Blog di discussione su problemi di relazioni e politica internazionale; un osservatorio per capire la direzione del mondo. Blog for discussion on problems of relations and international politics; an observatory to understand the direction of the world.
Politica Internazionale
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venerdì 16 ottobre 2020
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martedì 13 ottobre 2020
Dal Nagorno Karabakh possibilità di allargamento del conflitto da locale in regionale
Nella guerra del Nagorno Karabakh l’Armenia sembra essere in posizione sfavorevole rispetto all’Azerbaigian, che può godere dell’alleanza di una Turchia determinata a recitare il suo ruolo di nuovo protagonista ottomano. Il Nagorno Karabakh ha una popolazione di circa 150.000 abitanti, la cui maggioranza è di etnia armena e proprio per questo motivo è alla ricerca dell’autodeterminazione. Per la Turchia non si tratta di essere scesa in guerra soltanto per appoggiare il paese turcofono dell’Azerbaigian, quanto di ribadire, soprattutto per l’opinione pubblica interna, la volontà di giocare un ruolo che oltrepassa quello della potenza regionale, ma anche di testare la reazione della Russia ad una invasione del suo spazio vitale o della zona di influenza che Mosca ritiene di sua esclusiva competenza. Occorre ricordare che la Russia è legata all’Armenia da una alleanza molto stretta, che potrebbe obbligarla ad intervenire in prima persona nel conflitto. La strategia di Erdogan appare quella di provocare le intenzioni di Mosca nell’ambito delle questioni regionali, soprattutto in ragione del fatto che la Russia vende armi all’Armenia, ma, contemporaneamente, le vende anche all’Azerbaigian, elemento che pare stia effettivamente considerando il comportamento russo. Il Cremlino, infatti, ha scelto molto responsabilmente, la via diplomatica ottenendo una tregua, che, però, non sembra del tutto rispettata. Le accuse di violazione sono reciproche, anche perché avvengono in una situazione fortemente condizionata da reciproca avversione che si è concretizzato in trenta anni di scontri. L’entrata in campo della Turchia sembra essere una provocazione apparentemente incomprensibile verso Mosca, perché il teatro dei combattimenti è contiguo ad una zona attraversata dal gasdotto turco costruito per il trasporto del gas russo verso il ricco mercato europeo. Oltre i motivi geopolitici, esiste una volontà di Ankara di incidere sui rapporti economici con Mosca per condizionare il ricco mercato del gas? La domanda è legittima per una economia in fase di recessione, come quella turca, che deve risollevare il gradimento del governo nel suo mercato politico interno, ma anche sostenere le spese per la sua politica estera espansionista. A sua volta, la Russia ha problemi di ordine interno non meno gravi, con il calo dei consensi di Putin, che ha registrato per la prima volta cali preoccupanti, oltre che i difficili rapporti con una opposizione sempre più crescente. In politica estera la questione bielorussa preoccupa non poco il Cremlino, già provato dall’impegno in Siria che non ha suscitato entusiasmi tra la popolazione e la questione dei territori russi in Ucraina, che minaccia contraccolpi diplomatici sempre più rilevanti. Considerando questi elementi la scelta della Turchia di appoggiare, se non di iniziare, il conflitto nel Nagorno Karabakh, può essere identificato come un elemento strategico all’interno di una dialettica non sempre univoca, ma che sembra volere verificare le reali intenzioni russe nella regione. Occorre non dimenticare che i rapporti trai due paesi attraversano sempre più spesso delle fasi di avvicinamento ed allontanamento repentine, secondo le reciproche convenienze, che spesso appaiono in contrasto. Risulta verificato che la Turchia, membro dell’Alleanza Atlantica, ha acquistato, contro il volere della stessa Alleanza Atlantica, apparati di difesa russa in aperto contrasto con la politica e le direttive di Bruxelles; ma poi si è schierata contro il regime siriano sostenuto dai russi, perché sciita, ma non solo, appoggiando gli integralisti islamici sunniti, usati anche contro i curdi, principali alleati degli americani contro lo Stato islamico. Le ripetute violazioni agli interessi dell’Alleanza Atlantica non hanno comunque prodotto alcuna reazione contro Ankara, che si è sentita legittimata a procedere sulla strada dell’arroganza e della violazione del diritto internazionale, praticamente senza sanzioni da parte della comunità internazionale. Attualmente il teatro di scontro del Nagorno Karabakh evidenzia ancora una volta come sia necessario fermare la Turchia, incominciando da sanzioni economiche molto pesanti per limitarne il raggio d’azione, anche perché le conseguenze, già pur gravi dell’attuale conflitto, possono diventare ancora peggiori, se la guerra potrà diventare uno scontro regionale alle porte dell’Europa, ma anche sul confine iraniano, con un impegno diretto che la Russia non potrà rinviare ancora per molto se la situazione non sarà stabilizzata, anche attraverso l’abbandono della presenza di Ankara.
