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lunedì 17 maggio 2021

يجب أن يصبح بايدن بطلًا في القضية الإسرائيلية الفلسطينية

 تمثل مطالب اليسار من الحزب الديمقراطي ، تجاه رئيس الولايات المتحدة ، بموقف مختلف تجاه إسرائيل ، حداثة على المستوى المؤسسي ، بسبب الأهمية المتزايدة للحزب والمساهمة المقدمة لانتخاب بايدن. إلى أعلى منصب أمريكي. إنها حداثة مؤسسية بسبب الوجود الكبير لليسار في البرلمان ، لكنها ليست جديدة في الجدل السياسي الأمريكي ، لأن حصة اجتماعية كبيرة من الناخبين الديمقراطيين تحدثوا دائمًا ضد العنف من كلا الجانبين ، ولكن بشكل خاص. الاهتمام بإسرائيل ، بسبب عدم الامتثال للاتفاقيات ، ورفض حل الدولتين ، والعنف الذي أدى في كثير من الأحيان إلى وقوع إصابات في صفوف المدنيين. ومع ذلك ، وجد بايدن نفسه في وضع خلقه ترامب ، والذي كان يعيش حياة سهلة بسبب عدم وجود قيود تركها أوباما. فضل الرئيس الأمريكي السابق العلاقة مع نتنياهو ، على الصعيدين الشخصي والسياسي ، وتوجيه السياسة الأمريكية بطريقة غير متوازنة تمامًا تجاه إسرائيل ، وإضفاء شرعيته على المستوطنات في المستوطنات والاعتراف بالقدس عاصمة لدولة إسرائيل. إن أزمة السياسة الإسرائيلية التي لم تحل ، والتي يجب أن تلجأ باستمرار إلى انتخابات تظل نتائجها دون تغيير ولا تسمح بحل للوضع ، لا تساعد الدولة ، وكذلك حلفاؤها ، حيث تظل الولايات المتحدة هي الرئيس ، حتى بعد التغيير. في البيت الأبيض. نتنياهو سياسي عديم الضمير ويستخدم الوضع الحالي لمنع طرده من قبل الحكومة والارتباك بسبب وضع قضائي معرض للخطر بشكل متزايد. بايدن ، بالفعل في نواياه خلال الانتخابات ، ارتكب نفس خطأ أوباما: اعتبار الالتزام في جنوب شرق آسيا أكثر أهمية واستراتيجية ، من وجهة نظر جيوسياسية واقتصادية ، وإهمال الاهتمام بالوضع في الشرق الأوسط وبالتالي جعل خطأ كبير في التقييم. لقد أثار القمع الإسرائيلي ضد قطاع غزة التزامًا ماليًا إيرانيًا أكبر ، مما يسمح للجماعة الإرهابية بامتلاك أسلحة متطورة ، كما ثبت في الأيام الأخيرة ، وقبل كل شيء ، حقيقة أنها أصبحت تحت نفوذ طهران. إن موقف