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martedì 31 luglio 2012

Il Venezuela entra nel Mercosur

L'ingresso del Venezuela nel Mercato comune del Sud America rappresenta una novità molto rilevante non solo dal punto di vista economico, ma sopratutto politico. L'attuale stato di salute dell'organizzazione latino americana, fondata per favorire il libero scambio e promuovere una politica tariffaria comune nei paesi aderenti, non sta attraversando un buon periodo a causa dei contrasti nati tra Argentina e Brasile, per le restrizioni protezionistiche inserite per salvaguardare il proprio mercato interno dalla presidente Kirchner, che danneggiano principalmente Brasilia. In effetti dalla sua fondazione, il Mercato comune del Sud America, avvenuta nel 1991, non ha compiuto sostanziali progressi, se non una timida apertura dei confini per le tariffe delle merci, ben lontano, quindi, dal principale scopo fondativo che era la creazione effettiva di un mercato comune tra i paesi aderenti. Una delle principali ragioni è stata individuata nella pesante differenza che contraddistingue la capacità produttiva dei paesi membri, fortemente squilibrata a favore del Brasile, capace di produrre il 77% del totale delle merci. Questa asimmetria ha favorito una cultura protezionistica delle nazioni aderenti, che non ha mai fatto decollare il progetto iniziale. Inoltre, la distanza politica tra i vari governi non ha mai permesso una comunione di intenti, anche solo di base, che potesse permettere all'organizzazione sovranazionale di spiccare il salto di qualità verso una unione più completa. L'arrivo del Venezuela guidato da Chavez, dovrebbe rappresentare una svolta, sopratutto politica per l'organizzazione, che probabilmente lavorerà per dare un maggior peso specifico nell'arena internazionale. Non è un mistero che proprio il Brasile, uno dei principali paesi emergenti, abbia più volte cercato di assumere una posizione più indipendente nel panorama internazionale, quasi di equidistanza dalle principali potenze USA e Cina. Pur avendo una capacità produttiva notevole e quindi una grande potenza economica, il Brasile non è mai riuscito a diventare il protagonista che intendeva essere, malgrado il brillante governo di Lula, capace di imprimere una svolta determinante al paese. Non appare quindi inverosimile che Dilma Rousseff, cerchi una via alternativa, che coinvolga e dia lustro all'Organizzazione che vuole rappresentare il Mercato comune del Sud America. Del resto accogliere il Venezuela, vuole dire sottoscrivere un programma già ampiamente delineato: Chavez ha espresso più volte la sua contrarietà alla politica statunitense ed è entrato in relazioni ufficiali con stati ritenuti molto pericolosi, come l'Iran. L'impressione è che, a rimorchio delle intenzioni brasiliane, un poco tutto il sud america, quindi anche la stessa Argentina, stia cercando una via autonoma, che permetta alla regione di assumere un ruolo indipendente e sopratutto sganciato dall'influenza di Washington. Ma questo significherà anche sapere limitare gli eccessi del presidente venezuelano, sempre a rischio di incidente diplomatico. La focalizzazione del punto di vista politico, rischia di sminuire quello economico, che, viceversa ha delle implicazioni altrettanto notevoli. Quello che si apre può essere un periodo di grande opportunità e sviluppo per tutta la regione, ricca di materie prime, ma povera ancora di conoscenza. Se però gli scopi del mercato comune dovessero affermarsi, sotto la spinta delle necessità politiche, quello che potrebbe formarsi sarebbe un gigante economico in grado di combattere a qualunque livello contro qualunque avversario. E' finora troppo presto per prevedere quali potranno essere gli sviluppi per una organizzazione che finora è stata praticamente in sonno, ma se l'impulso dell'ingresso del nuovo membro dovesse riuscire a smuovere la situazione, l'ingresso di un nuovo soggetto, molto importante, sulla scena internazionale sarebbe praticamente certo. Sicuramente sia gli USA, che la Cina, ed anche la UE, seguiranno attentamente gli sviluppi di una vicenda in grado di spostare gli equilibri attuali, sia economici che politici.

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