From Nagorno Karabakh the possibility of widening the conflict from local to regional
In the Nagorno-Karabakh War, Armenia appears to be in a disadvantageous position compared to Azerbaijan, which can enjoy the alliance of a Turkey determined to play its role as the new Ottoman protagonist. Nagorno Karabakh has a population of about 150,000 inhabitants, the majority of whom are of Armenian ethnicity and for this very reason is in search of self-determination. For Turkey, it is not a question of having gone to war only to support the Turkish-speaking country of Azerbaijan, but of reiterating, especially for internal public opinion, the will to play a role that goes beyond that of regional power, but also to test Russia's reaction to an invasion of its living space or zone of influence that Moscow considers its exclusive competence. It should be remembered that Russia is linked to Armenia by a very close alliance, which could force it to intervene personally in the conflict. Erdogan's strategy appears to be to provoke Moscow's intentions in the area of regional issues, above all due to the fact that Russia sells arms to Armenia, but, at the same time, also sells them to Azerbaijan, an element that it seems to be actually considering Russian behavior. The Kremlin, in fact, has chosen the diplomatic path very responsibly, obtaining a truce, which, however, does not seem to be fully respected. The allegations of violation are reciprocal, also because they occur in a situation strongly conditioned by mutual aversion that has materialized in thirty years of clashes. The entry into the field of Turkey seems to be an apparently incomprehensible provocation towards Moscow, because the theater of the fighting is adjacent to an area crossed by the Turkish gas pipeline built to transport Russian gas to the rich European market. Beyond the geopolitical reasons, is there any willingness of Ankara to affect economic relations with Moscow to condition the rich gas market? The demand is legitimate for an economy in recession, such as the Turkish one, which must revive the government's approval in its internal political market, but also bear the costs of its expansionist foreign policy. In turn, Russia has no less serious internal problems, with the decline in support of Putin, who for the first time recorded worrying drops, as well as the difficult relations with an ever growing opposition. In foreign policy, the Belarusian question is of great concern to the Kremlin, already tried by the commitment in Syria that has not aroused enthusiasm among the population and the question of Russian territories in Ukraine, which threatens increasingly significant diplomatic repercussions. Considering these elements, Turkey's choice to support, if not initiate, the conflict in Nagorno Karabakh can be identified as a strategic element within a dialectic that is not always unambiguous, but which seems to want to verify the real Russian intentions in the region. It should not be forgotten that relations between the two countries are going through more and more phases of sudden rapprochement and separation, according to mutual convenience, which often appear in contrast. It has been verified that Turkey, a member of the Atlantic Alliance, has bought, against the will of the Atlantic Alliance itself, Russian defense apparatuses in open conflict with the policies and directives of Brussels; but then it took sides against the Syrian regime supported by the Russians, because it is Shiite, but not only, by supporting the Islamic fundamentalists Sunni, also used against the Kurds, the main allies of the Americans against the Islamic State. The repeated violations of the interests of the Atlantic Alliance have, however, produced no reaction against Ankara, which felt entitled to proceed on the path of arrogance and violation of international law, practically without sanctions by the international community. Currently, the battlefield of Nagorno Karabakh highlights once again how it is necessary to stop Turkey, starting with very heavy economic sanctions to limit its range of action, also because the consequences, albeit serious of the current conflict, can become even worse , if the war can become a regional clash at the gates of Europe, but also on the Iranian border, with a direct commitment that Russia will not be able to postpone for much longer if the situation is not stabilized, including through the abandonment of the presence of Ankara .
