Politica Internazionale

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mercoledì 27 luglio 2011

Xenofobia: Nord Europa sotto scacco

La tragedia di Oslo non ha colpito soltanto la Norvegia, improvvisamente si è destato il sentimento di paura in tutti i paesi nordici. Cultura e costumi simili, basati sulla tolleranza e su leggi ritenute avanzate si scontrano con il successo, comune a tutto il nord Europa dei gruppi dell'estrema destra, che incentrano la loro politica sull'esaltazione dei presunti valori cristiani, sono profondamente contrari all'immigrazione ed identificano il loro nemico principale nell'islam, visto come invasore ed inquinatore della cultura nazionale. Il fenomeno ha sviluppato caratteristiche simili in tutta la fascia dei paesi scandinavi, dove si è verificato il successo elettorale delle formazioni xenofobe. Ma la facilità con la quale l'attentatore di Oslo ha portato a compimento il suo piano, ha posto delle pesanti riflessioni, sia politiche, sia legislative che organizzative agli apparati statali del nord Europa. Il pericolo concreto di una legge lassista è diventato realtà in Danimarca, l'apertura tradizionale verso gli immigrati si è rivelata un boomerang per gli stessi cittadini danesi, vittime dell'avversione alla stessa legge che pareva preservarli, grazie a politiche di integrazione, dai fenomeni migratori distorti. Soltanto che la legge non ha previsto la falla creata all'interno del sistema. E' questo il grosso errore delle democrazie nordiche, non avere prefigurato che la corrosione partisse dall'interno del sistema. Nell'immediato si correrà ai ripari con norme tampone, come la regolamentazione della vendita dei fertilizzanti chimici, da cui ricavare facilmente ordigni potenti, ma la sensazione è di estremo spaesamento in tutta l'area nordica. La paura di una ripetizione di Oslo sembra avere paralizzato gli stessi apparati statali, inconsapevoli di sedere su di un potenziale esplosivo enorme. D'altronde la difficoltà di intervenire con normative più organiche è data dal fatto che in molte compagini governative sono presenti le stesse organizzazioni di estrema destra, che ostacolano materialmente il processo legislativo quando ravvisano aperture, secondo loro, lesive dell'identità nazionale. Il rischio è di una spaccatura insanabile all'interno delle società scandinave, che pare già avviata. La radicalizzazione delle posizioni di estrema destra, connotate dalla forte xenofobia appare incociliabile con il resto della società, tuttavia il clima di terrore, strategia comune nell'estrema destra di tutto il mondo, potrebbe generare nuovi e pericolosi equilibri.