إسرائيل يضغط على العالم السني نتيجة للنشاط التركي: أنقرة ، على الرغم من أنها جزء من الحلف الأطلسي ، تتحرك بشكل مستقل مع أهداف غالبًا ما تتعارض مع المصالح الغربية. تؤكد أوروبا ضعفها السياسي ويبدو أن قادتها مرتبكون وملتزمون بتصريحات البراغماتية المحضة. وبالتالي فإن الصورة العامة ليست الأفضل بالنسبة لرئيس الولايات المتحدة ، ولكن الوضع ، على وجه التحديد لأنه غير مؤكد للغاية ، يجبر القوة العالمية الأولى على اتخاذ موقف واضح وغير متردد: إنه عمل ضروري أمام المجتمع الدولي. سيناريو ، ولكن أيضًا استجابة لضغوط جزء كبير وذو صلة سياسية من حزبه ، والذي يشمل أيضًا جزءًا من الوسط. في الولايات المتحدة ، اعتراف إسرائيل بالمواطنين الأمريكيين بالديانة اليهودية آخذ في التراجع ، وهذا قد يعزز قناعة أكبر تجاه عمل قادر على حماية حقوق كلا الطرفين وتفترض إدانة دائمة للعنف الذي يشمل المدنيين. ما يفتقر إليه بايدن حتى الآن هو عمل دبلوماسي قادر على تجاوز المحاورين المعتادين ، ولكنه قادر على إشراك حماس أيضًا ، والتي على الرغم من اعتبارها منظمة إرهابية متورطة بشكل مباشر في الصراع. يجب أن تظل تداعيات القضية الإسرائيلية الفلسطينية مركزية في السياسة الأمريكية ، على وجه التحديد لمنع المواقف المماثلة لتلك التي شهدتها سوريا ومؤخرًا في تركيا ، حيث سمح الغياب الأمريكي بوصول أبطال جدد ، قادرين على تغيير الهياكل والتوازنات الإقليمية. . يتعارض عمل إيران وتركيا وروسيا مع المصالح الأمريكية والغربية ، وعلى المدى الطويل مع الإسرائيليين والفلسطينيين أنفسهم. إعادة إطلاق حل الدولتين ، من خلال الضغط على تل أبيب لحملها على الامتثال للاتفاقيات ووضع حد لسياسة الاستيطان وعدم احترام المواطنين العرب في دولة إسرائيل ، يظل أكبر ضمان لنزع فتيله. حماس ومن يمولها ومنحها الاستقرار أخيراً للمنطقة. بعد كل شيء ، هو بالتحديد بين يهود العالم الذين يؤيدون هذا الحل آخذًا في الازدياد ، وإذا عرف بايدن كيفية تفسيره ، فسيكون قادرًا على أن يكتب في منهجه نتيجة لم تتحقق حتى الآن والتي ستكون العامل الأكثر أهمية. في السياسة الخارجية لعمله الرئاسي.

