato alla non aggressione reciproca, tanto che la frontiera con la Siria, per Israele, era quella ritenuta meno pericolosa dall'esercito di Tel Aviv. Ufficialmente la pronuncia israeliana è dovuta alla crudele repressione attuata dal governo di Damasco contro i civili, in realtà la dichiarazione a favore dei ribelli non è venuta sull'onda dell'emozione di quanto visto da tutto il mondo, ma è frutto di una profonda riflessione maturata con ponderazione nel tempo. Lo sviluppo che hanno preso i rapporti, sempre più stretti, tra Damasco e Teheran è alla base del ragionamento israeliano: Assad non è più ritenuto un vicino affidabile, ed anzi la piega che ha preso la guerra civile nel suo paese, ne fa un personaggio ormai imprevedibile, capace, per distogliere l'attenzione dalla sua politica di repressione, di azioni diversive molto pericolose, che potrebbero riguardare anche Israele. Damasco possiede un grande arsenale di armi chimiche, che potrebbero essere girate verso il territorio israeliano o direttamente dalle forze regolari siriane o girate agli Hezbollah che potrebbero usarle dal Libano. Si tratta di uno scenario estremo ma potenzialmente verificabile, Assad potrebbe guidare tutta la rabbia dell'estremismo islamico, contro un nemico facile, capace di aggregare forze più disparate. La mossa consentirebbe, insieme al sempre più incomprensibile atteggiamento cinese e russo, di guadagnare tempo prezioso, da investire in ulteriori repressioni degli oppositori, che continuano a combattere con il solo conforto di aiuti matriali esterni. Va anche detto che l'oggetto maggiore a cui sono indirizzate le azioni militari governative siriane è la parte di popolazione sunnita, la meno determinata contro Israele, al contrario di quella scita, pesantemente influenzata dalla teocrazia di Teheran e più favorevole al mantenimento di Assad al potere. Si sono così riposte le antiche speranze di Israele di vedere la Siria avvicinarsi ai paesi sunniti più moderati per abbracciare, ormai totalmente l'alleanza con l'Iran. Questo elemento è fondamentale per valutare la sicurezza futura del paese della stella di David: una condivisione della politica estera iraniana, da parte di Damasco, non può non comprendere Israele come principale nemico. In questa ottica una permanenza al potere di Assad, potrebbe fornire a Teheran basi per i propri missili, anche nucleari, particolarmente vicini allo stato israeliano, che diventerebbe sotto minaccia costante. E' una considerazione che apre la possibilità, per Israele, della valutazione di un attacco diretto alla Siria. Per i ribelli si tratterebbe del più inaspettato degli aiuti, ma anche del più controverso, a non tutte le correnti, spesso in contrasto tra di loro, che formano l'opposizione ad Assad, questo aiuto sarebbe gradito. Ma la misura porterebbe strategicamente Israele più vicino all'Iran, nel quadro di un possibile attacco preventivo ai centri di produzione dell'atomica. Si tratterebbe anche si una situazione nella quale gli USA, non potrebbero esimersi dall'intervento, magari insieme a partner europei, coperto da evidenti ragioni umanitarie. Questo scenario amplia così le possibilità di un conflitto in medio oriente, dietro cui le ragioni fondamentali sono costituite dall'irresponsabilità della politica estera iraniana, reale minaccia alla pace nella regione.

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