martedì 26 luglio 2011

La xenofobia sintomo dell'occidente

L'attentao di Oslo e' solo l'ultima avvisaglia del pericolo xenofobia che mette a repentaglio l'intero globo. Stiamo vivendo in una epoca sempre piu' contrassegnata dallo sviluppo, a vari stadi, dall'esasperazione dei conflitti relativi alle differenze. Ci sono tante cause dietro questa situazione esplosa essenzialmente per ragioni economiche, ma che dietro ha un accumulo di tensioni, troppo sottovalutate. Fin che è stato valido l'equilibrio del terrore, basato sulla contrapposizione dei due blocchi est-ovest, detentori della forza atomica, tensioni di questo genere sono state soffocate da altri tipi di tensioni, prime fra tutte quelle politiche. Sono passati pochi anni, ma in realtà politicamente e socialmente è come se fosse trascorsa un'era geologica. Assetti ed equilibri ben definiti non erano incrinati da potenze emergenti, perchè di fatto assenti, e la stessa vita diplomatica correva entro binari già definiti e tracciati. Il problema migratorio era spesso contenuto entro confini di norma segnati da accordi internazionali, la durezza delle condizioni di vita era mitigata da forme di tutela che, pur nella loro freddezza, cercavano di assicurare le minime garanzie. Non che il razzismo e la xenofobia erano assenti, ma non erano certo organizzate in partiti, e meno che mai al governo. Uno degli effetti della caduta del muro di Berlino, poco indagato dagli specialisti è stata la relazione tra questo fatto ed il crollo dei partiti politici tradizionali, che con tutti i loro difetti, assicuravano un controllo nei confronti di eventuali sbandamenti dei loro iscritti, mantenendo anche un potere di indirizzo sui loro elettori. Anche dal punto di vista degli ordinamenti statali si è fatto ben poco per prevenire lo scenario attuale, senza intuire la portata degli effetti che poteva avere la sottovalutazione e la successiva mancata regolamentazione del fenomeno. In altre parole non si è dotata la società degli anticorpi necessari, mediante leggi e sufficienti ammortizzatori sociali, cioè un mix di misure di tipo politico e pratico, per prevenire la deriva verso una frammentazione sociale basata su territorio, religione ed in molti casi censo. L'assenza di norme, agli albori dei fenomeni migratori, che sapessero regolamentare gli accessi e l'integrazione ha poi rotto definitivamente il piccolo diaframma che collegava i nascenti movimenti localistici alla società nazionale. L'affermazione di questi movimenti, che si incentrano sul rifiuto dell'integrazione e del diverso, ha spesso inglobato elementi culturali estremi, giustificanti visioni di razzismo e xenofobia, molto pericolosi dal punto di vista sociale. Quello accaduto ad Oslo è sicuramente una delle punte massime che possano accadere, ma sottovalutarne l'impatto ed anche la possibile emulazione sarebbe da incoscenti. Oltre all'innalzamento dei dispositivi di polizia, occorre produrre una radicale conversione delle coscenze attraverso tutti le possibili strade, trascurate fino ad ora. E' ormai improcrastinabile una azione degli enti nazionali e sovranazionali che regolino con normative ad hoc e programmi di sostegno adeguati che determino la scomparsa, o almeno l'attenuazione delle cause della proliferazione dei fenomeni che costituiscono l'incubazione della xenofobia.

India e Pakistan riprendono i negoziati di pace

Sostenuti dalla spinta degli USA, l'India ed il Pakistan riprendono i colloqui di pace. L'interesse americano è motivato dalla necessità di una pace che dia stabilità alla regione, che permetta in sostanza di contare su due paesi alleati a Washington, ma anche in uno stato di buoni rapporti duraturo tra di loro. La particolarità della ripresa delle trattative è che saranno condotte da due donne: Nirupama Rao per l'India e la nuova ministro degli esteri pakistana, Hina Rabbani Khar, di 34 anni, recentemente nominata e prima donna a ricoprire la carica nel Pakistan. I due paesi, tradizionalmente avversari, detengono entrambi l'arma atomica e questo aspetto è una ulteriore causa di preoccupazione non solo per gli USA, ma per il mondo intero e che pone con ancora maggiore urgenza l'esplicazione del processo di pace. Le richieste che l'India inoltra con maggiore pressione sono la lotta al terrorismo, per evitare sconfinamenti ed azioni con tro il proprio territorio. Una richiesta che accomuna il paese indiano con gli USA, il cui livello di scontro con il Pakistan, proprio su questo argomento è recentemente salito, fino ai livelli di guardia. Importante anche la questione del Cachemire, territorio diviso tra i due paesi, spesso fonte di scontri. La via intrapresa per superare gli ostacoli e le diverse visioni tra i due paesi, oltre al dialogo è costituita da uno scambio commerciale sempre più da incrementare. Diversi opinionisti ritengono che i colloqui potranno avere uno sviluppo positivo, sia per la spinta americana, che per la necessità di entrambi i paesi di trovare una stabilità con il vicino, che metta fine ad annosi contrasti.

