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giovedì 28 marzo 2013

In Mali l'ONU effettua una operazione a metà

La volontà delle Nazioni Unite del mantenimento della pace nel Mali si scontra con le difficoltà burocratiche legate alla definizione dello scopo della forza da schierare sotto le insegne dell'ONU, che non possono derogare dalla pratiche della dottrina della pace. La situazione, ancora difficile, nel Mali non consente lo schieramento esclusivo di una forza che si limiti al solo monitoraggio della situazione, ma richiede quello che è stato definito come un potere parallelo, in grado di esercitare il ruolo di interposizione richiesto dalla situazione contingente. In base a queste considerazioni la forza di 11.200 uomini prevista, nono sarebbe sufficiente senza l'affiancamento di truppe capaci di operare, superando i limiti che gravano sui caschi blu. Il Segretario dell'ONU Ban Ki-Moon è conscio di questi limiti tecnici, che non consentono di affrontare i cosidetti attacchi asimmetrici, quelli dei terroristi e degli attentatori suicidi, contro i quali il dispiegamento dei caschi blu può fare davvero poco. L'esigenza di una forza dotata di sistemi di intelligence ed in grado di opporre una reazione rapida, è vista come essenziale per affiancare le truppe ONU nella protezione di se stesse e delle istituzioni del Mali. L'unico paese in grado di assicurare tali interventi è la Francia, mediante le sue forze di intervento rapido presenti in Mali e nel Niger, che conoscono già il terreno e gli avversari. Del resto i gruppi armati islamisti, pur avendo subito una sconfitta da Parigi, grazie alla conformazione del territorio subsahariano, rappresentano ancora una minaccia considerevole per l'equilibrio regionale e per le stesse truppe ONU, che paiono impreparate ad un compito di questa portata. Tuttavia questa ammissione pregiudica la reale utilità dei caschi blu che saranno impiegati, a questo punto, soltanto con compiti di sorveglianza e sopratutto di facciata, perchè l'ONU ha ritenuto schierare truppe sotto le sue insegne provenienti dal continente africano. Peraltro già nel passato l'ONU ha schierato le proprie truppe in zone pericolose senza l'ausilio di poteri paralleli. L'impressione è che il Palazzo di vetro abbia gestito la cosa non all'altezza della situazione, facendosi sorprendere dagli eventi, che pure erano stati ampiamente annunciati. Della situazione molto difficile che ha provocato l'intervento francese il Consiglio di sicurezza era a conoscenza, tanto da avere programmato da tempo l'intervento dei caschi blu, ma troppo dilazionato nel tempo. Dopo l'intervento francese le date delle elezioni presidenziali nel Mali, che dovranno sancire il passaggio di potere, erano ampiamente conosciute, eppure l'organizzazione di una forza affidabile non è stata costruita che a metà; il che ha determinato la richiesta di aiuto. Su queste basi è facile immaginare che le fragili istituzioni del Mali saranno sempre soggette ad un pericolo latente senza l'adeguata protezione francese. Senza un progetto militare organico che elimini definitivamente la zona dall'integralismo islamico, che non può essere lasciato come onere soltanto a Parigi, l'equilibrio della regione non potrà essere raggiunto. Ma soltanto l'ONU può assumersene la responsabilità ed il coordinamento, ma la domanda è: ne sarà capace?

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