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martedì 6 febbraio 2018

Germania: la grande coalizione apre alla fine dell'austerità anche in Europa

La Germania si avvia verso la grande coalizione, non senza diverse difficoltà, non solo nell’elettorato socialdemocratico , ma nell’elettorato complessivo. Infatti circa il 54% dei tedeschi sarebbe contro la soluzione di governo verso cui il paese è diretto e recenti sondaggi hanno previsto, che in caso di nuove elezioni, i due partiti maggiori non riuscirebbero a raggiungere la quota necessaria per governare. In questo quadro la necessaria ricerca degli equilibri tra i due partiti deve mirare alla siutazione interna di ciascuna compagine e quella più precaria risulta essere quella socialdemocratica. Non è un caso che Schultz sia, rispetto alla Merkel, il più attivo nella comunicazione dei risultati raggiunti: avere concordato con l’ex cancelliera la fine dell’austerità dovrebbe essere l’argomento per convincere quella parte del suo partito contraria alla grande coalizione. I giovani socialdemocratici restano i più avversi alla soluzione politica che si sta delineando, prima di tutto perchè non volevano lasciare il ruolo di principale partito di  opposizione alla destra estrema e poi perchè sono stati delusi dai risultati del precedente governo, la cui formazione è identica a quello che si sta costituendo. In effetti i socialdemocratici, nel passato esecutivo, hanno dovuto dare il benestare ad una politica economica di destra, contraria alla loro natura, che ha acuito le differenze sociali nel paese, praticando una politica imperniata sul contenimento dell’inflazione, che ha favorito i redditi più elevati e derivanti dal capitale e non dal lavoro; questa è la ragione principale della divisione all’interno della socialdemocrazia tedesca. Il fallimento del tentativo precedente, che doveva vedere un governo formato dai cristiano democratici con i verdi ed i liberali è fallito e ciò ha portato alla ripetizione della formazione dell’esecutivo precedente. La posizione di Schultz, uomo delle istituzioni, prima ancora che di partito, è stata subito difficile perchè obbligato ad una scelta responsabile verso il paese, ma che secondo alcuni andava a svantaggio del partito. Questa ultima ipotesi, però, potrebbe essere smentita da una politica economica in grado di favorire i ceti più svantaggiati e l’elettorato socialdemocratico in modo da invertire l’avversione della base del partito. Del resto la stessa Merkel pare essersi resa conto che è arrivato il momento di cambiare atteggiamento verso la politica di austerità, che deve essere attenuata per favorire aperture favorevoli ai ceti sociali che più hanno pagato il prezzo di queste politiche. Questa nuova politica dovrà concretizzarsi con un aumento di investimenti pubblici, un incremento dell’occupazione giovanile ed un maggiore investimento in ambito europeo per favorire il futuro tedesco all’interno di una Europa sempre più unita. Sulla questione europea pare esserci una identità di vedute tra Schultz e Merkel, che individuano in un progetto che abbia come finalità l’unione politica europea, un cambio di atteggiamento da parte di Berlino, che deve lasciare il ruolo di difensore della rigidità dei bilanci, per fornire anche una diversa percezione agli altri paesi europei.  In questo senso anche le relazioni sempre più strette prese dalla Merkel con il Presidente francese, per favorire una maggiore integrazione europea, per continuare devono essere supportate da iniziative concrete e non solo meramente programmatiche. L’aumento del lavoro, un maggiore potere d’acquisto, garanzie sempre maggiori sui diritti sociali e l’accesso a sistemi di welfare funzionanti, sono le condizioni da cui non si può prescindere per fornire una diversa percezione dell’istituzione europea, che deve passare anche per la ripresa dei mercati interni, troppo compressi da anni di austerità. Se la grande coalizione saprà rinnovarsi come ingegneria politica ed affermarsi in Germania, ciò potrà funzionare per aprire la via dello sviluppo di tutta quella parte di Europa che saprà ancora credere in se stessa e ritrovare quella centralità, anche politica che non è presente, ma sarebbe necessaria, nell’attuale scenario mondiale.

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