lunedì 25 luglio 2011

India e Corea del Sud sempre più legate

Seul e Nuova Delhi firmano un accordo che apre all'esportazione della tecnologia per la produzionedi energia atomica, dalla Corea del Sud verso l'India. L'economia indiana sta correndo veloce ed il bisogno di energia è sempre maggiore, al momento sono già 20 i reattori nucleari in funzione ed altri sei sono in costruzione ma il know-how ha costantemente bisogno di tecnologia. L'incidente giapponese non ha apportato cambiamenti alle convinzioni indiane sull'utilizzo dell'energia nucleare ritenuta indispensabile per sostenere lo sviluppo dell'economia. L'accordo riveste anche una valenza geopolitica, infatti l'India è uno dei principali avversari dell'economia cinese, mentre la Corea del Sud non attraversa una fase di buoni rapporti con la Corea del Nord, che come unico alleato annovera proprio la Cina. Questa alleanza va, quindi, contro Pechino e crea un asse tecnologico importante nella regione rinforzando i contatti già allacciati nei settori della sicurezza e della difesa. Tra i due paesi è già in vigore un trattato per il libero scambio commerciale dal passato gennaio, ed i due governi stanno per chiudere altri importanti accordi riguardanti l'aviazione ed il trasporto marittimo rinforzando il legame ormai saldamente instaurato.

La Cina alla conquista della Grecia

La crisi greca apre opportunità nuove per chi, come la Cina, dispone di una elevata liquidità. Per rientrare del forte debito saranno diversi i settori che dovranno essere privatizzati. Le opportunità commerciali riguarderanno i settori dell'energia, dei trasporti e dei servizi essenziali. La Cina è già presente con sue imprese sul territorio di Atene ed ha espresso felicitazioni per il secondo salvataggio, operato dalle istituzioni europee, manifestando interesse ad entrare sempre di più nel mercato greco, grazie ad un piano di grandi investimenti nei settori pubblici che saranno privatizzati. Particolare attenzione al settore portuale, dove la Cina ha già investito somme ingenti e che nel proprio programma vuole portare il porto del Pireo al primo posto per movimentazione container. La politica di espansione commerciale cinese sta puntando sempre più verso l'Europa, considerato ancora un mercato appetibile, nonostante sia giudicato da molti un mercato saturo. Il gigante cinese non può perdere alcuna opportunità per dare sfogo alla propria produzione, che sta crescendo a ritmi sempre elevati. L'insufficienza del mercato interno e la mancata crescita di alcune zone individuate come in espansione, ma non abbastanza, determina comunque la necessità di investire in altri mercati. La mossa di acquisire il porto greco del Pireo significa la reale intenzione di creare una base per aumentare le esportazioni verso l'europa, considerarata, comunque, un mercato affidabile.