martedì 11 maggio 2021

I motivi della crisi di Gerusalemme est

 Ci sono una serie di fattori concomitanti che concorrono all’attuale situazione di tensione presente a Gerusalemme est; la presenza di cause che contribuiscono ad alimentare lo stato attuale è presente in maniera maggiore all’interno della parte israeliana, ma anche in quella palestinese vi sono elementi che contribuiscono a dare instabilità all’intera questione. Partendo dalle cause israeliane appare impossibile non considerare le principali responsabilità della crescita politica ed anche elettorale dell’estrema destra nazionalista, che ha fatto del proprio programma di rendere la nazione israeliana uno stato ebraico uno strumento di forzatura all’interno del dialogo politico del paese; dialogare con questa parte politica appare impossibile, se non con l’intento di usarla in maniera funzionale ai propri scopi e, quindi, cedendo di fronte alle sue richieste per assicurarsene l’appoggio. Questa strategia politica è stata alla base dell’azione di Netanyahu, che l’ha usata senza troppi scrupoli, pur, talvolta non condividendo del tutto l’impostazione della destra nazionalista, per arrivare al suo scopo fondamentale: quello di restare al potere in ogni modo. Visto da questa angolazione, il fatto di avere sacrificato i residenti arabi, legittimi abitanti delle colonie occupate, e, quindi, la soluzione dei due stati, mai del tutto ufficialmente negata, e, di conseguenza, la pace e la stabilità del paese, conferma la sua mancanza di scrupoli e l’inadeguatezza di governare un paese al centro delle grandi questioni internazionali. Si deve anche considerare il fatto contingente della attuale situazione giudiziaria di Netanyahu: essere sotto inchiesta per corruzione, frode ed abuso d’ufficio, rende necessario spostare l’attenzione dell’opinione pubblica da queste questioni legali e dal fatto che l’ex premier non è stato in grado di formare il nuovo governo, rendendo evidente la sua responsabilità del continuo stato di paralisi della politica israeliana: l’aumento delle tensioni nei territori occupati e la centralità della questione di Gerusalemme est, sono considerate ottimi strumenti per operare la distrazione di massa. Nella disputa su Gerusalemme est vi è anche un grande assente: la società israeliana nel suo complesso, restia a prendere posizione e schierarsi contro le azioni provocatorie del governo di Netanyahu, rivelando, così, una certa assuefazione alla politica di omologazione operata dalla retorica della destra nazionalista ed in generale dalla tendenza degli ultimi governi israeliani; ben diverse sono state le reazioni delle chiese ortodosse e cristiane, che hanno condannato fermamente le repressioni e gli sfratti che hanno dovuto subire le famiglie palestinesi allontanate da Gerusalemme est. Pur non potendo essere inquadrate all’interno della dialettica della politica israeliana, in questo momento le leadership cristiane ed ortodosse rappresentano la voce contraria più autorevole all’operato del governo di Tel Aviv, presente in Israele. La situazione attuale sembra ricalcare quello già accaduto con l’inizio della seconda intifada, causata dall’atteggiamento provocatorio di Sharon, che ha molte analogie con quello attuale di Netanyahu. La considerazione politica più importante da fare è che se l’espropriazione del quartiere palestinese di Gerusalemme est avrà successo, la conseguenza immediata sarà la fine della possibilità della soluzione della formula dei due stati, mentre dal punto di vista legale l’azione israeliana è ancora una volta una violazione del diritto internazionale ed occorre chiedersi fino a quando la comunità internazionale intenderà non chiedere conto a Tel Aviv delle sue azioni. Da parte palestinese la mancanza più grave è stata quella di Abu Mazen e della sua parte politica di reprimere ogni dissenso, fino ad arrivare al rinvio delle elezioni per non perderle, le consultazioni elettorali palestinesi non hanno luogo da 15 anni e ciò ha impedito una normale dialettica politica tra le varie componenti palestinesi, obbligando a rivolgere il dissenso arabo soltanto contro Israele. Dal punto di vista della politica internazionale l’attuale questione rischia di ricompattare il mondo sunnita, che ha ripreso a dialogare cercando di superare le rispettive diffidenze: l’attivismo del ministro degli esteri turco ha permesso la ripresa del dialogo della Turchia con l’Arabia Saudita e con l’Egitto, malgrado le profonde differenze di visuale ed un argomento al centro dei colloqui sarà senz’altro stato la questione palestinese, che rischia di tornare prepotentemente alla ribalta, anche come fattore di coesione ulteriore del mondo sunnita: un elemento in più di preoccupazione sia per gli USA, troppo silenti fino ad ora, e per lo stesso Israele, che rischia un peggioramento dei rapporti con l’Arabia.

