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martedì 30 settembre 2014

La Turchia verso un maggiore impegno militare nella coalizione contro il califfato

Nonostante le intenzioni della Turchia di tenersi lontano dal conflitto contro il califfato, era stato offerto un aiuto di tipo umanitario e logistico, l’avanzata dello stato islamico nel territorio siriano sul confine di Ankara, obbliga le forze armate turche ad intervenire per evitare l’allargamento del conflitto. La prima cosa da limitare è l’immigrazione curda della popolazione che fugge dal regime del califfato. L’afflusso non è più sostenibile ed inoltre, Ankara teme l’ingresso sul suo territorio di terroristi curdi mischiati alla popolazione in fuga. In realtà la Turchia è stata colpita da diversi missili del califfato, che hanno provocato lo schieramento di blindati ed artiglieria sul confine con la Siria. La questione è complessa, la Turchia, per il momento non vuole entrare in territorio straniero, formalmente di Damasco, ma occupato dai miliziani del califfato, ma le forze dell’esercito islamico minacciano la città curda di Ayn el Arab e la sua eventuale conquista potrebbe provocare un esodo verso la Turchia di difficile gestione. La città è praticamente circondata esclusa la parte settentrionale, che è appunto quella verso il paese turco. Le forze che difendono il centro urbano sono dotate di armi leggere e combattono contro i mezzi blindati del califfato.  In Turchia, intanto, il dibattito circa l’intervento militare pare indirizzarsi verso un cambiamento dell’iniziale atteggiamento prudente nei confronti dell’alleanza contro il califfato. La necessità di proteggere il territorio turco obbliga il governo del paese  ad una decisione a favore dell’impiego delle proprie forze armate. L’intenzione è anche quella di creare una zona cuscinetto in territorio siriano, sia a terra,  che di non sorvolo,  dove ospitare i profughi curdi, che secondo alcune stime, potrebbero arrivare a 400.000 unità in caso di ulteriore avanzata delle forze del califfato. Questo conflitto inatteso sta sconvolgendo gli equilibri diplomatici della regione, obbligando a combattere fianco a fianco,parti notoriamente nemiche. Se la Turchia interverrà nel territorio siriano a maggioranza curda, di fatto opererà anche in favore dei curdi, con i quali ha combattuto una guerra interna, con la frazione del Partito Combattente Curdo; quest’ultimo, d’altra parte sta assolvendo ad un ruolo estremamente importante nella strategia americana, impegnandosi nei combattimenti a terra. L’entrata in campo della Turchia sarebbe accolta senz’altro con favore dagli USA, che hanno più volte sottolineato come la questione in Iraq sia relativamente più facile da risolvere, mentre i problemi maggiori riguardano, appunto, la Siria. Un possibile schieramento della Turchia, nazione sunnita, con un governo confessionale moderato, nel conflitto darebbe una connotazione ben precisa alle ragioni dell’alleanza, anche per il peso politico e l’influenza che il paese turco riveste nel mondo musulmano. Tuttavia i disaccordi di Ankara con l’Arabia Saudita potrebbero obbligare la diplomazia della Casa Bianca ad un lavoro di paziente ricucitura tra le due parti che sono su posizioni opposte per quanto riguarda i Fratelli Musulmani.  In ogni caso per una vittoria in Siria l’apporto turco sarebbe fondamentale, anche se occorre valutare quali saranno le contropartite che Ankara richiederà in campo di un eventuale partecipazione militare. Occorre ricordare che l’esercito turco, l’unico musulmano della Alleanza Atlantica, è una forza ben armata, grazie al contributo degli stessi americani e potrebbe costituire un arma determinante per la vittoria finale. Gli USA devono valutare anche l’impatto sulle istanze curde: l’aspirazione ad una nazione indipendente, da ricavare dalla parte irakena, è osteggiata dalla Turchia, che ritiene la nascita di uno stato curdo un fattore di destabilizzazione per i propri territori rivendicati dai curdi, che sono stati oggetto in passato di azioni definite terroristiche da Ankara. Gli Usa dovranno destreggiarsi tra queste forze opposte, che pur combattendo al momento nello stesso campo, hanno obiettivi opposti, ma che risultano entrambi fondamentali per il successo della coalizione.

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