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martedì 10 luglio 2012

Obama punta ad una riforma delle tasse

La questione della tassazione è da sempre al centro dei programmi elettorali, a qualsiasi latitudine; ma è negli USA che è particolarmente sentita e fonte di pesanti scontri. Nella patria del liberismo è da sempre considerato autolesionistico parlare di incremento della tassazione, per questo la proposta di Obama, seppure nella sua semplicità, è destinata a fare da spartiacque alla propaganda elettorale per le presidenziali. In realtà la proposta di aumentare le tasse non è destinata all'universalità della popolazione americana, ma soltanto a chi supera la soglia di reddito dei 250.000 dollari. Pur non essendo una cifra da normalizzazione sovietica la proposta del presidente uscente ha già incontrato le resistenze dei repubblicani, che hanno la maggioranza al congresso. La ragione della volontà di ridurre la tassazione per quella che è definita la classe media americana, il serbatoio di voti maggiore, è la creazione di una maggiore disponibilità economica per un numero maggiore di persone, capace di fare da volano per una economia sempre in stato di difficoltà. Il contraltare a questa manovra è l'azzeramento dei benefici per i più ricchi, tramite la fine delle agevolazioni fiscali combinate con l'aumento delle aliquote, andando così ad applicare una sorta di redistribuzione, peraltro molto attenuata. L'obiezione repubblicana si basa sulla minore ricaduta degli investimenti da parte dei ceti più ricchi, posizione opinabile in quanto già ora l'apporto dei ceti abbienti alla ripresa non ha garantito la ripresa economica tanto decantata dalle teorie liberiste. Viceversa la possibilità di una maggiore spesa per un numero maggiore di persone potrebbe dare maggiori risultati in ottica di sviluppo. Il punto di partenza è la revisione di una legge del presidente Bush che prevedeva una serie di tagli fiscali per l'intera popolazione, Obama è sempre stato contrario all'applicazione universale della defiscalizzazione, ma l'avversa maggioranza al Congresso gli ha sempre impedito una revisione verso una maggiore equità del provvedimento. Ma questa legge deve affrontare la scadenza fissata entro la fine dell'anno, Obama è favorevole a mantenerla soltanto per i redditi sotto i 250.000 dollari, che tradotto in aliquote fiscali vuole dire tassazione al 30% per chi percepisce un reddito entro la soglia dei 250.000 dollari ed una aliquota che può variare dal 33% al 39% applicabile a scaglioni, per gli importi superiori. E' su questo tema che verteranno i sondaggi elettorali per capire chi sarà eletto presidente ed oltre gli steccati politici, quella lanciata da Obama è una provocazione alla politica fiscale statunitense che dagli anni ottanta, cioè dall'era Reagan, ha caratterizzato il sistema USA. Riuscire ad invertire questa tendenza potrebbe aprire una nuova via anche nel resto dell'occidente, restio a tassare i grandi patrimoni familiari a scapito dei redditi da lavoro, sempre più penalizzati dalla crisi. Sarebbe la conferma della statura da leader mondiale di Obama.

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