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venerdì 11 gennaio 2013

Il Giappone aumenta il suo budget militare

Nonostante un debito pubblico che sfiora la quota del 240% del PIL il Giappone del nuovo premier Shinzo Abe, interrompe il congelamento della spesa militare, praticamente fermo da un decennio, investendo circa 45.000 milioni di euro nel bilancio per la difesa. Del resto, nelle intenzioni e nei programmi del nuovo capo del governo di Tokyo vi è anche la revisione costituzionale della norma, in vigore dalla fine della seconda guerra mondiale, elaborata con chiari intenti pacifisti imposti dagli Stati Uniti, della trasformazione delle forze di autodifesa in esercito regolare. Il bilancio militare giapponese, pur con i vincoli imposti dalla norma che si vuole modificare, era già il sesto più grande del mondo. Quella che viene impressa dal neo premier, espressione della parte politicamente conservatrice del paese, è una svolta militarista in gran parte annunciata, che, però sta subendo una accelerata sostanziale, in parte dettata per mascherare le grandi difficoltà economiche di natura interna ed in parte per sostenere, con i fatti, la natura nazionalistica del programma di governo, minacciata dalla questione con la Cina per le isole contese nel Mare Cinese Orientale, per il timore dell'escalation nucleare nord coreana e per l'ulteriore contesa territoriale con la Corea del Sud, ancora una volta per un piccolo arcipelago. Il confronto con Pechino è quello che più assilla il governo giapponese, limitato finora a diatribe diplomatiche, che hanno assunto però toni molto intensi, entrambi gli stati hanno, infatti, ribadito la propria sovranità sulle isole Senkaku o Diaoyu. Dalla parte cinese, va detto, che vi è una situazione ed un atteggiamento speculare: a Pechino si è insediato un nuovo esecutivo, che ha individuato nel dominio marino una chiave economica per il suo sviluppo, sia dal punto di vista dell'individuazione e dello sfruttamento dei giacimenti di materie prime, che del controllo delle vie di comunicazione. Per sostenere tale priorità anche la Cina ha imperniato la sua strategia sullo sviluppo delle sue forze armate con un consistente aumento del budget previsto, sopratutto per la marina militare. Questa linea non è sfuggita al Giappone che ha previsto l'ammodernamento del suo arsenale missilistico, degli aerei da combattimento e degli elicotteri da pattugliamento, tutti armamenti volti a contrastare dall'aria lo strapotere che la cina intende mettere in campo. Quella che si prepara è una guerra dei nervi, un equilibrio instabile dietro cui stanno due governi che non pare vogliano impostare le loro relazioni sulla pura dialettica, ma su di un dialogo imperniato sulle rispettive minacce. Per ora la diatriba è vissuta di scaramucce più che altro spettacolari, atti dimostrativi tesi a provocazioni, spesso fine a se stesse, ma l'ultima incursione di navi cinesi nelle acque delle isole contese ha innalzato una pressione già alta dietro le scrivanie dei rispettivi governi. La convocazione dell'ambasciatore cinese a Tokyo segna un nuovo gradino dello sviluppo di una questione dove i due esecutivi non pare vogliano cedere per non intaccare il loro prestigio interno.

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