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mercoledì 30 marzo 2016

La conquista di Palmira permette ad Assad nuove strategie politiche a livello internazionale

La conquista di Palmira, oltre ad essere importante dal punto di vista militare, perchè permetterà all’esercito siriano di estendere la sua azione contro lo Stato  islamico verso la riconquista di Raqqa, rappresenta una tappa importante nella strategia di assad per rafforzare la propria immagine, anche agli occhi degli occidentali, come funzione di contenimento del califfato. L’esercito dello Stato islamico aveva conquistato la città di Palmira, famosa per i suoi resti archeologici, nello scorso anno, destando notevole clamore per il trattamento riservato alle vestigia romane, molte delle quali distrutte. Palmira era diventata il simbolo della cultura caduta nelle mani dei rozzi integralisti, rappresentando una sorta di metafora del destino che poteva toccare all’occidente.  La conquista della città di Palmira e del suo sito archeologico, uno dei più importanti del mondo, rappresentano un notevole mezzo a favore di Assad e dei suoi alleati russi, per accreditarsi come  profondamente impegnato nella lotta al terrorismo islamico. In prospettiva futura la conquista di Palmira rappresenta una sorta di assicurazione sul futuro di Assad, che ha ormai praticamente scongiurato ogni possibilità di uscire dalla scena politica dal futuro della Siria e, che anzi, dovrebbe vederlo come protagonista degli assetti futuri di Damasco. In effetti la sua avanzata militare accantona ogni possibilità di una transizione politica senza la sua presenza, come chiedeva l’opposizione al tavolo di Ginevra. Questo scenario rappresenta principalmente una sconfitta per quegli stati sunniti, come la Turchia e l’Arabia Saudita, che avevano operato per avere una piena influenza sul paese siriano, sopratutto in ottica anti Iran. Per gli Stati Uniti e l’Europa questo risultato, pur non essendo positivo, rappresenta, allo stato attuale delle cose, il male minore, sopratutto se si considera la priorità della lotta al califfato, da ottenere senza un impegno in prima persona sul terreno dei militari occidentali. Proprio in ragione di questa volontà Assad sta cercando di accreditarsi verso i paesi occidentali e gli stessi Stati Uniti, come una delle poche forze in grado di sconfiggere le armate dello Stato islamico. Certo senza l’impegno della Russia  il destino di Assad pareva segnato, ma probabilmente lo era anche quello della Siria, che poteva essere conquistata quasi nella sua totalità dalle truppe del califfato; invece il dittatore di Damasco dovrebbe rafforzare ancora ulteriormente la sua posizione grazie all’avanzata verso Raqqa per la riconquista della città, che attualmente è una roccaforte dello Stato islamico. Ma prima l’offensiva siriana mira a riconquistare i giacimenti petroliferi distanti appena 30 chilometri da Palmira, che rappresentano una fonte di guadagno considerevole per le casse del califfato. La presenza russa continua a costituire un fattore fondamentale per le vittorie di Assad, secondo alcuni analisti soltanto un terzo degli aerei militari russi è tornato in patria e l’azione dell’aviazione di Mosca, unita alle truppe di Assad sul terreno risulta l’accoppiata determinante per sconfiggere il califfato. Del resto si trattava dello stesso piano di Obama, che in Iraq sta funzionando per la presenza sul terreno delle truppe regolari irakene e dei curdi, ma in Siria non ha potuto avere lo stesso risultato per la scarsa preparazione militare delle formazioni formate dagli oppositori di Assad, per la verità spesso obiettivo contemporaneo, sia delle truppe del califfato , che di quelle di Damasco. Che il successo di Assad sia molto rilevante lo testimonia il numero dei caduti dello Stato islamico nella battaglia di Palmira, stimato in oltre 400 unità, che rappresenta la maggiore perdita per il califfato in un’unica battaglia. Se per ora i successi di Assad significano per gli occidentali la sconfitta dello Stato islamico, non si può non pensare a cosa potrà accadere in futuro, quando si dovrà  decidere sul futuro del paese siriano: non è azzardato pensare che Damasco vorrà fare valere i propri diritti, in questo sostenuto anche da Mosca e Teheran, che alla fine avranno avuto una parte decisiva nelle sorti del conflitto. Quello che si annuncia sarà un negoziato lungo e laborioso, che dovrà tenere conto anche delle esigenze dei curdi e del destino degli stessi oppositori di Assad, cui dovrà essere garantito, non solo l’assicurazione sulla propria incolumità, ma anche un ruolo politico al tavolo delle trattative. Sempre con la minaccia incombente dei delusi rappresentati dai turchi e dai sauditi ed in generale dai sunniti.

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