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venerdì 22 febbraio 2013

L'atomica della Corea del Nord potrebbe rappresentare un pericolo ancora maggiore

Dopo il test nucleare effettuato dalla Corea del Nord e provato dalla registrazione di una scossa di terremoto di magnitudo 5, avvenuta a 100 chilometri dal confine con la Cina, continuano le misurazioni di radioattività da parte di USA, Giappone e Corea del Sud. Il fatto che non siano stata ancora rilevate tracce di radioattività non esclude certamente che la prova sia avvenuta, come hanno verificato i sismografi, ma pone interrogativi circa il materiale utilizzato per la bomba, che possono determinare, di conseguenza, i progressi nella ricerca e nel grado di tecnologia raggiunto da Pyongyang. Intanto una ipotesi della mancata rilevazione di particelle radioattive nell'aria, è che l'esperimento sia avvenuto all'interno di una sede protetta da formazioni rocciose ed in profondità. L'ammissione della Corea del Nord di avere fatto esplodere un ordigno miniaturizzato, quindi più leggero, ma con magiore potenza esplosiva, senza danni ambientali, incrociata con i dati del terremoto registrato in corrispondenza dell'effettuazione del test, fornisce una indicazione di massima agli scienziati, che consente di ipotizzare una potenza raggiunta di almeno 5 kiloton, superiore ai test nordcoreani precedenti, ma ancora lontano dai 20 kiloton raggiunti dalla bomba sganciata su Hiroshima. Tuttavia il punto cruciale è stabilire quale materiale ha effettivamente usato Pyongyang. Nei test precedenti si è certi che è stato usato plutonio, ma dalle indicazioni delle misurazioni questa volta all'interno della bomba potrebbe esservi stato uranio arricchito. Se ciò corrisponde al vero la notizia è preoccupante per due ragioni fondamentali: la prima costituisce la prova di un avanzamento tecnologico notevole, con potenziali implicazioni dell'esportazione della tecnologia raggiunta verso paesi interessati a dotarsi di armamenti atomici, fattore in grado di portare ulteriore instabilità nel mondo. La seconda è di ordine più strettamente militare, ma non meno preoccupante. Un ordigno costituito da uranio arricchito è più facilmente oscurabile ai satelliti spia e, come è stato detto, necessita di dimensioni minori, il che favorisce in maniera nettamente più facile il montaggio su missili a lungo raggio. Pyongyang dispone, in teoria, di testate missilistiche in grado di coprire 10.000 chilometri, un raggio sufficiente per arrivare a colpire il territorio statunitense; in pratica i test di questi missili non hanno mai raggiunto tale distanza esplodendo prima in volo, dopo essere stati colpiti. Nonostante questi insuccessi però, lo scorso dicembre utilizzando un missile analogo la Corea del Nord è riuscita a mettere in orbita un satellite. Tutti questi fatti hanno determinato un aumento della preoccupazione di Washington, che risulta essere il primo nemico della lista elaborata da Kim Jong-un, sulla base delle sanzioni inflitte al suo paese, proprio per la questione della nuclearizzazione nordcoreana. Con un paese ridotto allo stremo l'unica politica che il governo di Pyongyang è capace di elaborare, per ottenere gli aiuti necessari a mandare avanti la propria pur ridotta economia, è quello di dispiegare un apparato militare verso cui le risorse destinate appaiono sbilanciate rispetto al budget complessivo dello stato, un apparato militare che probabilmente è il vero detentore del potere nel paese e ne è la causa delle pessime condizioni di vita. Praticamente abbandonata anche dalla Cina, che non gradisce tale concentrazione mediatica ai suoi confini, la Corea del Nord sembra incrementare la sua politica di minacce come estrema risorsa di convincimento nei confronti dei soggetti che hanno decretato le sanzioni. Questa situazione ne costituisce un attore molto pericoloso, instabile ed anche imprevedibile, che crea allarme in una zona che ha assunto una importanza nevralgica nel commercio mondiale. Resta difficile credere che Obama resti indifferente ad una minaccia che è anche relativamente vicina al territorio americano, oltre a gravare anche su Giappone e, naturalmente, Corea del Sud. Il dispiegamento navale e le recenti manovre militari congiunte, che hanno visto la partecipazione dei marines americani, attorno alla Corea del Nord, vanno, appunto, viste in quest'ottica, anche se, probabilmente, non saranno che un anticipo di operazioni ancora maggiori. Gli USA, intendono così rispondere alle provocazioni nordcoreane, con una miscela di minaccia militare e l'aggravamento sanzionatorio, la tattica ha un alleato importante in Pechino, che intende risolvere la questione al più presto. Il pericolo, però, di un colpo di testa del regime di Pyongyang, maturato in un contesto fortemente instabile, rimane. Per Washington, che comunque è in possesso di tutti i sistemi di neutralizzazione antimissile, ora la corsa è contro il tempo, in modo tale da acquisire le conoscenze sufficienti sul grado di sviluppo della tecnologia della Corea del Nord, per adottare le adeguate contromisure.

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