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martedì 8 gennaio 2013

Obama incontra Karzai

Nell'agenda di Obama l'Afghanistan torna da protagonista con la visita del premier Karzai, che si recherà a Washington il prossimo venerdì. I piani del ritiro delle truppe USA, previsto per la fine del 2014 non sono cambiati, ma alla luce della grande instabilità del paese occorre pianificare la gestione della transizione in ogni suo punto. In particolare le due delegazioni affronteranno il futuro di una collaborazione che sia sostenibile politicamente, ma sopratutto economicamente per gli USA e che possa garantire a Kabul il presidio di almeno gran parte del territorio. Oggettivamente, però, questa possibilità pare di difficile attuazione: già con la presenza dell'esercito NATO esistono numerose zone, specialmente le valli impervie al confine con il Pakistan, dove l'autorità del governo afghano non è affatto vigente. Il pericolo concreto per Kabul è che queste porzioni di territorio, senza il presidio dei militari americani, si estendano fino a mettere in concreto pericolo il governo afghano in carica. Insieme a questo rischio vi è la potenziale ripresa dell'estremismo islamico, con il suo contenuto di odio verso l'occidente. Quello che più spaventa Washington è la possibilità della creazione di nuove basi da cui fare ripartire l'azione terroristica. Attorno a queste visioni, reciproche e praticamente simmetriche, verteranno i colloqui per assicurare la sicurezza del passaggio di potere anche attraverso il rafforzamento delle forze armate dello stato afghano ed i negoziati con i talebani, mai decollati ma neppure conclusi definitivamente. Karzai ed il governo afghano si è più volte detto contrario al ritiro delle forze USA, ben conscio di un possibile deterioramento delle condizioni di sicurezza dello stato, ma Obama ha rivolto verso ancora più verso oriente il centro della sua azione militare; ciò ha decretato la necessità di uno spostamento di risorse, anche in ragione del continuo stallo nel paese afghano, dove la situazione è stata giudicata, sebbene sempre problematica, di difficile risoluzione definitiva. Tuttavia, proprio in ragione dei pericoli di una nuova offensiva dei talebani o di Al Qaeda, le due parti potrebbero concordare il numero dei soldati USA ancora presenti sul territorio afghano. Questo provvedimento potrebbe essere inquadrato, appunto, in una misura di sostegno dell'esercito afghano, giudicato ancora non del tutto adatto a presidiare il proprio territorio, ma occorre concordare tra i due stati in maniera esplicita e definita sia il ruolo che lo status giuridico di questi militari americani presenti sul suolo di Kabul. Verosimilmente il numero dei soldati americani potrà essere compreso dai 3.000 ai 9.000 uomini, tale entità, se paragonata agli effettivi attualmente presenti, circa 100.000, fornisce la misura di quello che potrà essere l'impegno statunitense: un compito di affiancamento ed istruzione, forse anche di presidio attraverso l'impiego di mezzi elettronici, ma certo non un impegno equivalente a quello attuale. Dopo il 2014 per l'Afghanistan si prospetta una situazione di minore sicurezza, soltanto in parte mitigata dai possibili sviluppi che le relazioni con gli USA riusciranno ad evolvere.

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