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giovedì 6 dicembre 2012

Gli interrogativi della situazione egiziana

Dietro il deteriorarsi della situazione egiziana si agitano spettri pericolosi. L'atteggiamento di Mursi, che non ha compreso le necessità globali del paese di dotarsi di forme democratiche più avanzate, restando fermo all'esclusiva situazione derivante dal voto, che ha regalato la maggioranza alla parte più confessionale e meno progressista della nazione, evidenzia in modo chiaro l'inadeguatezza della persona a ricoprire una carica così delicata. La netta divisione in cui è caduto il paese avrebbe dovuto imporre una maggiore cautela nell'uso di leggi speciali, che hanno richiamato i tempi di Mubarak. Se è, però, difficile credere ad una ingenuità non è difficile prefigurare un progetto portato avanti in maniera precipitosa. Le rassicurazioni di Mursi sia al paese, che alla comunità internazionale, di essere il rappresentante di un islam moderato, si sono rivelate false ed infondate, rendendo così illusoria la speranza di potere vedere una forma conciliante tra islam e democrazia, il requisito tanto atteso dall'occidente per potere instaurare un dialogo con i paesi a guida musulmana su di un piano nuovo. Resta il dubbio se Mursi, che all'inizio pareva effettivamente un moderato, sia stato travolto dalla crescente influenza dei salafiti e dei fratelli musulmani, che ambiscono a cancellare le opposizioni con l'instaurazione della sharia o ne sia stato complice fin dall'inizio. In ogni caso un paese fondamentale come l'Egitto, nel delicato scacchiere regionale, crea notevole apprensione in mano a forze che sfiorano l'estremismo islamico. In questa situazione la grave accusa proveniente dai Fratelli musulmani all'opposizione, che riguarderebbe un presunto coinvolgimento israeliano in un tentativo di rovesciare il presidente egiziano, non pare troppo peregrina: effettivamente Tel Aviv, ma non solo, avrebbe tutto l'interesse che a Il Cairo sedesse al potere un governo di orientamento laico, tuttavia l'accusa è tutta da dimostrare, anche se sia per Israele che per Washington, la piega che hanno preso gli eventi non può che essere vissuta con inquietudine per la stabilità regionale. Resta veramente difficoltoso prevedere il futuro del paese, dove, al momento, non si intravedono possibilità di dialogo, per una situazione di forte tensione sfociata in ripetuti scontri tra le opposte fazioni. Vi è però un attore che al momento è stato in disparte limitandosi al suo ruolo strettamente istituzionale: l'esercito. Le forze armate sono, infatti, la grande incognita della questione. Nonostante i cambi al vertice i sentimenti della maggior parte degli uomini in armi restano profondamente anti confessionali e non hanno gradito fin da subito l'ascesa al potere degli islamici. Per il momento hanno protetto Mursi schierando i carri armati davanti alla residenza del presidente, ma la sensazione è che l'apparato militare sia in attesa di una qualche possibilità per esercitare il ruolo di garanzia già ricoperto con il rovesciamento di Mubarak ed il conseguente vuoto di potere. Le forze armate sono l'unico attore sul palcoscenico in grado di rovesciare gli equilibri, hanno forti contatti con gli Stati Uniti e non gradiscono la svolta impressa al paese dai vincitori delle elezioni, se la situazione dovesse ulteriormente deteriorarsi, andando ad innescare un concreto pericolo per la stabilità dello stato, un loro intervento è tutt'altro che remoto. Non è un mistero che le forze laiche ed i copti preferirebbero una soluzione del genere alla promulgazione della costituzione voluta da Mursi, ma finchè la situazione non sarà maggiormente delineata, anche con un passo indietro del presidente, le forze armate staranno in attesa di ciò che segnalerà l'evoluzione della questione.

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