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martedì 5 febbraio 2013

Nel Mali del nord è necessario sostituire l'economia criminale

Non rientra nelle intenzioni del governo del Mali trovare un accordo con i radicali islamici che hanno occupato il paese. La dichiarazione è ufficiale e proviene dal ministro degli esteri del paese africano, Coulibaly Hubert Tieman; la posizione del paese maliano è inconciliabile con coloro che hanno distrutto il processo democratico nella parte settentrionale del paese ed una pace con Al Qaeda nel Maghreb Islamico è quindi impossibile. Ma per evitare il ritorno dei jihadisti non può bastare solamente l'attuale fase militare, seppure vittoriosa, grazie all'appoggio determinante di Parigi. La gestione del periodo immediatamente successiva al conflitto è la più difficile perchè, oltre a mantenere il presidio del territorio, occorre analizzare e correggere le cause, che hanno portato alla sottrazione così veloce della sovranità nazionale. Se risulta essenziale un presidio armato sufficientemente attrezzato, formato, presumibilmente da una forza di caschi blu di origine africana, come auspicato dalla Francia, che impedisca nel breve periodo un ritorno immediato di Al Qaeda nel Maghreb Islamico, che avrebbe conseguenze terribili, sopratutto per la popolazione, la priorità nel lungo periodo è impiantare una economia che vada a sostituire l'insieme di traffici e contrabbando, che hanno permesso ai terroristi di conquistare la fiducia della popolazione, nelle prime fasi dell'invasione. La parte di territorio che era stata conquistata dai ribelli è contraddistinta da una povertà endemica all'interno di una conformazione geomorfologica che ha favorito un ampio sviluppo di un insieme di attività, che sono state definite come economia criminale. In effetti la ricchezza dei gruppi terroristici in questi pochi mesi di dominazione pare essere accresciuta in modo esponenziale, per avere assunto il controllo delle vie di passaggio, dove transitavano i migranti, la droga, il traffico di armi ed infine gli ostaggi occidentali, i cui riscatti pagati dagli stati di appartenenza consistevano in somme in euro a sei zero. Di tutti questi flussi di denaro per la popolazione locale restavano pochi spiccioli, che erano però somme molto alte se immesse in una economia di pura sussistenza. Il reclutamento nelle formazioni dei ribelli era pagato, infatti, dai 300 ai 600 euro al mese, stipendi quasi al pari dei precari occidentali, che permettevano un innalzamento immediato del tenore di vita. Si capisce allora come la penetrazione sociale, almeno iniziale, sia stata facilitata. L'instaurazione del regime del terrore dovuto alla applicazione integrale della sharia, avvenuto nella fase successiva ha raffreddato il rapporto della popolazione con Al Qaeda, tuttavia l'emergenza economica individuata dal governo del Mali resta una priorità da risolvere, per fare mancare a possibili ritorni dei radicali islamici, gli appigli con cui entrare in sintonia con il tessuto sociale. Non secondaria, poi, è anche la questione prettamente della sicurezza, del controllo territoriale e della lotta alla criminalità, che ha diverse ricadute anche sul piano internazionale. Sono, infatti, per primi ad essere interessati i paesi occidentali che si affacciano sul Mediterraneo affinchè sia stroncato il traffico di droga e di armi e la tratta degli esseri umani, che transitano nelle vie del deserto del Sahara, come altrettanto lo sono le organizzazioni internazionali ed umanitarie. Il Mali non possiede i mezzi per affrontare da solo tutte queste emergenze, che sono anche un investimento per l'occidente. La necessità di investimenti occidentali si scontra con lo stato di crisi delle economie più ricche, tuttavia se si vuole salvaguardare la sicurezza europea ed occidentale, occorre elaborare dei piani che assecondino la volontà del paese africano ad esercitare una sovranità completa sui territori del nord, che non deve essere soltanto militare ma sopratutto sociale.

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