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mercoledì 8 luglio 2015
L'accordo sul nucleare è necessario per lo sviluppo dell'Iran
La speranza iraniana di raggiungere l’accordo sulla questione nucleare entro tempi brevi è motivata dalla necessità di risollevare una economia sulla quale hanno pesato troppo a lungo le sanzioni economiche. Nella società iraniana la speranza di migliorare la propria condizione è molto forte, si tratta di un tessuto sociale molto dinamico, pronto ad accogliere lo sviluppo tanto atteso, malgrado la presenza, spesso invadente, delle autorità religiose. L’accordo sul nucleare è una necessità prima di tutto per il paese iraniano, ma anche gli USA e soprattutto Obama, hanno necessità di chiudere la partita in tempi brevi. Teheran avrebbe autorizzato anche le ispezioni nei siti militari, ma in cambio avrebbe chiesto al fine dell’embargo sull’importazione delle armi, questione che Washington non gradisce, in quanto deve fare fronte alle critiche degli alleati israeliani e sauditi, che con una simile concessione potrebbero alzare ulteriormente la voce. In ogni caso è importante raggiungere al più presto una conclusione che determini la fine delle sanzioni economiche, perché i benefici non potranno essere immediati. Nonostante che l’Iran si sia preparato da tempo a ritornare sul mercato e ad accogliere nuovi investimenti esteri, gli effetti di queste iniziative economiche non potranno vedersi nel breve periodo. In una prima fase la moneta iraniana dovrebbe rivalutarsi, grazie alle esportazioni di materie prime, il paese detiene la quarta riserva mondiale di petrolio e la terza di gas, e permettere così l’afflusso di beni e servizi, anche pregiati, dall’estero. Molto importante è la previsione di investimenti esteri capaci di creare lavoro, la cui cronica mancanza costringe oltre metà della popolazione giovanile alla disoccupazione. Si tratta, nella maggioranza, di potenziali lavoratori qualificati, in grado di essere impiegati nei settori dei servizi, anche se il fattore di maggiore stimolo per la crescita non potrà che essere, nella fase iniziale, il petrolio. Oltre alla stima che riguarda circa 40 milioni di barili già stoccati e pronti ad essere immessi sul mercato, le autorità stanno studiando nuovi sistemi di contratti per attrarre aziende dell’occidente, capaci di fare aumentare la capacità di guadagno del settore. Le sanzioni hanno ridotto la capacità produttiva dell’industria estrattiva, ma gli obiettivi sono di arrivare ad essere in grado di produrre circa cinque milioni di barili entro la fine di questo decennio. Il petrolio unito con lo sblocco dei capitali congelati nelle banche estere, dovrebbe consentire, anche grazie ad un adeguamento tecnologico, il rilancio del settore delle infrastrutture, che permetterebbe anche la svolta al settore strategico dei trasporti e della logistica. Questo flusso di investimenti e di lavoro dovrebbe portare anche alla comparsa del fenomeno dell’inflazione, vista, in questo caso, come aspetto positivo, perché causata da una maggiore produttività e da una maggiore quantità di liquidità messa in circolo nel sistema, a cui dovrebbe corrispondere un aumento del prodotto interno lordo e di conseguenza il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione. Come si vede i cambiamenti attesi riguardano scenari differenti, che non potranno non generare tensioni interne ed investire materie molto delicate quali quelle dei diritti e della legislazione commerciale. Per attirare, infatti, le imprese straniere in maniera massiccia, l’ordinamento giudiziario dovrà adeguarsi alla presenza di aziende di altri paesi e con la necessità di accedere in maniera certa e veloce ai possibili contenziosi che si verificheranno. Anche l’atteggiamento troppo pervasivo delle autorità religiose dovrà subire cambiamenti sufficiente per non essere di intralcio ad uno sviluppo economico, che dovrà essere comunque rispettoso della natura della teocrazia iraniana. Di pari passo dovrà essere rafforzata la sicurezza del paese, soprattutto nei confronti della minaccia dello Stato islamico: è interesse dell’Iran sconfiggere i terroristi del califfato, che sono arrivati, in precedenza, fin quasi alle frontiere del paese, per stabilizzare la regione. I problemi maggiori, dal punto di vista diplomatico, sono dati dalle relazioni con i paesi sunniti e con Israele, che vedono il rientro iraniano sulla scena internazionale, come una minaccia all’attuale situazione, sia politica, che economica. Su questo versante l’Iran dovrà impegnarsi a trovare delle modalità di convivenza che potrebbero fare rendere necessaria la variazione dei paradigmi su cui si è basata fino ad ora la politica estera di Teheran.
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