Desde Nagorno Karabaj, la posibilidad de ampliar el conflicto de local a regional
En la guerra de Nagorno-Karabaj, Armenia parece estar en una posición de desventaja en comparación con Azerbaiyán, que puede disfrutar de la alianza de una Turquía decidida a desempeñar su papel de nuevo protagonista otomano. Nagorno Karabaj tiene una población de alrededor de 150.000 habitantes, la mayoría de los cuales son de etnia armenia y por eso mismo está en busca de la autodeterminación. Para Turquía, no se trata de haber ido a la guerra solo para apoyar al país de habla turca de Azerbaiyán, sino de reiterar, especialmente a la opinión pública interna, la voluntad de jugar un papel que va más allá del de poder regional, pero también de poner a prueba. La reacción de Rusia a una invasión de su espacio vital o zona de influencia que Moscú considera de su exclusiva competencia. Cabe recordar que Rusia está vinculada a Armenia por una alianza muy estrecha, lo que podría obligarla a intervenir personalmente en el conflicto. La estrategia de Erdogan parece ser provocar las intenciones de Moscú en el ámbito de los temas regionales, sobre todo por el hecho de que Rusia vende armas a Armenia, pero, al mismo tiempo, también las vende a Azerbaiyán, elemento que parece estar considerando realmente. Comportamiento ruso. El Kremlin, de hecho, ha elegido la vía diplomática con mucha responsabilidad, obteniendo una tregua, que, sin embargo, no parece ser plenamente respetada. Las denuncias de violación son recíprocas, también porque se dan en una situación fuertemente condicionada por la aversión mutua que se ha materializado en treinta años de enfrentamientos. La entrada en el campo de Turquía parece ser una provocación aparentemente incomprensible hacia Moscú, porque el teatro de los combates es adyacente a una zona atravesada por el gasoducto turco construido para transportar gas ruso al rico mercado europeo. Más allá de las razones geopolíticas, ¿existe alguna voluntad de Ankara de afectar las relaciones económicas con Moscú para condicionar el rico mercado del gas? La demanda es legítima de una economía en recesión, como la turca, que debe reactivar la aprobación del gobierno en su mercado político interno, pero también asumir los costos de su política exterior expansionista. A su vez, Rusia tiene problemas internos no menos graves, con la caída del apoyo a Putin, que por primera vez registró descensos preocupantes, así como las difíciles relaciones con una oposición cada vez mayor. En política exterior, la cuestión bielorrusa preocupa mucho al Kremlin, ya probado por el compromiso en Siria que no ha despertado entusiasmo entre la población y la cuestión de los territorios rusos en Ucrania, que amenaza con repercusiones diplomáticas cada vez más significativas. Teniendo en cuenta estos elementos, la elección de Turquía de apoyar, si no iniciar, el conflicto de Nagorno Karabaj puede identificarse como un elemento estratégico dentro de una dialéctica que no siempre es inequívoca, pero que parece querer verificar las verdaderas intenciones rusas en la región. No hay que olvidar que las relaciones entre los dos países atraviesan cada vez más fases de acercamiento y separación repentinos, según conveniencia mutua, que a menudo aparecen en contraposición. Se ha comprobado que Turquía, miembro de la Alianza Atlántica, ha comprado, contra la voluntad de la propia Alianza Atlántica, aparatos de defensa rusos en abierto conflicto con las políticas y directivas de Bruselas; pero luego se puso del lado del régimen sirio apoyado por los rusos, porque es chiíta, pero no solo, por apoyar a los fundamentalistas islámicos sunitas, también se utiliza contra los kurdos, los principales aliados de los estadounidenses contra el Estado Islámico. Sin embargo, las reiteradas violaciones de los intereses de la Alianza Atlántica no han producido ninguna reacción contra Ankara, que se sintió autorizada a seguir el camino de la arrogancia y la violación del derecho internacional, prácticamente sin sanciones de la comunidad internacional. Actualmente, el campo de batalla de Nagorno Karabaj destaca una vez más cómo es necesario frenar a Turquía, comenzando con sanciones económicas muy severas para limitar su rango de acción, también porque las consecuencias, aunque graves del conflicto actual, pueden agravarse aún más. , si la guerra puede convertirse en un choque regional a las puertas de Europa, pero también en la frontera iraní, con un compromiso directo de que Rusia no podrá posponerlo por mucho más tiempo si la situación no se estabiliza, incluso mediante el abandono de la presencia de Ankara .