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mercoledì 23 gennaio 2013

L'Egitto non approva l'intervento nel Mali

Nel Mali vanno avanti le operazioni militari, con l'avanzata congiunta delle forze governative e di quelle francesi, che hanno registrato la ripresa del controllo delle città di Diabalay e Douentza. Il prossimo obiettivo è quello di riguadagnare la sovranità su Timbuctu, sulla cui area sono iniziati i raid aerei, propedeutici all'avanzata di terra. Il principale effetto delle azioni dal cielo è stato il ripiegamento dei miliziani fondamentalisti islamici, che stanno arretrando le proprie posizioni nella parte più settentrionale del Mali, praticamente molto vicino al confine con l'Algeria. Se, da un lato questo fatto è il segnale dell'inizio della probabile sconfitta dei Jihadisti nel territorio maliano, la nuova situazione potrebbe aprire un nuovo scenario di guerra capace di coinvolgere ancor più direttamente l'Algeria, dopo il sanguinoso episodio dell'attacco al sito per l'estrazione di gas di In Amenas. All'interno dell'opinione pubblica algerina è in corso un dibattito, molto sentito, sui metodi e sulla gestione da parte del governo di Algeri della vicenda, sopratutto in relazione alla concessione, per la prima volta nella storia del paese, dello spazio aereo per l'operazione militare in Mali da parte delle forze armate francesi; si comprende molto bene che l'argomento sia delicato per il significato intrinseco dell'avallo all'intervento di Algeri e per la natura della Francia, quale ex paese coloniale proprio dell'Algeria. Uno dei sentimenti dominanti è il timore di essere coinvolti in una guerra capace di riaprire vecchie ferite nel rapporto con i gruppi oltranzisti islamici, che potrebbero ripetere, sotto forma di attentati, l'attacco terroristico dei giorni scorsi, facendo entrare il paese in una spirale di violenza e di tensione. Questi dubbi, però non riguardano solo l'opinione pubblica algerina, dubbi che, per ora, non riguardano il governo di Algeri, ben conscio che una possibile espansione del fenomeno terroristico rappresenta un pericolo da evitare, ma che sono stati espressi in forma ufficiale dallo stato egiziano. Il Presidente Mohammed Mursi ha espresso la sua contrarietà all'intervento militare, che potrebbe destabilizzare la regione grazie all'aumento della conflittualità e della possibilità della divisione dell'Africa settentrionale da quella centrale, isolate reciprocamente dal conflitto. Nella visione presentata da Mursi, manca, però, un disegno alternativo per dirimere la situazione e ciò rende le dichiarazioni del Presidente egiziano alquanto sospettose. Il legame sempre più stretto della massima carica de Il Cairo con i salafiti induce a pensare che la sua posizione, in relazione alle vicende del Mali, sia funzionale al tentativo di guadagnare influenza nel campo dell'islamismo fondamentalista internazionale adiacente all'estremismo islamico, dopo che le vicende interne del paese delle piramidi hanno dimostrato come si sia sviluppata una tendenza della parte al governo, sempre più affine a movimenti caratterizzati da ideologie teocratiche molto radicali. Un'altra possibilità è che le dichiarazioni di Mursi siano eterodirette dai gruppi che lo sostengono al potere, in ogni caso, una ipotesi non esclude l'altra. Quello che interessa rilevare è la sempre maggiore distanza dall'occidente di quello che è ritenuto il paese arabo più influente nella politica internazionale, anche l'Egitto dovrebbe essere preoccupato di una crescita dei gruppi terroristici operanti, alla fine, a poca distanza dai suoi confini. Ciò, però, non emerge dalla contrarietà dimostrata con le dichiarazioni di Mursi, che hanno riguardato l'operazione in se stessa e non , ad esempio, l'intervento di un paese occidentale che poteva richiamare gli spettri del colonialismo.

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