The reasons for the East Jerusalem crisis

 There are a number of concomitant factors that contribute to the current tense situation in East Jerusalem; the presence of causes that contribute to fueling the current state is present to a greater extent within the Israeli side, but also in the Palestinian side there are elements that contribute to making the whole question unstable. Starting from Israeli causes, it seems impossible not to consider the main responsibilities of the political and even electoral growth of the nationalist far right, which has made its program of making the Israeli nation a Jewish state an instrument of forcing within the country’s political dialogue; dialogue with this political party appears impossible, if not with the intention of using it in a functional way for one's own purposes and, therefore, giving in to its requests to secure its support. This political strategy was the basis of Netanyahu's action, who used it without too many scruples, although sometimes not completely sharing the approach of the nationalist right, to reach his fundamental goal: to remain in power in every way. Seen from this angle, the fact of having sacrificed the Arab residents, legitimate inhabitants of the occupied colonies, and, therefore, the two-state solution, never completely officially denied, and, consequently, the peace and stability of the country, confirms his lack of scruples and the inadequacy of governing a country at the center of major international issues. We must also consider the contingent fact of Netanyahu's current judicial situation: being under investigation for corruption, fraud and abuse of office makes it necessary to shift public attention from these legal issues and the fact that the former premier does not was able to form the new government, making evident his responsibility for the continuous state of paralysis of Israeli politics: the increase in tensions in the occupied territories and the centrality of the issue of East Jerusalem, are considered excellent tools to operate the distraction of mass. There is also a great absentee in the dispute over East Jerusalem: Israeli society as a whole, reluctant to take a stand and take a stand against the provocative actions of the Netanyahu government, thus revealing a certain addiction to the homologation policy operated by the rhetoric of the right. nationalist and in general by the tendency of the last Israeli governments; The reactions of the Orthodox and Christian churches were quite different, which strongly condemned the repressions and evictions that Palestinian families displaced from East Jerusalem had to endure. Although they cannot be framed within the dialectic of Israeli politics, at this moment the Christian and Orthodox leadership represent the most authoritative voice against the work of the Tel Aviv government, present in Israel. The current situation seems to follow what already happened with the start of the second intifada, caused by Sharon's provocative attitude, which has many similarities with Netanyahu's current one. The most important political consideration to make is that if the expropriation of the Palestinian neighborhood of East Jerusalem is successful, the immediate consequence will be the end of the possibility of the solution of the two-state formula, while from a legal point of view Israeli action is still once a violation of international law and we must ask ourselves how long the international community intends not to ask Tel Aviv to account for its actions. On the Palestinian side, the most serious failure was that of Abu Mazen and his political side to repress all dissent, up to the postponement of the elections so as not to lose them, the Palestinian elections have not taken place for 15 years and this has prevented a normal political dialectic between the various Palestinian components, forcing Arab dissent to be directed only against Israel. From the point of view of international politics, the current issue risks reuniting the Sunni world, which has resumed dialogue trying to overcome their respective mistrust: the activism of the Turkish foreign minister has allowed Turkey to resume dialogue with Arabia. Saudi and with Egypt, despite the profound differences of view and a topic at the center of the talks will undoubtedly have been the Palestinian question, which risks coming back strongly to the fore, also as a factor of further cohesion of the Sunni world: an element in more of concern is for the USA, too silent until now, and for Israel itself, which risks a worsening of relations with Arabia.

