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venerdì 30 agosto 2013

La Siria come occasione per il rilancio diplomatico della Turchia

Uno dei risvolti della crisi siriana è la ricaduta sulla politica estera turca. La Turchia è uno dei paesi disposti a sostenere gli Stati Uniti in un attacco militare non solo breve e per ritorsione contro l’uso dei gas chimici, ma sarebbe anche favorevole ad una azione a più largo raggio per debellare dalla regione il regime di Damasco. Esistono attriti di non poco conto tra i due stati, dovuti a bombardamenti siriani sul suolo turco, che sarebbero stati fatti per errore, in realtà ad Ankara sono convinti che siano stati eseguiti per ritorsione ai campi profughi aperti sul confine dei due paesi, per accogliere i fuggitivi siriani dalla guerra. Tuttavia questi motivi non bastano a giustificare la determinazione turca contro Damasco. Una delle ragioni più plausibili e probabili consiste nel tentativo della Turchia di spezzare l’isolamento internazionale in cui è sprofondata. La Turchia sta godendo di una espansione economica ragguardevole, che non le ha però permesso di entrare in Europa, per il rifiuto di alcuni paesi della UE a causa delle scarse assicurazioni che l’esecutivo turco ha potuto fornire a Bruxelles, riguardo all’applicazione ed alla vigenza dei diritti umani e politici. Ankara, che ha sofferto molto di questo rifiuto ha girato lo sguardo verso l’Asia ed il medio oriente, dove i suoi prodotti hanno trovato uno sbocco commerciale rilevante. Di pari passo con l’espansione economica la Turchia ha iniziato ad esercitare una progressiva influenza politica trai paesi musulmani della costa meridionale del Mediterraneo e sui paesi che rientravano nei confini dell’impero ottomano. Il progetto di Erdogan, era, infatti, quello di ricreare una vasta zona di aggregazione che riprendesse i fasti imperiali, dove la Turchia potesse essere il centro economico e politico. A favorire questo progetto vi era anche il sostegno della vicinanza religiosa che faceva apparire la Turchia come uno stato dove l’islam si coniugava alla forma di governo democratico. Il deteriorarsi dei rapporti diplomatici con Iran , Iraq, Siria , Israele , Armenia e Grecia , seppure per diversi motivi, ha incrinato la riuscita di questo progetto, a cui si è aggiunta la difficile crisi politica interna e la conseguente pessima gestione, che ha suscitato pesanti critiche nel panorama internazionale ed ha allontanato la Turchia dalla UE in maniera ancora più netta. Si deve poi aggiungere la relazione con l’Egitto, divenuta problematica dopo la cacciata dei Fratelli Musulmani ai quali Ankara assicurava un appoggio incondizionato. Deve essere specificato che parte della responsabilità di questo progressivo isolamento sta nel cambiamento della direzione della politica estera della Turchia, che è passata dall’esercizio di un potere morbido, praticato attraverso la mediazione e la moderazione, a pratiche di ingerenza ed interferenza negli affari interni di altri stati, che hanno provocato rilievi di partigianeria a favore di determinate formazioni e conseguenti letture di questi comportamenti come perseguiti per ottenere un vantaggio per Ankara. Si è trattato sovente di errori di calcolo politico che hanno spinto il paese turco ad abbandonare la condotta precedente per assumere un ruolo da protagonista nella regione, ma che hanno svelato come la Turchia perseguisse piani di espansione della propria influenza, tali anche da potere sovvertire gli equilibri politici in essere. Il risultato è stata una diffidenza generale che ha creato un progressivo isolamento capace di decretare una perdita di importanza internazionale, guadagnata con fatica ed impegno, ma grazie ad una interpretazione diametralmente opposta della politica attuale. In questo scenario, malgrado le smentite del governo turco, la Siria rappresenta l’occasione per riacquistare importanza internazionale; resta da vedere se ai proclami di guerra possa seguire un eventuale impegno altrettanto netto. Ma la solitudine di Obama di fronte alla eventualità di attacco militare contro Damasco, può rappresentare una occasione per ridare risalto alla politica estera turca: gli USA, infatti, hanno bisogno assoluto di partner nell’intervento e la presenza della Turchia al fianco degli Stati Uniti può diventare determinante. Pur con una influenza politica internazionale diminuita, Ankara resta uno dei principali attori della regione ed il suo appoggio non passerebbe inosservato in quegli ambienti sunniti moderati che parteggiano per la caduta di Assad, che sono gli stessi ambienti dove la Turchia intende recuperare terreno. La guerra siriana è anche una guerra all’interno delle fazioni dell’Islam e concorrere per la vittoria di una parte piuttosto che dell’altra è diventato essenziale per aumentare il proprio peso politico. Questo vale per singoli movimenti o formazioni, ma ancora di più per nazioni che hanno bisogno di aumentare la propria influenza in un determinato settore, non necessariamente soltanto geografico, del mondo.

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