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lunedì 14 marzo 2011

Giappone: il sisma è anche economico

La terza economia del mondo è in ginocchio; gli effetti del sisma e del conseguente tsunami mettono in grave pericolo la produttività e la stabilità non solo dell'economica nipponica, ma dell'intero sistema mondiale. Diverse fabbriche, tra cui i marchi più noti dell'automobile e dell'elettronica, pur cercando faticosamente di ripartire, sono di fatto fermi. Oltre alle devastazioni materiali esiste il concreto problema dell'approvigionamento energetico, dato che ben undici reattori nucleari, dei cinquanta installati, sono stati spenti. In queste prime ore la razionalizzazione energetica programmata dai veritici di Tokyo, dovrebbe riuscire a contenere la domanda di energia, il problema è l'immediato futuro, dato che, ragionevolmente tutta la rete nucleare giapponese dovrà essere sottoposta ad attenta revisione, la mancanza energetica nipponica si riverberà sulla domanda complessiva del globo, andandosi a sommare alla crisi petrolifera. Il quadro che potrebbe andare a comporsi vedrebbe schizzare i prezzi sia del combustibile che della stessa energia elettrica mettendo a dura prova l'economia mondiale, già provata da due anni di crisi, vanificando la piccola ripresa che si era concretizzata. Sul fronte interno giapponese la banca centrale ha da subito immesso nel sistema finanziario 131,6 miliardi di euro, versati nelle banche locali per permettere la ripartenza della vita economica il più rapidamente possibile. Dal punto di vista della finanza la borsa di Tokyo, perde un 6%, un passivo totale tutto sommato contenuto, anche se i valori negativi più alti sono dei produttori automobilistici, tutti colpiti, sia dalla chiusura di diversi stabilimenti, sia dalla incombente minaccia dell'aumento energetico. Più difficile immaginare il destino dello stato giapponese, che annovera il più alto debito pubblico del mondo, finora la rete produttiva ha fatto da protezione al deficit dello stato, ma una possibile flessione della produttività per cause di forza maggiore potrebbe rendere difficoltoso il problema del debito pubblico, costringendo il governo a tagli non sostenibili in un momento del genere.

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