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lunedì 11 febbraio 2013

L'incertezza del conflitto siriano potrebbe obbligare Israele ad un attacco militare

La minaccia più immediata per Israele è il conflitto che sta provocando la dissoluzione della Siria. La grande eterogeneicità della composizione delle forze che stanno combattendo contro Assad, con visioni anche diametralmente opposte tra di loro e quindi potenzialmente avversarie, determina profonda incertezza al confine con il paese israeliano. Comunque, quale sia il destino di una guerra ancora tutto da decidere, per Tel Aviv non si profila una soluzione congeniale. Da una parte il regime di Damasco, profondamente legato ai nemici di Israele, Iran ed Hezbollah, con i quali è in debito per gli aiuti forniti, in caso di vittoria, potrebbe vedersi presentare un conto costituito da azioni contro il paese israeliano, dall'altra parte, nelle forze ribelli, stanno emergendo sempre più due matrici confessionali in concorrenza tra di loro, si tratta di gruppi di opposizione sunniti nemici dei salafiti al potere e gruppi jihadisti provenienti dall'Iraq, che si definiscono sciti e quindi, presumibilmente sostenuti da Teheran. Per entrambi, però, Israele resta un nemico da colpire. L'azione di questi gruppi ha come teatro le alture del Golan, territorio immediatamente confinante con Israele. Una delle ipotesi fatte dagli analisti è che colpire la nazione israeliana potrebbe fare accrescere il prestigio tra le varie fazioni che si oppongono ad Assad. Vi è poi la questione degli arsenali di armi chimiche, che preoccupano pesantemente Tel Aviv; nei giorni scorsi un attacco israeliano ha già colpito un convoglio di armi destinato ad Hezbollah, scatenando le minacciose reazioni di Siria ed Iran a cui non vi è stato, per ora, seguito. Le forze armate israeliane, del resto, sono da tempo impegnate in manovre militari per evitare attacchi a sorpresa provenienti dal territorio siriano. Nel frattempo la guerra civile in corso in Siria assume destini sempre più incerti: se fino a poco tempo fa la sorte di Assad pareva sicuramente segnata, gli ultimi sviluppi hanno indicato una situazione meno definita. Le diserzioni dall'esercito regolare, che avevano assunto una dimensione elevata, si sono arrestate e l'offensiva dei ribelli contro la roccaforte del regime, Damasco, hanno avuto risposte adeguate, rendendo, almeno per il momento, la capitale inespugnabile. Israele potrebbe così cercare, mediante un attacco armato in grande stile, di prevenire, una volta per tutte, un attacco di cui potrebbe essere vittima proveniente dalla Siria. In questo momento il nemico non è quindi l'esercito regolare. ma formazioni ribelli occupanti le zone a ridosso della zona di confine. L'eliminazione di questi gruppi consentirebbe a Tel Aviv di scongiurare il pericolo dei traffici di armi e, nello stesso tempo, di evitare di essere nel mirino di formazioni fondamentaliste. Inutile dire che ciò andrebbe a costituire un favore ad Assad, che potrebbe vedere arrivare un aiuto insperato. Tuttavia una mossa del genere da parte dello stato di Israele potrebbe aprire una vasta zona di instabilità compresa tra la riva del Mediterraneo fino all'Iraq, paese di provenienza di diversi combattenti. In una visione più ampia, quello che si teme è che dalla scintilla provocata da un intervento militare di Israele, si determini lo stravolgimento stesso di alcuni stati in preda a forti tensioni opposte, che si materializzano nell'eterno confronto tra sciti e sunniti. Quello che Tel Aviv non sfrutta è un dialogo con gli stati sunniti, che dovrebbe sfociare in una qualche forma di alleanza. Ma senza la definizione dello stato di Palestina questa strada è impraticabile e ad Israele non resta altra soluzione che la strada delle armi per difendersi dai suoi nemici. Al contrario con la risoluzione del problema della Palestina, con la creazione dello stato palestinese ed il reciproco riconoscimento, l'apertura della porta diplomatica presso i paesi sunniti sarebbe una realtà, che determinerebbe la fine dell'isolamento israeliano e la possibilità di intraprendere soluzioni alternative all'uso della forza.

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