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mercoledì 29 gennaio 2014

Putin accusa la UE di ingerenza in Ucraina

Il risultato più importante, che Bruxelles ha ottenuto, dall’incontro bilaterale tra UE e Russia è stato quello di prendere coscienza della necessità che gli accordi che l’Unione Europea vuole stipulare con i paesi dell’est non abbiano conseguenze negative per Mosca. Questo assunto assume una doppia valenza: quella di mantenere buone e stabili le relazioni con la Russia, anche in ottica di sviluppo di accordi commerciali e quella di non provocare ondate di violenza, come accaduto in Ucraina. Pur restando ferma la condanna alla violenza praticata dal governo di Kiev, nella repressione delle manifestazioni a favore nell’ingresso nella UE, Bruxelles ha sostanzialmente accettato le critiche di Putin, che ha parlato di interferenza nei paesi dell’ex Unione Sovietica. A titolo esemplificativo basta riportare il senso della dichiarazione del presidente russo, che ha parlato di come potrebbe reagire la UE, se la Russia cercasse di portare la Grecia, nella area del Cremlino. Questa obiezione sarebbe plausibile se esistesse una adesione convinta del paese ucraino all’influenza russa, mentre invece la nazione è spaccata; peraltro la UE non ha usato alcun mezzo coercitivo per cercare di fare entrare l’Ucraina in Europa. Le dichiarazioni di principio di Putin sono così apparse prive di significato, infatti pur dichiarando di rispettare la volontà sovrana dei paesi dell’area dell’ex URSS, il comportamento effettivo è stato di tutt’altro tenore. D’altra parte l’insistenza con la quale Putin parla di area dell’ex Unione Sovietica, presuppone un diritto di esercizio di influenza, che non è sancito in alcun accordo internazionale, se non in quelli sottoscritti per stato di necessità, che può essere economica (la più frequente) o di natura militare, intesa come protezione da parte dell’armata russa di stati che non possono definirsi propriamente democrazie. Nonostante queste premesse le dichiarazioni di Putin non sono state criticate abbastanza dai responsabili della UE, che le hanno tollerate in nome della convenienza economica. Tuttavia il non porsi in competizione aperta con Mosca ha le sue ragioni, che devono essere comprese. La necessità è quella di non fare percepire alla Russia, che gli accordi presi con i paesi dell’est non sono dannosi per Mosca, la questione è però di non facile attuazione, se non viene riconosciuta alla Russia una certa autorità, che il Cremlino teme essere lesa dai legami sempre più penetranti dell’Europa. Quella in atto è una sottile guerra diplomatica, che non si può combattere apertamente perché non bisogna, da una parte e dall’altra, compromettere troppo i rapporti, che sul piano economico, convengono ad entrambe le parti. Più che altro l’Europa dovrebbe pretendere maggiore rispetto istituzionale dal presidente della Russia, che ha usato e sta usando, sempre più frequentemente un linguaggio non troppo consono all’ambiente diplomatico perché troppo diretto e non giustificato dalle circostanze. Quello che appare è che la UE usi una cortesia alla quale non corrisponde una reciprocità da parte russa e che fa apparire l’atteggiamento di Bruxelles troppo subordinato a quello di Mosca.

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