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giovedì 30 maggio 2013

La Siria riceve i missili russi e contesta i finanziamenti esteri ai ribelli

La conferma, proveniente da Assad, della consegna di un primo lotto di missili russi al regime siriano, alza la tensione nella regione mediorientale. Israele nei giorni scorsi aveva esplicitamente affermato che non avrebbe tollerato la presenza di questi dispositivi anti aerei sul suolo siriano e quindi la risposta di Tel Aviv non dovrebbe farsi attendere, anche perchè il presidente siriano ha confermato pubblicamente l'alleanza tra il suo paese e la milizia islamica Hezbollah, accentuando la distanza dal paese israeliano. Fino ad ora Tel Aviv, sebbene avesse condotto le proprie operazioni militari sul territorio siriano, non si era mai pronunciata contro Damasco ma soltanto contro la formazione fondamentalista che dal Libano meridionale minaccia lo stato ebraico. L'alleanza tra Hezbollah e Siria era un dato di fatto, ma non era mai stata ammessa in maniera così chiara dal leader siriano, ora la situazione cambia ed Israele, per proteggersi dalla degenerazione del conflitto in atto, potrà giustificare le sue azioni eventuali anche contro Damasco in qualità di alleato di Hezbollah. La dichiarazione di Assad, che avviene al momento della consegna dei missili russi, conferma la veridicità della disponibilità dei nuovi armamenti anche in ottica anti israeliana: da questo momento i cieli siriani saranno protetti dalle incursioni degli aerei militari di Tel Aviv dai sofisticati sistemi inviati da Mosca. La sincronia tra ricevimento della spedizione dei missili e l'ammissione pubblica dell'alleanza con Hezbollah può significare che il regime di Assad è pronto ad intraprendere un conflitto con Israele ed al tempo stesso facilitare il trasferimento di armamenti verso il Libano meridionale. Questa evoluzione, dietro la quale è difficile non vedere la benedizione di Teheran, rischia il verificarsi della tanto temuta ipotesi dell'allargamento della guerra siriana in tutta la delicata regione del medioriente. Questi sono gli effetti militari a cui si è alla vigilia, ma Assad cerca di coinvolgere nella bagarre, anche solo a livello politico anche altri soggetti stranieri, rappresentati dai paesi della Turchia, Arabia Saudita e Qatar; in particolare i due paesi del Golfo Persico sono ritenuti responsabili di avere immesso sul terreno siriano più di centomila combattenti stranieri schierati al fianco dei ribelli. Tra gli obiettivi di Assad vi sono anche i finanziamenti, ritenuti cospicui, provenienti proprio da Riyadh e Doha in favore delle forze contrarie al regime. Secondo gli analisti l'entità di questi finanziamenti sarebbe però difficile da quantificare, anche se si parla di tre miliardi di dollari dal Qatar e circa il doppio dall'Arabia Saudita, sul campo non si sono visti armamenti all'avanguardia, ma, piuttosto armi tradizionali ed anche risalenti agli anni settanta ed ottanta del secolo scorso. Probabilmente la destinazione maggiore di questo denaro è stata quella di stipendiare i combattenti che affiancano i ribelli. Se questa ipotesi fosse veritiera, come pare dall'andamento del conflitto, farebbe emergere la volontà dei paesi sauditi di non forzare troppo l'esito finale in attesa di un qualche evento decisivo. Non sono infatti le disponibilità di liquidità a mancare alle monarchie del Golfo, quindi l'aiuto concesso fino ad ora ha il significato di presenza nell'ottica del conflitto all'interno dell'islam tra sciti e sunniti. Un'altro fattore che potrebbe frenare l'azione di Arabia Saudita e Qatar potrebbe essere rappresentato dall'azione USA, che non gradirebbe che la Siria passasse da una dittatura ad uno stato confessionale, seppure alleato dei paesi del Golfo, sul modello di quanto successo alle forme di governo affermatesi dopo le primavere arabe. In realtà la Siria rappresenta uno scenario completamente differente da Tunisia, Libia ed Egitto, perchè è al centro di interessi geostrategici che riguardano i confini di Israele, l'alleanza con l'Iran e le stesse mire sunnite a rovesciare i gruppi sciti al potere. Si tratta, quindi, di un panorama più complesso e di difficile decifrazione, dove anche il ruolo russo, rappresenta una variabile da non trascurare.

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