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giovedì 28 marzo 2013

La crescente avversione alla Germania non è solo colpa di Berlino

Dietro alle soluzioni elaborate per il salvataggio dalle varie crisi, che hanno investito i paesi dell'europa meridionale, nell'area mediterranea, vi è la costante di condizioni durissime imposte dalla Germania, che non sono ricadute sui responsabili, siano essi soggetti singoli o enti, sia pubblici che privati, ma distribuite sulla collettività, andando ad esasperare situazioni già difficili ed aumentando le ingiuste diseguaglianze già presenti. Ciò ha creato un moto generalizzato di avversione contro il paese tedesco, che costituisce un pericolo per il processo di integrazione europea. In realtà questo effetto è già ben presente, la previsione di una Unione Europea a due velocità costituisce già abbondantemente, se non la fine, almeno una brusca interruzione del processo stesso. Tuttavia l'avversione crescente verso la Germania merita un'analisi approfondita, in relazione a quello che sta accadendo. Esiste alla base dell'atteggiamento tedesco una precisa strategia che mira ad avvantaggiarsi della crisi economica, nascondendosi dietro il rigore finanziario come paravento per favorire la produttività e la commercializzazione dei prodotti tedeschi a discapito di concorrenti diretti presenti sul territorio dell'Unione. Se da un lato si può comprendere l'esigenza di tenere fermo il fenomeno inflattivo e la mancanza di collaborazione per combattere i debiti sovrani degli altri stati, dall'altra parte è evidente che l'eccessiva rigidità è funzionale ad esigenze interne del tessuto produttivo del paese. Questa analisi può però soltanto in parte spiegare la crescente contrarietà verso la Germania, che merita soltanto una parte di questa avversione. Infatti, Berlino, pur essendo il socio forte della UE, si limita a mettere dei paletti all'interno dei quali viene espletata l'azione del governo del singolo stato. Purtroppo, ed è un dato comune, praticamente tutti gli esecutivi coinvolti nelle crisi hanno scelto di riversare il costo totale sulla totalità della cittadinanza, colpendo all'interno di questa, in misura maggiore, quello che era definito il ceto medio, soltanto perchè numericamente maggioritario nel totale. L'impoverimento della parte più consistente della popolazione ha creato un blocco dei servizi e dei consumi che hanno depresso la crescita, creando un avvitamento del sistema economico su se stesso. Questo è accaduto in Spagna, In Italia, in Portogallo, in Grecia ed ora anche a Cipro. La sequenza dei fatti che parte dalla dichiarazione di crisi, all'applicazione dei provvedimenti e si conclude con l'impoverimento generale è la stessa in tutti i paesi. Non sembra colpa della Germania se non vengono colpite le banche, spesso all'origine delle crisi finanziarie o se i politici non vengono perseguiti, anche penalmente per il malgoverno. Resta però la necessità di allentare la stretta che la Germania impone, se nessun governo ha proceduto in modo differente, il membro più importante dell'Unione deve farsi carico di condizionare l'azione esecutiva dei singoli stati attraverso accordi che allentino la stretta fiscale in favore della ripartenza economica. Berlino sarà comunque obbligato a fare questa scelta quando il suo mercato di riferimento, l'area euro, non potrà più assorbire la sua produzione; meglio anticipare quel momento e ridurre così l'ostilità nei suoi confronti. Va detto, però, che all'interno del paese tedesco si sta verificando una situazione in qualche modo inedita da qualche tempo a questa parte nei paesi europei, dove il premier ha maggiori consensi sul piano interno anzichè internazionale. La Merkel, infatti, alla vigilia delle elezioni gode di indici di gradimento elevati, che ne fanno la favorita per la rielezione, proprio per l'atteggiamento tenuto ostinatamente in Europa. Questo aspetto ha spinto alcuni analisti ed osservatori tedeschi ad arrivare ad auspicare una uscita della Germania dall'euro; in realtà ciò non converrebbe proprio ai tedeschi che si troverebbero con una moneta super valutata, con la conseguenza del crollo delle esportazioni ed il blocco della crescita. Resta questo l'unico aspetto che può fare sperare in un ammorbidimento delle posizioni in favore del rigore, anche se ciò non potrà essere possibile che dopo le elezioni: fino ad allora la Cancelliera continuerà sulla strada che gli ha fatto guadagnare tanti consensi nel suo paese.

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