sabato 23 luglio 2011

La vicenda del debito USA ed una provocazione

Il dibattito intorno al debito pubblico americano è in realtà lo scontro tra due visioni di amministrare lo stato. La vittoria elettorale di Obama è arrivata grazie ad un programma imperniato sulla spesa pubblica orientata, in special modo, verso il welfare. Si è trattato della ricerca di un cambio della mentalità nel sistema americano, spostando ingenti voci del capitolo di bilancio verso aspetti prima tradizionalmente trascurati. L'aumento del volume di spesa, giunto alla difficile congiuntura economica, ha messo in grossa difficoltà le casse degli Stati Uniti ed Obama si è trovato a dovere gestire un programma non realizzato del tutto. A questo si può ascrivere, almeno in parte, il successo nelle elezioni di medio periodo del Partito Repubblicano, che, notoriamente, ha una minore propensione alla spesa statale , sopratutto nei confronti dell'ambito sociale. Questo dibattito, che ha assunto anche toni drammatici, se non dovesse arrivare ad una soluzione condivisa, potrebbe portare l'intera economia ad una crisi difficilmente superabile. Le proposta di Obama riguarda il taglio di alcuni programmi sociali che prevedevano una spesa ingente, tuttavia a copertura della sforbiciata, il presidente richiede un aumento delle tasse per rilanciare, almeno in parte il proprio programma elettorale. Obama ha già fatto con questa proposta un passo per andare incontro alla controparte, ma l'argomento delle tasse costituisce un tabù per la dirigenza repubblicana, che non si mostra intenzionata ad arretrare. Il vero nodo è il debito pubblico, il solo taglio della spesa pubblica non basta a diminuirlo considerevolmente, senza nuove entrate la bilancia non si muove abbastanza. Con questa situazione di stallo il pericolo di fallimento è sempre più dietro l'angolo. Alla fine ragioni puramente elettorali interne agli Stati Uniti, possono decretare un effetto domino sconvolgente per tutto il mondo. A peggiorare le cose l'appuntamento elettorale del 2012, che rischia di irrigidire ancora di più le rispettive posizioni grazie al timore di vedere eroso il capitale di voti per ciascun schieramento, che potrebbe assotigliarsi in caso uno o entrambi i contendenti cedessero troppo terreno rispetto alle posizioni di partenza. In questa situazione pensare ad una mediazione anche esterna sarebbe una ingerenza nella politica interna di uno stato? Dato l'alto tasso di globalizzazione, di cui gli USA sono sempre stati fautori, autorizza a pensare che, anche data la grandezza della potenziale ricaduta sul sistema economico globale, un eventuale intervento esterno, che potrebbe andare dalla semplice mediazione tra le parti fino ad una messa sotto tutela della politica finanziaria statunitense, non sia poi una idea così peregrina. L'evenienza potrebbe sembrare fantapolitica, ma si prenda, con le debite differenze, il caso greco o anche, sconfinando in altri campi, l'esportazione delle democrazia e non si può non ammettere che le analogie non siano presenti. E' chiaro che questa provocazione ha delle implicazioni fondamentali perchè in un caso simile gli USA abdicherebbero al proprio ruolo di prima potenza mondiale, portato avanti, peraltro, ultimamente con grande fatica. Del resto il solo pensare a questa possibilità è già qualcosa di epocale.

L'attentato di Oslo e la xenofobia europea

Il tragico attentato di Oslo è lo specchio dei problemi europei. Un paese al di sopra della media, in buona situazione economica ma alle prese con il problema dell'integrazione e della crescita della destra xenofoba. La Norvegia conta circa quattro milioni di abitanti, con la presenza di circa 150.000 musulmani, nonostante l'ottimo sistema di welfare presente, le tensioni alimentate dalla crescita dei movimenti anti immigrati hanno provocato una spaccatura all'interno del tessuto sociale. Infatti la prima attribuzione a terrorismo di matrice islamica pare naufragata a vantaggio di dinamiche interne al paese. Nonostante la situazione permanga ancora poco chiara, i motivi che sono stati elaborati a sostegno della prima tesi sono stati frutto di una visione stereotipata dell'attacco terroristico. Non che non fosse o sia possibile, ma le ragioni addotte sono parse da subito deboli. La presenza di 400 soldati norvegesi in Afghanistan o le vignette su Maometto, ragionevolmente non sembravano sufficienti a scatenare questa tragedia. La psicosi dell'attentato integralista, si è ormai impadronita della pubblica opinione, tanto da essere immediatamente tirata in causa nel caso di accadimenti di questa portata. Nei momenti immediatamente successivi all'attentato sono fiorite analisi avventate e precipitose, che non possono avere favorito una disanima fredda e ragionata dei fatti. Pur essendo ancora nell'ambito delle ipotesi, alla fine la maggiore probabilità sembra da imputarsi, appunto a dinamiche interne del paese, nell'ambito di una dialettica deteriorata, dove i capi dei gruppi di estrema destra sono stati i cattivi maestri, senza avere neppure la scusa di una situazione economica difficile. Ecco il punto dolente per l'Europa, l'affermazione di idee xenofobe, anche in società senza apparenti problemi, costituisce ormai l'allarme, non solo sociale ma sopratutto politico, che rappresenta uno degli ostacoli maggiori per l'integrazione del vecchio continente. La visione della pubblica opinione, anche di chi non condivide la xenofobia, risulta condizionata da una dicotomia nord-sud difficilmente superabile senza azioni dell'istituzione centrale. Questo caso tragico deve rappresentare uno stimolo per sviluppare gli anticorpi alla visione, sempre più imperante, anti integrazione e costituire la base di partenza per un maggiore spirito unificatore.