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mercoledì 15 febbraio 2017

Europa e Canada firmano l'accordo di libero scambio

L’accordo di libero scambio firmato tra Unione Europea e Canada, oltre i possibili benefici economici, acquisisce, in questa fase storica, un alto rilievo simbolico. Con il ritorno al protezionismo ed anche ad una maggiore rivendicazione della sovranità nazionale nei confronti delle organizzazioni sovranazionali, istanze  provenienti tanto sia da destra, quanto da sinistra, l’accordo tra Ottawa e Bruxelles assume una valenza, che sembra andare in controtendenza ai sentimenti antiglobalizzazione. La questione sembra essere sentita in uguale misura, seppure per ragioni differenti, da i due poli opposti della politica e minaccia di diventare un detonatore in grado di fare esplodere i fragili equilibri interni al vecchio continente, sopratutto in una fase pre elettorale. Vista da destra la firma del trattato di libero scambio appare come la negazione delle istanze maggiormente sentite da questa parte politica: la contrarietà all’uniformità imposta dalle leggi dell’Unione, la rinuncia ad ulteriori parti della sovranità nazionale ed una ancora più invasiva influenza di Bruxelles nei riguardi di usi e costumi locali. Per i partiti populisti e antieuropei si tratta, praticamente di una dichiarazione di guerra, che verrà usata come propaganda nelle prossime campagne elettorali di Olanda, Francia e Germania. Da questo punto di vista l’apposizione della firma in un momento così immediamente precedente le elezioni in alcuni dei più importanti stati europei, significa, senza dubbio, un azzardo: la strategia di Bruxelles sembra rappresentare la scelta di esasperare la questione, per porsi come simbolo alternativo a quello scelto dagli Stati Uniti d’America, con il nuovo presidente. Se la Casa Bianca ed il Regno Unito hanno scelto la chiusura verso il mondo, l’Europa, ed il Canada, vuole dimostrare con questo accordo la volontà di rompere la tendenza dominante rappresentata dall’isolazionismo, sia politico, che economico. Tuttavia, in ottica di volere contrastare gli argomenti delle destre, quelle che racchiudono i movimenti populisti ed antieuropei, la firma apposta in questo momento, sembra essere un puro rischio, giacché da qui alle tre imminenti elezioni, sarà impossibile, sempre che saranno effetivamente presenti, rilevare gli effetti pratici e positivi dell’accordo appena firmato. Sarà impossibile, cioè, quantificare i benefici e le ricadute economiche che l’accordo saprà produrre, sopratutto in termini di aumento del prodotto interno lordo e calo della disoccupazione. La firma sembra rappresentare, quindi, un rischio, non si sa quanto calcolato, contro le ragioni degli antieuropeisti. Ma il fronte degli oppositori non è solo a destra: anche nella sinistra ci sono voci considerevoli contro l’accordo firmato con il Canada. Le ragioni riguardano la crescente globalizzazione, con i suoi effetti deleteri sul mercato del lavoro, che vede sempre più compressi i diritti e le salvaguardie, conseguenze di una deregolamentazione sempre più sfrenata. Ma le riserve riguardano anche settori a cui la sinistra è molto sensibile, come la tutela della salute e dell’ambiente, in cui si potrebbe registrare la progressiva invasione del settore privato in ambiti, per l’Europa, tradizionalmente gestiti dagli apparati pubblici. Anche in questo caso esiste un rischio concreto di una crescita dei sentimenti contro l'Europa dalla parte sinistra dello schieramento politico, grazie al già consistente tessuto sociale contro la globalizzazione, intesa come mortificazione dei diritti del lavoro e della compressione dei salari. Le ragioni dei favorevoli all’accordo, che vanno oltre l’aspetto simbolico ed oltre anche le importanti aspettative circa i ritorni economici, riguardano la volontà di governare il fenomeno della globalizzazione e, se possibile, sfruttarlo. Si tratta di un proposito ragionevole, sempre che sia attuato in maniera da creare una redistribuzione della ricchezza eventualmente generata, senza aumentare i già consistenti squilibri sociali e le differenze di reddito, che sono aumentate proprio con l’avvento della globalizzazione. Questo sembra essere, infatti, il nodo cruciale da risolvere, anche dal punto di vista politico per ridare credito alle istituzioni europee, troppo poco presenti proprio sul lato del governo, in senso politico, della globalizzazione. Quello che si è verificati finora, infatti, è stato un predominio dell’economia, senza regolarizzazione, sulla politica, che ha assistito in modo passivo agli effetti della globalizzazione. Le grandi differenze che si sono venute a creare hanno creato squilibri notevoli e povertà, che ha generato profondo scontento, diretto proprio verso le istituzioni europee. L’occasione del trattato del libero scambio può rappresentare una svolta, ma anche un aggravamento della situazione, con esiti fortemente negativi sul prosieguo dell’esperienza europea.

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