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venerdì 8 giugno 2012

UE: i propositi di unità politica non bastano se non sono sostenuti da azioni forti

Dopo avere chiesto espressamente un maggiore sforzo di tutti i paesi europei per raggiungere l'unità politica dell'Europa, la cancelliera Merkel ha indicato una via alternativa per raggiugere questo scopo: l'Europa a due velocità. Appare quanto meno singolare come possa concretizzarsi una unione effettiva ed efficace tra un gruppo di paesi regolato in una maniera con un altro gruppo regolato in maniera differente. Sostanzialmente la tesi della Merkel è che già ora vi siano forme di integrazione diverse, da una parte la zona Euro e dall'altra nazioni come il Regno Unito e la Danimarca, che pur essendo nella UE, non aderiscono alla moneta unica. E' fin troppo facile obiettare che è già molto difficile definire integrazione quella di Londra e Copenaghen con il resto dell'Europa, si tratta di una integrazione poco più che nominale, una forma di adesione nettamente euro scettica tesa più che altro a prendere i vantaggi e le opportunità offerte dall'Unione Europea, senza che queste siano bilanciate da un impegno forte e convinto nelle istituzioni europee. La Gran Bretagna e la Danimarca non costituiscono un grande esempio di europeismo ed occorrerebbero politici coraggiosi che ammettessero il fatto senza mezze misure, con tutte le possibili conseguenze del caso, anche quelle più estreme, come l'espulsione dalla UE. Una delle cause della debolezza politica dell'Unione Europea è, infatti, la scarsa capacità di imporsi come istituzione centrale a livello politico, da cui discende anche la capacità coercitiva inesistente. Ciò è il frutto di avanzamenti troppo poco convinti del processo di integrazione europea, che non è stato capace di elaborare strategie di esclusione dei paesi troppo tiepidi; anzi è avvenuto il contrario: una corsa ad ammettere quasi tutti quelli che ne facevano richiesta, tranne la Turchia, senza la necessaria valutazione politica dei requisiti della reale convinzione sul tema centrale dell'unità politica. Si sono così disperse risorse economiche importanti a favore di stati che hanno acquisito diritti tali da intralciare il processo di unificazione, quello per il quale prima la Comunità Europea e poi l'Unione Europea sono state create. Questo tradimento degli elementi fondativi dell'istituzione sovranazionale è avvenuto soltanto per favorire la parte economica, la finanza, senza avere tenuto dell'adeguato conto, che ciò ostacolava invece il processo politico. Tale visione miope pare continuare ancora oggi, nel pieno di una crisi economica violenta. Se la Germania ha l'ambizione di essere il paese capofila della UE, deve esprimere politici di livello capaci di dichiarazioni forti perchè la sola forza economica non è sufficiente, sul lungo periodo, per imporre politiche di sacrificio agli altri paesi. L'atteggiamento della Merkel, in questo senso non pare adeguatamente convinto, quale apporto possono portare Londra, che fa della speculazione finanziaria esasperata e quindi dannosa per il resto dell'Europa la sua principale industria, e la scettica Copenaghen, ad una unità politica europea auspicata dalla stessa cancelliera della Germania? L'Europa ha bisogno di statisti che dicano senza mezzi termini chiaramente che a chi non vanno bene determinate regole debbano uscire dalla casa comune europea, senza timori di creare casi diplomatici o di perdere chi sa quale alleato già di per se poco affidabile. La UE deve ripartire da quei paesi pienamente convinti delle opportunità offerte da una unione politica transnazionale e sopratutto sovranazionale, che metta il continente in condizione di gareggiare e pesare sul piano dei rapporti internazionali alla pari di USA e Cina. Il timore è quindi che Angela Merkel o sia poco convinta di ciò che dice o sia prigioniera del timore elettorale circa la consultazione politica del prossimo anno. Ed è questo il vero problema europeo che ne limita gli orizzonti e quindi il raggio di azione: una visione a breve termine troppo spesso condizionata da fattori alla fine esterni al bene comune.

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