mercoledì 1 luglio 2015

La Turchia teme uno stato curdo sui suoi confini

Dopo la sconfitta elettorale in Turchia, il presidente turco Erdogan, prova a concentrare l’attenzione del paese ancora una volta contro i curdi, che avevano ottenuto un successo elettorale nelle ultime elezioni. Il presidente turco non attacca direttamente i curdi della Turchia, quanto, piuttosto, quelli che stanno combattendo con successo contro i miliziani dello Stato islamico. Il timore di Erdogan è quello che si possa costituire una entità statale curda direttamente sul confine della Turchia, grazie alla sottrazione del territorio siriano al dittatore di Damasco. La situazione è confusa, ma grazie all’appoggio dell’aviazione americana i successi dei curdi sul terreno potrebbero consentire effettivamente che il timore di Erdogan si trasformasse in realtà. La percezione negli ambienti del partito del presidente è che i curdi siano considerati molto più pericolosi dello stesso Stato islamico, per i tanti contrasti che si trascinano da molto tempo. Le aspirazioni curde sono per uno stato indipendente e questo è vero sia per la Turchia, che per la Siria, l’’Iran e l’Iraq; proprio in quest’ultimo stato l’autonomia raggiunta, anche a livello normativo, è apparsa come la situazione immediatamente precedente al distacco dallo stato di Bagdad. Nonostante gli USA siano contrari formalmente alla dissoluzione dello stato irakeno, sono debitori dei curdi, sia per l’aiuto fornito contro Saddam, che contro il califfato, grazie alla loro azione sul terreno. Washington, malgrado i recenti contrasti con Ankara è anche un alleato della Turchia, che resta l’unico paese musulmano all’interno dell’Alleanza Atlantica e ricopre così un ruolo strategico fondamentale. I timori di Erdogan non possono essere quindi sottovalutati dalla Casa Bianca, anche se in queste fasi del conflitto mediorientale l’apporto turco è stato minimo, mentre secondo alcuni analisti l’atteggiamento turco verso lo Strato islamico sarebbe stato troppo morbido. Erdogan, nella lotta contro Assad è schierato al fianco dei paesi sunniti, per i quali togliere un alleato dell’Iran dalla scena internazionale è un obiettivo preminente. Il sospetto che  lo Stato islamico sia stato combattuto in maniera poco convinta esiste e sarebbe supportato da ragioni tattiche, che rientrano, appunto, nella eliminazione di Assad e che potrebbero prevedere il rinvio della soluzione del problema califfato soltanto a quel punto. In questa tattica per la Turchia, potrebbe rientrare anche il problema dei curdi, che Ankara preferirebbe vedere sconfitti dalle truppe dello Stato islamico. Questo scenario, fino ad ora, non si è verificato, anzi i curdi hanno ottenuto sostanziali vittorie militari, che ne hanno fatto un sicuro alleato degli americani, che potrebbero vedere con favore una enclave curda indipendente al nord della Siria, proprio nella zona al confine con la Turchia. A questo punto Ankara avrebbe puntato sul contenimento dei curdi con la possibile creazione di una fascia destinata a diventare una sorta di cuscinetto di 110 chilometri di lunghezza e 33 di larghezza. Per Erdogan la presenza sul confine della Turchia di quelli che definisce terroristi, rappresenta un problema di sicurezza nazionale, anche se non è stata definita con la stessa enfasi la presenza delle truppe di Assad e di quelle del califfato. L’impressione è che il presidente turco, con questa presa di posizione, peraltro coerente con il comportamento da sempre tenuto nei confronti della questione curda, voglia indirettamente delegittimare il partito curdo ed il suo capitale elettorale e cercare di attirare l’attenzione dei turchi sulla possibilità di nuovi attentati sul territorio nazionale da parte dei curdi, galvanizzati dai successi militari ottenuti. In realtà questa possibilità, al momento non sembra sostenuta da alcuna indicazione ed il leader del partito curdo che ha avuto l’ottimo risultato elettorale ha più volte affermato di essere un interprete del malcontento che regna nel paese e che è ben più vasto dell’elettorato di origine curda. Anche dal punto di vista delle forze armate esistono perplessità sull’uso politico, che Erdogan vuole fare dei militari turchi; infatti l’operazione della creazione della zona cuscinetto, per avere i presupposti della legittimità del diritto internazionale, dovrebbe essere inquadrata in una decisione con l’avvallo delle Nazioni Unite. Se il presidente turco dovesse insistere in questa intenzione potrebbe trovare forti resistenze interne e censure internazionali, che potrebbero contribuire ad aumentare l’isolamento internazionale in cui la Turchia si è progressivamente creata da sola. 

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