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lunedì 3 settembre 2012

Aspettando la convention democratica

Dopo la convention repubblicana tocca al partito detentore della carica di Presidente degli Stati Uniti riunirsi per lanciare la volata elettorale al loro candidato. Ma questa volta per il partito democratico il percorso non sarà agevole come quattro anni fa. Allora finiva il doppio mandato di Bush junior, che aveva suscitato diversi contrasti nel paese, sopratutto per l'applicazione della dottrina dell'esportazione della democrazia tramite le armi, che tanto aveva fatto discutere e tante vittime aveva mietuto tra i soldati americani. Inoltre una situazione economica poco favorevole favoriva lo sfidante del candidato repubblicano perchè prometteva un cambio di rotta, impossibile con una conferma di un uomo dello stesso partito di Bush. Quattro anni dopo Obama si ripresenta agli elettori con due milioni di posti di lavoro in meno, in assoluto è un pessimo risultato ma quale sarebbe stato lo stesso valore con un repubblicano al comando? Tuttavia questa ultima considerazione non basta a preservare Obama da una valutazione critica sui suoi risultati e, sopratutto, non gli permette di fare quelle promesse che poteva permettersi di fare, presentandosi come unanovità nel panorama politico americano. Quindi l'effetto sorpresa non rientra più nelle opzioni a sua disposizione. Il problema del lavoro è centrale ormai in tutto il mondo ed è sentito con particolare intensità nella terra delle opportunità. Insieme ai disoccupati vi è anche il problema dei sotto occupati, per lo più giovani, che, pur arrivando sul mercato dellavoro con titoli accademici, si devono accontentare di lavori part time ed al fuori dal loro ambito; se in Europa ormai vi è una abitudine che rasenta la rassegnazione a questo stato di cose, negli Stati Uniti questa situazione viene vissuta male, anche in relazione all'investimento non più produttivo per la spesa nell'educazione da parte delle famiglie, ciò mette in crisi il consueto modello di sviluppo americano basato sulle opportunità che il paese consentiva, a chi aveva le carte in regola, di salire l'ascensore sociale. Alla fine chi entra nella cabina elettorale valuta chi ha fatto bene per se e la propria famiglia, non tenendo conto dello stato generale di crisi della finanza e dell'economia o della difficoltà a governare per l'ostruzionismo di un parlamento di segno opposto. Su questo tema sono state mosse, talvolta giustamente, alcune critiche ad Obama per non avere messo troppo impegno per migliorare i suoi rapporti con i repubblicani, che hanno sovente provocato reazioni tali da sfiorare la paralisi istituzionale. E' certamente difficile in un sistema politico così polarizzato, dove l'uno ha una visione dell'altro praticamente manichea, cercare di collaborare fattivamente, anche in ragione di obiettivi spesso opposti da raggiungere. Ma l'atteggiamento di Obama è stato spesso troppo piccato e scostante, anche quando poteva sfruttare provvedimenti da lui emanati che sono stati, senza dubbio graditi dai repubblicani. Un esempio è il salvataggio di Wall Street, azione dovuta per preservare l'economia americana, ma risultata particolarmente odiosa alle ali estreme dei due partiti americani. La ribellione del movimento del Tea Party, contro i vertici del partito repubblicano, dovuta in parte anche a questo salvataggio, poteva essere sfruttata in maniera tale da consentire un dialogo maggiore su temi comuni, che poteva costituire una base di partenza per una maggiore collaborazione nelle sedi istituzionali, giustificandola con lo stato di emergenza economica del pianeta.
Tutte queste considerazioni portano ad un inevitabile cambio di strategia per cercare i voti degli americani: non più l'uomo nuovo che fonda la sua azione sul cambiamento, ma quello che tutela i più deboli: le donne, gli anziani, gli ispanici, i poveri, che, con una elezione di Romney, vedrebbero tagliate le loro opportunità di accedere alla sanità ed ai diritti più comuni. Ciò non rappresenta poco ma è anche il meno peggio. Obama è costretto dalla situazione americana, che per molti versi non è riuscito a migliorare non per sua responsabilità, a giocare una partita quasi in difesa, presentando i danni che una elezione di Romney può fare, anzichè optare per delle propopste che non può mantenere. In realtà ciò è tutt'altro che perdente e dimostra una certa onestà intellettuale del candidato democratico, ma, insieme, soffoca il sogno americano e quello in cui tanti, ingenuamente, fanno affidamento: proposte, anche non realizzabili, ma capaci di alimentarne lo spirito. E', alla fine, questo il vero nemico di Obama, più che Romney, che è un candidato mediocre e privo di spessore, il rimanere troppo sulla difensiva e non elaborare un progetto, come era stata la diffusione dell'assistenza sanitaria quattro anni fa, capace di catalizzare l'attenzione e l'entusiasmo dell'elettorato.


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