Las razones de la crisis de Jerusalén Este

 Hay una serie de factores concomitantes que contribuyen a la tensa situación actual en Jerusalén Oriental; la presencia de causas que contribuyen a avivar el estado actual está presente en mayor medida dentro del lado israelí, pero también en el lado palestino hay elementos que contribuyen a hacer inestable toda la cuestión. Partiendo de las causas israelíes, parece imposible no considerar las principales responsabilidades del crecimiento político e incluso electoral de la extrema derecha nacionalista, que ha hecho de su programa de hacer de la nación israelí un estado judío un instrumento de forzamiento dentro del diálogo político del país; el diálogo con este partido político parece imposible, si no con la intención de utilizarlo de manera funcional para los propios fines y, por tanto, cediendo a sus solicitudes para conseguir su apoyo. Esta estrategia política fue la base de la acción de Netanyahu, quien la utilizó sin demasiados escrúpulos, aunque a veces sin compartir del todo el enfoque de la derecha nacionalista, para alcanzar su propósito fundamental: mantenerse en el poder en todos los sentidos. Visto desde este ángulo, el hecho de haber sacrificado a los residentes árabes, habitantes legítimos de las colonias ocupadas, y, por tanto, la solución biestatal, nunca negada del todo oficialmente y, en consecuencia, la paz y estabilidad del país, confirma su la falta de escrúpulos y la insuficiencia de gobernar un país en el centro de los grandes problemas internacionales. También debemos considerar el hecho contingente de la situación judicial actual de Netanyahu: estar bajo investigación por corrupción, fraude y abuso de poder hace necesario desviar la atención pública de estos problemas legales y el hecho de que el ex primer ministro no pudo formar el El nuevo gobierno, haciendo evidente su responsabilidad por el continuo estado de parálisis de la política israelí: el aumento de las tensiones en los territorios ocupados y la centralidad del tema de Jerusalén Este, se consideran excelentes herramientas para operar la distracción de masas. También hay un gran ausente en la disputa por Jerusalén Este: la sociedad israelí en su conjunto, reacia a tomar posición y tomar posición frente a las acciones provocadoras del gobierno de Netanyahu, revelando así una cierta adicción a la política de homologación operada por la retórica de derecha, nacionalista y en general de la tendencia de los últimos gobiernos israelíes; Las reacciones de las iglesias ortodoxa y cristiana han sido bastante diferentes y han condenado enérgicamente las represiones y los desalojos que han sufrido las familias palestinas desplazadas de Jerusalén Oriental. Aunque no pueden enmarcarse dentro de la dialéctica de la política israelí, en este momento el liderazgo cristiano y ortodoxo representan la voz más autorizada contra el trabajo del gobierno de Tel Aviv, presente en Israel. La situación actual parece seguir lo que ya sucedió con el inicio de la segunda intifada, provocada por la actitud provocadora de Sharon, que tiene muchas similitudes con la actual de Netanyahu. La consideración política más importante a hacer es que si la expropiación del vecindario palestino de Jerusalén Este tiene éxito, la consecuencia inmediata será el fin de la posibilidad de solución de la fórmula de dos estados, mientras que desde un punto de vista legal Israel La acción sigue siendo una vez una violación del derecho internacional y debe preguntarse durante cuánto tiempo la comunidad internacional tiene la intención de no pedirle a Tel Aviv sus acciones. Por el lado palestino, el fracaso más grave fue el de Abu Mazen y su lado político para reprimir toda la disidencia, hasta el aplazamiento de las elecciones para no perderlas, las elecciones palestinas no se han celebrado durante 15 años y esto ha impidió una dialéctica política normal entre los diversos componentes palestinos, lo que obligó a la disidencia árabe a dirigirse únicamente contra Israel. Desde el punto de vista de la política internacional, el tema actual corre el riesgo de reunir al mundo sunita, que ha reanudado el diálogo tratando de superar sus respectivas desconfianzas: el activismo del canciller turco ha permitido a Turquía reanudar el diálogo con Arabia. Arabia Saudita y con Egipto, a pesar de las profundas diferencias de opinión y un tema en el centro de las conversaciones, sin duda habrá sido la cuestión palestina, que corre el riesgo de volver con fuerza a un primer plano, también como un factor de mayor cohesión del mundo sunita: un elemento de mayor preocupación es para Estados Unidos, demasiado silencioso hasta ahora, y para el propio Israel, que corre el riesgo de empeorar las relaciones con Arabia.

