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mercoledì 7 settembre 2011

Il PIL cinese si contrae

Anche la Cina diventa vittima della crisi economica. Secondo stime ufficiali dell'amministrazione della Repubblica popolare cinese, il tasso di crescita per il prossimo anno, il 2012, dovrebbe andare sotto il 9%, il dato peggiore dal 2001. Questa tendenza ha già iniziato a manifestarsi nel secondo trimestre del 2011, con un PIL al 9,5%, con una lieve flessione rispetto al trimestre precedente, quando il dato registrato era del 9,7%. Le stime per l'ultimo trimestre vanno in questa direzione con un 9% di PIL previsto, mentre per il 2012 il dato previsto complessivo si attesta all' 8,3%.
Gli esperti imputano il calo del 2011 alla stretta monetaria con la quale il governo cinese sta tentando di combattere il fenomeno inflattivo che ha colpito il dragone; i minori investimenti compressi dalla limitazione dell'accesso al credito hanno determinato un calo della produzione che si è riflesso, inevitabilmente, sul dato della crescita. Ma per il 2012 il PIL cinese risentirà anche dell'indebolimento a livello mondiale della domanda dei beni e servizi. Questa causa, combinata con gli effetti, che potrebbero essere residui se il governo allenterà la stretta monetaria, determinati dalla lotta all'inflazione causerà una compressione del livello di crescita di una delle locomotive mondiali. Stando così le cose, Pechino potrebbe approfittare di questa evenienza negativa per abbassare ancora di più l'inflazione che l'affligge, ma che sopratutto potrebbe aggravare l'economia del paese. Una ancora maggiore stretta del credito compenserebbe la minore domanda e potrebbe così permettere al governo cinese la prevenzione di un fenomeno inflattivo più elevato e molto temuto. La questione è se una minore crescita consentirà la politica espansiva della Cina; va detto che nella attuale situazione mondiale un tasso di crescita come quello cinese rappresenta un valore di tutto rispetto, che può contenere gli effetti negativi della percentuale di PIL mancante, più difficile se la fase recessiva mondiale dovesse permanere: il volume di produzione invenduto potrebbe bloccare la catena produttiva, con gravi ripercussioni sulla struttura economica del paese, oltre che generare gravi problematiche di tipo sociale che andrebbero ad aggiungersi alla già difficile situazione sui diritti civili. E' possibile che la Cina, detentrice di gran parte del debito pubblico mondiale, provi a stimolare le altre economie, specialmente quelle più propense al consumo (gli USA ad esempio) con politiche monetarie ad hoc, ma questo sarebbe solo rinviare il problema. La realtà è che la Cina ha immesso troppe merci su di un mercato che in parte è saturo ed in parte non è più in grado di comprare, i soli mercati emergenti non bastano a smaltire una produzione gigantesca e la crisi dei paesi ricchi si abbatte su quelli come la Cina, basati su di un volume enorme di produzione. Per la Cina la strada sarebbe una maggiore specializzazione nei settori trainanti (ad esempio il lusso), ma il livello produttivo attuale non consente a Pechino un reimpiego immediato della parte necessaria dell'economia per mantenere il PIL in doppia cifra.

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