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martedì 20 novembre 2012

Cina, Giappone e Corea del Sud si incontrano per aprire una zona di libero scambio

Malgrado i forti contrasti, peraltro finora più scenografici che altro, sulla territorialità di alcune isole disabitate, Cina, Giappone e Corea del Sud, daranno vita ad un vertice che mette al centro la creazione di una area di libero mercato, che promette di diventare un volano eccezionale, potendo diventare, potenzialmente, la zona di libero scambio più estesa nel mondo. Per una volta, quindi, il ruolo dell'economia è più forte di quello militare e diventa elemento concreto di pacificazione internazionale. Infatti nella conferenza di Phnom Penh, dove i membri dei tre motori economici asiatici si incontreranno, le dispute territoriali passeranno senz'altro in secondo piano e non è detto, che se i colloqui saranno fruttuosi, non si possa arrivare ad un accordo condiviso per una soluzione definitiva sulle isole contese, che possa contentare tutte le parti. Già il fatto che queste tensioni non impediscano il vertice, rappresenta un motivo di speranza affinchè la questione non degeneri in una evoluzione pericolosa, ma si indirizzi verso una conclusione ragionevole. L'importanza che riveste il vertice, al quale, è bene ricordarlo, partecipano la seconda e la terza economia mondiale, per i riflessi sull'economia è quindi largamente superiore alle questioni che riguardano le isole contese; attualmente il commercio tra i tre paesi ammonterebbe a circa 515 miliardi di dollari, che salirebbero inevitabilmente se si aprisse la zona di libero scambio tra le tre nazioni. L'intenzione è quella di sviluppare la cooperazione dell'Asia Orientale per provocare la crescita della regione, sopratutto puntando all'incremento dei mercati interni, che sono ora sotto utilizzati, specialmente quello cinese; tale crescita potrebbe compensare la minore domanda occidentale, se permanesse lo stato di crisi attuale e diventerebbe un elemento propulsivo determinante una volta superata la depressione economica dei paesi ricchi. In effetti quando tornerà la fase espansiva nell'occidente sommata con la spinta in un mercato di libero scambio nell'Asia orientale, potrebbe fare schizzare gli indici di crescita verso l'alto, con il ritorno della doppia cifra in Cina. Ma quello che si tratta tra Cina, Corea del Sud e Giappone, potrebbe essere soltanto un punto di partenza per una evoluzione ben più grande, capace di coinvolgere fino a sedici paesi: le dieci nazioni dell'Associazione del Sud-Est dell'Asia orientale (Brunei, Cambogia, Indonesia, Laos, Malesia, Myanmar, Filippine, Singapore, Thailandia e Vietnam), più India, Australia e Nuova Zelanda. Un mercato con una potenzialità enorme, con 23.000 miliardi di PIL, un terzo del prodotto interno lordo mondiale, con una platea di consumatori di ben 3,5 miliardi di persone. Di fronte a questa eventualità si capisce bene perchè, nonostante i venti di guerra del medio oriente, il primo viaggio del rieletto Presidente USA, Barack Obama, nei paesi che si affacciano sul Mar Cinese Meridionale, non solo non sia stato rinviato, ma abbia rivestito una enfasi tutta particolare, sull'importanza degli incontri. Quella che si annuncia è una guerra non militare ma combattuta con armi di fine persuasione, fatta di aiuti ed accordi sempre più stringenti, per accaparrarsi il mercato che attualmente rappresenta le maggiori potenzialità per un'economia che deve uscire dalle secche della crisi.

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