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Politica Internazionale
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venerdì 3 luglio 2015
Il Sinai, nuovo scenario dell'azione del califfato
La situazione nel Sinai sta preoccupando, per i suoi possibili sviluppi, le diplomazie internazionali. Gli attacchi, avvenuti con la consueta tecnica usata dagli uomini del califfato, improvvisi e cruenti, rivelano la volontà dello Stato islamico di destabilizzare una zona particolarmente delicata nello scacchiere mediorientale. In questo territorio si sommano delle emergenze in grado di alterare equilibri molto instabili, data la presenza di Israele, della Striscia di Gaza e dello stesso Egitto. Tel Aviv rischia di trovare gli uomini del califfato direttamente sulla propria linea di confine: una azione contro Israele avrebbe una risonanza mediatica enorme, in linea con le pratiche dello Stato islamico. Ma anche Hamas è accomunato ai suoi nemici, giacché gli integralisti islamici tentano in ogni modo di fomentare i palestinesi, agendo al di fuori del controllo della principale organizzazione della striscia. Il trittico è completato dall’Egitto, dove gli uomini del califfato trovano terreno fertile per il loro proselitismo, grazie alle repressioni che i militari hanno e stanno compiendo contro la fratellanza musulmana. Certamente lo Stato islamico, per ora, non ha la possibilità di una occupazione territoriale come avvenuto in Iraq ed in Siria e difficilmente questa ipotesi potrebbe concretizzarsi contro l’esercito egiziano, ben più preparato di quello irakeno, ma detiene senz’altro le capacità militari di organizzare una serie di attentati e tenere costantemente il territorio in apprensione. Israele ha già rinforzato i suoi effettivi lungo il confine e può contare su di una alleanza molto solida con l’Egitto dei militari, particolarmente gradito per avere estromesso dal potere i partiti islamici; ma questa alleanza può essere anche un catalizzatore non indifferente per azioni terroristiche eclatanti. La disponibilità di personale disposto a sacrificarsi su cui può contare lo Stato islamico appare enorme e la natura degli attacchi portati a compimento mostra una capacità considerevole nella pratica terroristica. L’obiettivo più immediato, ed anche il più percorribile, potrebbe proprio essere quello di incrinare il controllo di Hamas sulla Striscia di Gaza, per portare attacchi ad Israele da punti contigui al suo territorio; il risultato sarebbe una rappresaglia di Tel Aviv che potrebbe favorire l’influenza dello Stato islamico sugli islamici repressi dall’Egitto. Certamente il califfato non può pensare di attaccare Israele per indebolirne la forza, ma può trarre vantaggio dall’attaccare ciò che simboleggia per estremizzare sempre di più la sua azione e mediante questa aumentare i suoi seguaci. Non occorre ricordare che la popolazione di Gaza è stremata da anni durissimi imposti da Israele e che nelle persone più giovani il richiamo dello Stato islamico potrebbe essere tale da non potere essere rifiutato. Tel Aviv potrebbe rimpiangere Hamas, che al confronto del califfato appare molto più moderato ed ha un orizzonte ben più limitato, che si basa sulla liberazione della Palestina e non dell’instaurazione della legge islamica in un territorio sempre più vasto. Allo stesso modo l’Egitto, che non ha risolto la questione islamica certo con la legge marziale, si potrebbe trovare esposto a continui attentati, che avrebbero il solo scopo di indurire ulteriormente la reazione de Il Cairo per tentare di sollevare le masse arabe. Nel contempo l’intenzione dello Stato islamico è quella di conquistare la Siria, la partita è ancora in corso, tuttavia il quadro generale non è tranquillo per Israele che rischia di vedersi accerchiato dagli estremisti islamici da due lati della sua frontiera. Si verificherebbero così i timori che Tel Aviv avvertiva con il procedere delle primavere arabe, cioè, che la destabilizzazione dei regimi autoritari arabi avrebbe aperto la strada all’insicurezza della regione. In effetti è ciò che è successo a causa della inadeguatezza della nuova classe politica araba incapace di riempire i vuoti di potere che si sono venuti a creare. La capacità tattica dello Stato islamico non è stata solo quella militare ed organizzativa, ma è stata anche quella di riempire, anche se fortunatamente non del tutto, un vuoto politico con una modalità alternativa completamente in antitesi con quella democratica. Ciò ha già generato delle alleanze ibride, come appunto quella tra Israele ed Egitto, o la stessa collaborazione informale tra USA ed Iran, che uniscono paesi con caratteristiche opposte. Quella che si gioca in Sinai rischia di diventare una partita fondamentale nel quadro generale della lotta al terrorismo, perché in grado di sovvertire equilibri, che se saranno cambiati, provocheranno situazioni difficilmente rimediabili.
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