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giovedì 17 gennaio 2013

La vicenda del Mali esempio di debolezza della UE

Quello che sta accadendo nel Mali rischia di avere implicazioni maggiori in Europa, all'interno dell'Unione Europea, piuttosto che in Africa, sebbene il conflitto armato sia in corso proprio nel continente nero. La decisione francese di intervenire è stata obbligata essenzialmente da due fattori uno recente, l'aggravamento della crisi locale, che ha portato al rischio concreto di una diffusione a macchia d'olio del terrorismo islamico, l'altro più antico, dovuto alla negligenza dei governi francesi precedenti a quello attuale nella politica verso le ex colonie. Tuttavia esistono anche due difetti di fondo che rischiano di mettere in luce tutta la debolezza politica dell'intervento: la mancanza di una spinta sufficiente al progetto di difesa comune, già evidenziata con Sarkozy che lasciò il comando integrato della NATO senza un progetto alternativo e la decisione, per certi versi precipitosa, di entrare in un conflitto annunciato, che lasciava ampi margini di tempo per la preparazione sopratutto politica, senza concordare una preventiva coalizione che sostenesse a tutti gli effetti l'operazione. In Francia, il dibattito interno si sta indirizzando ancora una volta contro la Germania, accusata di essere contraria al progetto di difesa comune e quindi contro l'unione politica, contrariamente a quanto annunciato più volte dalla Merkel. In effetti, dichiarazioni a parte, al paese tedesco sembra interessare più la parte economica dell'unione europea, ma tale atteggiamento può porre la Germania sotto una luce differente riguardo al processo dell'unificazione dell'Europa. Berlino, fintanto che si è trattato di assumere un atteggiamento dirigista nei confronti del fornire l'indirizzo alla politica economica ha sempre fatto la voce grossa, quella del socio di maggioranza: ne è scaturita una risposta alla crisi finanziaria improntata la rigore più rigido, che ha compresso le economie degli altri paesi, tranne appunto quello tedesco. A posteriori è più facile individuare, invece, una politica economica ad uso e consumo dell'industria tedesca, facilitata nella concorrenza continentale. L'autoisolamento della Gran Bretagna, la sconfitta di Sarkozy e la fine praticamente naturale della legislazione di Monti in Italia avevano già messo in crisi la leadership tedesca sottoposta a critiche fino ad ora provenienti soltanto dalla periferia, ma la vicenda del Mali ha fatto deflagrare il problema della mancanza di condotta univoca e sovranazionale dell'Unione Europea. E' evidente adesso che la Germania è un gigante economico ma si sta rivelando un nano politico, non essendo stata capace di assumere la leadership in un caso di emergenza come quello che sta combattendo la Francia. E' altrettanto vero che molti paesi alleati naturali di Parigi sono alle prese con una crisi economica stringente, che non permette la possibilità di un aiuto concreto, tuttavia si stanno già intravvedendo delle possibilità che possano aiutare la Francia in maniera più concreta del semplice supporto logistico. E' il caso dell'Italia, che dovrebbe offrire le proprie basi ed anche aerei militari e della Spagna, minacciata da vicino dalla possibile escalation del radicalismo islamico. Ma si potrà trattare pur sempre di aiuti limitati, che scateneranno l'euroscetticismo sempre più strisciante all'interno della società francese. Va detto che anche la NATO per il momento è rimasta fredda nei confronti dell'operazione nel Mali, pur essendo direttamente interessata a stroncare l'avanzata dei radicali islamici, su questo fronte probabilmente Parigi potrebbe ottenere maggiori aiuti di tipo militare, ma attualmente il problema pare più diplomatico, Bruxelles, intesa come sede dell'Alleanza Atlantica, ha vissuto con irritazione il precoce ritiro delle truppe francesi dall'Afghanistan e sembra intenzionata a fare pagare lo sgarbo ai francesi. Hollande si trova così imbarcato in una guerra che difficilmente potrà vincere soltanto con l'arma aereonautica, l'impegno sul terreno è qualcosa di più che la peggiore eventualità, ma rappresenta l'unica concreta possibilità di vittoria. Per un governo appena eletto, che metteva al centro del suo programma la ripresa economica, una guerra, che si annuncia lunga e senza il supporto degli alleati, costituisce un enorme problema, sia di consenso che di reperimento delle risorse necessarie. Anche la soluzione di accelerare ciò che era stato previsto dalla risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU, appare ormai un ripiego con poche possibilità di riuscita. La perdita di tempo del mondo occidentale di fronte al problema del Shael, la cronica incapacità di coordinamento dell'Unione Europea e le beghe con la NATO, non possono giustificare l'isolamento francese: a prescindere dal risultato del combattimento la perdita di credibilità della UE rappresenta un danno ben più grave, sia per la lotta al terrorismo, che per le speranze di un avanzamento del processo di unificazione.

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