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lunedì 24 marzo 2014

Il Fondo monetario internazionale è contro l'austerità

Il ripensamento del Fondo monetario internazionale, sulle bontà delle misure di austerità imposte anche ad alcuni paesi in grave difficoltà, come Grecia e Portogallo, ha il significato di un pentimento tardivo. L’eccessiva austerità provocata da questa linea economica, ha provocato il collasso della classe media, l’ulteriore impoverimento dei settori più poveri della società, colpiti in maniera troppo asimmetrica dal rigore finanziario. Anziché raccomandare tagli di spesa proporzionali alle varie classi di reddito, le politiche fiscali hanno colpito in modo indiscriminato, cercando di drenare reddito dalle masse sociali senza alcun distinguo. Il risultato è stato un incremento esponenziale della diseguaglianza, che ha messo in grave pericolosa coesione sociale e la stabilità stessa degli stati. Uno dei pensieri che ha guidato queste manovre è stato il solito errato calcolo liberista, che dice che favorendo i ricchi si muove il mercato partendo dai beni di lusso. Così no è stato, la saturazione di questo mercato non è stata compensata da quello a partire dalle classi medie a scendere, perché private delle capacità di spesa. Si è così creato un circolo negativo, che ha messo in crisi,prima il settore del commercio e poi quello della produzione. Neppure il tentativo di salvare le banche, questo riuscito grazie ai sacrifici imposti alle classi popolari, ha sortito, poi, gli effetti attesi, grazie ad una incapacità di fare rispettare l’immissione di liquidità nel sistema, capace di stimolare gli investimenti. Si è generata così una situazione particolarmente favorevole agli istituti bancari, nonostante fossero i principali indiziati di colpevolezza dello stato di crisi. Le banche, cioè, hanno sanato con tassi particolarmente favorevoli a loro vantaggio, concessi dagli istituti centrali, gli errori che in larga parte hanno generato la crisi. Con queste considerazioni il grido d’allarme che arriva dal Fondo monetario appare quanto meno, poco sincero. Tuttavia la necessità dell’aggiustamento dei metodi di formazione dei bilanci è cosa conclamata. Il campanello d’allarme è chiaro: le classi deboli non devono più essere colpite in maniera indiscriminata dalle manovre finanziarie. L’eccessivo rigore nuoce alla stessa economia, perché non gli permette un tasso di crescita adeguato; questa motivazione, anche aldilà delle considerazioni sociali, che hanno comunque un costo, dovrebbe bastare per interrompere una pratica sbagliata proprio perché anti economica. Si impone quindi un ripensamento generale da parte degli addetti ai lavori, che deve partire prima di tutto dalla politica, finalmente esercitata come bene comune. Se alcuni stati continuano ad essere sordi ed a volere restare sulla stessa via, è obbligatorio per gli altri trovare strumenti atti ad obbligarli a cambiare atteggiamento. Il caso europeo è sintomatico proprio di una gestione di questo tipo, dove la Germania esercita un potere esagerato rispetto al resto dell’Unione. Anche perché questo andamento favorisce l’insorgenza di gruppi populisti, che se andassero al potere potrebbero distruggere i sacrifici fin qui fatti. Occorre quindi trovare un terreno di intesa comune che possa fare recepire le istanze di tutti per fare ricrescere l’economia dal basso. Anche se l’appello del Fondo monetario suona leggermente ipocrita, resta comunque un appello autorevole, che i governanti dovranno tenere in considerazione nell’elaborazione delle prossime strategie economiche.

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