mercoledì 17 dicembre 2025

Le variabili e le soluzioni per il rilancio europeo

 Quali scenari deve affrontare l’Unione Europea per mantenere il suo ruolo che dovrebbe ricoprire nel teatro internazionale? L’elezione di Trump, l’avanzata commerciale della Cina e la guerra in Ucraina, sui confini dell’Unione, ha accentuato quello che tutti sapevano: la progressiva diminuzione della propria grandezza economica, l’irrilevanza militare e la pochezza di una politica estera sempre troppo divisa. A questo si deve aggiungere la sottovalutazione della provenienza dei pericoli per l’Europa, che non hanno mai contemplato Washington come avversario politico, che punta alla dissoluzione dell’attuale assetto europeo. La mancanza di progressi nel rapporto con la Cina, l’immobilismo pratico nei confronti della Russia, con la vertenza sull’impiego delle riserve presenti in Europa della Banca russa ed infine una mancata risposta decisa a contrastare l’imposizione dei dazi americani, ha restituito una immagine di Bruxelles fortemente deteriorata. Non si tratta, però, di una situazione apparsa all’improvviso: la rendita di posizione garantita dai governi USA sulla difesa europea, con impegno diretto di investimenti e personale, non è stata fin qui superata, malgrado le avvisaglie già presenti fin dalle presidenze di Obama, che aveva spostato l’interesse estero americano dal vecchio continente al sud-est asiatico. Questa ragione è intimamente legata alla mancanza di una postura europea capace di rappresentare una reazione proattiva in grado di emanciparsi dall’alleato americano; da ciò deriva la necessità di una promozione di partenariati di protezione, che possa tradursi in scenari di prevenzione e deterrenza, dati anche da uno scambio più intenso di cooperazione internazionale, non solo tra soggetti statali o sovranazionali, ma anche tra soggetti privati, che ricoprono ruoli strategici in settori ben definiti. Devono essere pensate e create alleanze, sia economiche, che militari, con potenziali alleati quali Australia, Corea del Sud, Giappone e naturalmente Regno Unito. Il Canada merita un discorso a parte: grazie alla grande affinità politica e culturale, potrebbe essere protagonista di un maggiore coinvolgimento con l’Europa, fino a prevedere un ingresso di Ottawa come paese a tutti gli effetti dell’Unione Europea, con il fine di allargare la sfera di influenza d Bruxelles fino ai confini americani, proprio in ottica di contenimento degli USA, nel caso di altre presidenze con lo stile di questa ultima. In quest’ottica, con un G7, appiattito sull’unilateralismo della Casa Bianca, che ne ha fatto quasi un proprio strumento politico, trovare soluzioni alternative può rappresentare un interesse comune per tutti i paesi, che intendono combattere la sfida commerciale americana basata su dazi iniqui. La necessità di ridurre le dipendenze strategiche da beni e servizi si accoppia con la capacità di sapere attrarre investimenti tali da permettere alto sviluppo nei settori strategici attraverso la creazione e lo sviluppo di industrie locali di alto valore, come lo spazio, la difesa e l’industria medica, in grado di restituire adeguati ritorni finanziari agli investitori. Il primo passo è migliorar le procedure di governo, abbandonando il criterio dell’unanimità per decisioni a maggioranza qualificata, una maggiore selezione dei membri in entrata e di quelli già presenti, che non possono condizionare la politica comunitaria con valori palesemente contrari ai principi ispiratori ed alle nuove sfide che si stanno presentando. Il fine deve essere una organizzazione sovranazionale con progressiva cessione di sovranità, in grado di favorire una politica estera comune, una forza armata unica, con capacità di intervento rapido, per avvicinarsi progressivamente ad un soggetto sempre più univoco, capace di rappresentare le istanze di tutti i popoli europei ed anche oltre, per giocare un ruolo da grande potenza sullo scacchiere internazionale. 

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