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martedì 29 gennaio 2013

Il problema dell'indipendenza dei Tuareg come mezzo per eliminare il terrorismo islamico dal nord del Mali

L'evoluzione della situazione del nord del Mali potrebbe aprire le porte a nuovi scenari. Dopo circa un anno dalla ribellione dei Tuareg, a causa di una situazione ormai lunga di ingiustizie e per la rivendicazione di un proprio stato autonomo, la rivolta separatista si è trasformata in caso internazionale per l'intervento militare francese contro gli estremisti islamici, che nel frattempo si sono inseriti nella dissoluzione dello stato del Mali. La condizione iniziale che ha favorito la ribellione del popolo degli uomini blu è stata la fine del regime di Gheddafi, che ha liberato l'accesso agli arsenali libici e, nel contempo, ha causato la fuga dei miliziani fedeli al regime verso i territori desertici, ma non presidiati dello stato maliano. Questo aspetto ha, però, favorito l'inserimento nella questione dei gruppi Jihadisti, che, ha causa della forza insufficiente dei tuareg per sostenere la propria battaglia, hanno rappresentato per gli insorti un alleato naturale. Si è passati così da uno stato di anarchia ad uno dove l'imposizione più stretta della legge coranica, la sharia, ha preso il sopravvento, grazie all'emarginazione dei tuareg, in ragione della maggior forza militare degli estremisti islamici. La condizione del popolo del nord del Mali è subito peggiorata, perchè sottoposta ad atrocità ed abusi per mezzo di amputazioni, fustigazioni ed esecuzioni pubbliche, comminate spesso per reati di poca entità o addirittura inesistenti. In realtà lo stato di terrore imposto alla popolazione civile è servito per coprire le attività illecite dei fondamentalisti, che controllano il traffico dei migranti, il mercato delle armi e le vie della droga; ultimamente il business dei rapimenti di occidentali è quello che si è rivelato tra i più redditizi. Soltanto per questi motivi un intervento internazionale era auspicabile, la responsabilità delle nazioni più evolute non poteva permettere lo stato di pesante costrizione a cui la pacifica popolazione del Mali settentrionale era costretta. Tuttavia insieme alle ragioni umanitarie occorreva impedire la formazione di una entità autonoma, dotata di un proprio territorio, dove potesse svilupparsi una gigantesca base per il terrorismo islamico, per di più quasi sulle coste meridionali del Mediterraneo. L'azione francese ha supplito all'assenza del resto del mondo, nonostante esistesse un impegno preso da una risoluzione del Consiglio di sicurezza che approvava un intervento armato, senza, però, fissare una tempistica certa. L'avanzata dei ribelli verso il sud del paese ha così accelerato i tempi e la manovra di Parigi, che, senza essere sostenuta, in un isolamento colpevole, ha permesso al governo legittimo del Mali di riconquistare praticamente l'integrità della sua sovranità. Ma l'estrema povertà del Mali non consente al suo governo un dominio continuato sui suoi territori, la forte instabilità del paese, senza aiuti esterni, che in questa fase devono essere essenzialmente di tipo militare, potrebbe dare luogo ad una varietà molteplice di scenari, da cui la stessa capitale, Bamako, non è immune, per il forte disagio sociale e la violenza latente presente nella città. Quello che è in pericolo non è solamente l'integrità del paese ma le conseguenze, anche sui paesi vicini, di un possibile allargamento dell'influenza dell'estremismo islamico. Del resto la creazione di una vasta area dove estendere il proprio potere è uno degli obiettivi dichiarati di Ansar al-Din, il Movimento per l'unità e la Jihad in Africa occidentale (MUJAO) e Al Qaeda nel Maghreb Islamico (AQIM). Questi tre gruppi radicali, che mantengono forti legami tra loro, mirano a creare uno stato islamico governato dalla sharia ed ambiscono ad espandersi fino alla Nigeria, dove grazie agli atti dei radicali islamici compiuti contro i cattolici, possono trovare una accoglienza favorevole da gran parte della popolazione. Una possibilità per evitare il contagio dell'estremismo, potrebbe essere quella di eliminare la questione dei tuareg, che rimane irrisolta e pronta sempre a prendere ogni possibilità per raggiungere l'indipendenza, come i fatti recenti hanno dimostrato. Ma il problema non è di facile soluzione perchè i territori rivendicati dagl i uomini blu comprendono aree presenti, oltre che nel Mali, anche in Algeria, Libia, Niger e Burkina Faso. Il Movimento Nazionale per la Liberazione del Azawad (MNLA), il gruppo separatista che rappresenta le istanze dei tuareg, chiede la formazione di uno stato indipendente, per evitare la continuazione dell'emarginazione subita da anni da governi centralisti che non hanno mai compreso la vita nomade di questa popolazione. Peraltro si tratta di aree più o meno desertiche dove la maggiore ricchezza sono le vie commerciali che attraversano il deserto del Sahara. I tuareg non sono degli estremisti religiosi ed un loro stato non dovrebbe subire le influenze dell'islamismo radicale, inoltre potrebbero presidiare il territorio contro l'espansione di movimenti terroristici, anche grazie a forme di cooperazione con i paesi occidentali. Per il momento però questa soluzione appare remota, proprio per la compromissione delle tribù nomadi con i radicali islamici, anche se dovuta più che altro a ragioni funzionali e di opportunità. Ma il trattamento riservato al Movimento Nazionale per la Liberazione del Azawad, anche a causa di divisioni interne, dagli islamisti, che lo hanno praticamente espulso dalla loro zona di influenza, potrebbe costituire un mezzo attraverso il quale guadagnarsi la loro fiducia, certo dopo, avere concesso almeno qualche forma di autonomia. Pur non essendosi pronunciato ancora ufficilamente sull'intervento francese il Movimento Nazionale per la Liberazione del Azawad ha già denunciato, attraverso il suo rappresentante in Europa, i comportamenti repressivi degli islamisti, lanciando un chiaro segnale di avversione. che l'occidente dovrebbe sfruttare nella maniera più completa.

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