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martedì 13 marzo 2018

Trump sostituisce il Segretario di stato

Il presidente americano sostituisce il Segretario di stato, Tillerson, con il capo della CIA, Mike Pompeo. Si tratta di un avvicendamento che fornisce la misura del clima all’interno della Casa Bianca: Trump non gradisce personalità, che pur essendo all’interno della sua area politica, ritiene troppo indipendenti e legate con gli ambienti del potere statunitense, che poco sopportano il comportamento della prima carica monocratica degli USA. La tensione con il destituito Segretario di stato era, comunque, cosa nota: le ragioni di disaccordo erano costituite da un atteggiamento ritenuto troppo diplomatico e non in linea con il decisionismo e l’aggressività verbale  di Trump. Il presidente americano non ha mai riconosciuto la propria incompetenza in materia di politica estera ed, anzi, ha spesso fatto un punto di forza di questa inesperienza, arrivando più volte allo scontro con l’ambiente diplomatico. Tillerson, pur nel quadro di una presidenza anomala e quindi con tutti i limiti del caso, ha cercato di affrontare le tematiche internazionali con modalità tipiche della diplomazia e ciò non è stato gradito da Trump, incapace di comprendere i tempi ed i modi della diplomazia. La percezione è che il presidente statunitense abbia cercato una figura da inserire come Segretario di stato più simile e vicino ai suoi comportamenti, cioè dotato di una maggiore sintonia anche di atteggiamento da tenere nell’attività diplomatica. La coincidenza che questa sostituzione sia avvenuta alla vigilia del potenziale vertice con la Corea del Nord esprime in modo chiaro, che l’amministrazione americana vorrà caratterizzare l’incontro in maniera tutt’altro che conciliante. La nomina  di Mike Pompeo segnala che la diplomazia americana avrà un cambio nella gestione degli affari internazionali, più allineata ai desideri ed ai modi di Trump, che potranno avere risultati capaci di destabilizzare i rapporti già difficili non solo con gli stati considerati nemici degli USA, come l’Iran, ma anche con gli alleati, con i quali si registrano tensioni sempre più frequenti. I temi sul tavolo sono diversi dalla possibile revisione del trattato sul nucleare iraniano ai negoziati sul commercio mondiale, sopratutto dopo avere annunciato l’introduzione di dazi sulle esportazioni in territorio statunitense . Questa nomina non si può giudicare che con una giustificata apprensione perchè dimostra come Trump voglia smantellare il sistema burocratico americano, che fino ad ora è risultato l’unico contrappeso ad una politica troppo improvvisata e funzionale soltanto all’idea del presidente. D’altro canto il curriculum del nuovo Segretario di stato parla di un personaggio tutt’altro che incline alla diplomazia e troppo connotato politicamente per avere il giusto equilibrio nella gestione degli affari internazionali. A complemento di questa nomina, Trump ha nominato come direttrice della CIA, la vice di Pompeo, una figura compromessa con una attività di gestione di un centro in Thailandia dove veniva praticata la tortura, metodo caldeggiato dallo stesso presidente in carica. Se questa svolta, che si può definire interventista, da parte di Trump, rientra nella logica con la quale ha fino ad ora condotto la sua presidenza, non si può non registrare un salto di qualità nella volontà di volere diminuire l’opposizione interna rappresentata dalla burocrazia americana con una designazione in un ruolo di vertice di una personalità molto affine a quella del presidente. Le conseguenze non si annunciano certo positive: i rapporti con l’Europa non sono destinati a migliorare, così come è facilmente prevedibile un peggioramento della situazione palestinese, mentre l’incognita più inquietante resta il futuro del rapporto con l’Iran, che con  questa nomina, non potrà che subire una evoluzione negativa. Su Siria, Russia, Cina ed anche Corea del Nord le aspettative non consentono alcun ottimismo. 

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