Die Gründe für die Ostjerusalem-Krise

 Es gibt eine Reihe von Begleitfaktoren, die zur aktuellen angespannten Situation in Ostjerusalem beitragen. Das Vorhandensein von Ursachen, die dazu beitragen, den gegenwärtigen Zustand zu befeuern, ist auf israelischer Seite in größerem Maße vorhanden, aber auch auf palästinensischer Seite gibt es Elemente, die dazu beitragen, die gesamte Frage instabil zu machen. Ausgehend von israelischen Gründen scheint es unmöglich, die Hauptverantwortung des politischen und sogar Wahlwachstums der rechtsextremen Nationalisten nicht zu berücksichtigen, was ihr Programm, die israelische Nation zu einem jüdischen Staat zu machen, zu einem Instrument gemacht hat, um den politischen Dialog des Landes zu forcieren. Ein Dialog mit dieser politischen Partei erscheint unmöglich, wenn nicht mit der Absicht, sie funktional für die eigenen Zwecke zu nutzen und daher ihren Forderungen nach Sicherung ihrer Unterstützung nachzugeben. Diese politische Strategie war die Grundlage für Netanjahus Vorgehen, das sie ohne allzu viele Skrupel einsetzte, obwohl es manchmal den Ansatz des nationalistischen Rechts nicht vollständig teilte, um sein grundlegendes Ziel zu erreichen: in jeder Hinsicht an der Macht zu bleiben. Unter diesem Gesichtspunkt bestätigt die Tatsache, die arabischen Bewohner, die legitimen Bewohner der besetzten Kolonien und damit die Zwei-Staaten-Lösung geopfert zu haben, die nie vollständig offiziell geleugnet wurde, und folglich den Frieden und die Stabilität des Landes, seine Mangel an Skrupeln und die Unzulänglichkeit, ein Land im Zentrum wichtiger internationaler Fragen zu regieren. Wir müssen auch die bedingte Tatsache der gegenwärtigen Rechtslage von Netanjahu berücksichtigen: Die Untersuchung wegen Korruption, Betrug und Amtsmissbrauch macht es erforderlich, die Aufmerksamkeit der Öffentlichkeit von diesen rechtlichen Fragen abzuwenden und die Tatsache, dass der frühere Ministerpräsident nicht in der Lage war, die Rechtsprechung zu bilden Die neue Regierung, die seine Verantwortung für den anhaltenden Zustand der Lähmung der israelischen Politik deutlich macht: Die Zunahme der Spannungen in den besetzten Gebieten und die zentrale Bedeutung der Frage Ostjerusalems gelten als hervorragende Instrumente, um die Ablenkung der Masse zu betreiben. Es gibt auch eine große Abwesenheit im Streit um Ostjerusalem: Die israelische Gesellschaft als Ganzes zögert, Stellung zu beziehen und sich gegen die provokativen Aktionen der Netanjahu-Regierung zu stellen, was eine gewisse Abhängigkeit von der von der Rhetorik betriebenen Homologationspolitik aufzeigt von rechts nationalistisch und allgemein von der Tendenz der letzten israelischen Regierungen; Die Reaktionen der orthodoxen und christlichen Kirche waren sehr unterschiedlich und haben die Repressionen und Vertreibungen, die palästinensische Familien, die aus Ostjerusalem vertrieben wurden, erlitten haben, scharf verurteilt. Obwohl sie nicht in die Dialektik der israelischen Politik eingebunden werden können, ist die christliche und orthodoxe Führung derzeit die maßgeblichste Stimme gegen die Arbeit der in Israel anwesenden Regierung von Tel Aviv. Die aktuelle Situation scheint dem zu folgen, was bereits mit dem Beginn der zweiten Intifada geschehen ist, verursacht durch Sharons provokative Haltung, die viele Ähnlichkeiten mit Netanyahus aktueller hat. Die wichtigste politische Überlegung ist, dass bei erfolgreicher Enteignung des palästinensischen Viertels Ostjerusalem die unmittelbare Folge das Ende der Möglichkeit der Lösung der Zwei-Staaten-Formel sein wird, während dies aus rechtlicher Sicht israelisch ist Maßnahmen sind immer noch ein Verstoß gegen das Völkerrecht, und es muss gefragt werden, wie lange die internationale Gemeinschaft beabsichtigt, Tel Aviv nicht um Maßnahmen zu bitten. Auf palästinensischer Seite war das schwerwiegendste Versagen von Abu Mazen und seiner politischen Seite, alle Meinungsverschiedenheiten bis zur Verschiebung der Wahlen zu unterdrücken, um sie nicht zu verlieren. Die palästinensischen Wahlen haben seit 15 Jahren nicht mehr stattgefunden, und dies ist der Fall verhinderte eine normale politische Dialektik zwischen den verschiedenen palästinensischen Komponenten und zwang den arabischen Dissens, sich nur gegen Israel zu richten. Aus Sicht der internationalen Politik besteht für das aktuelle Thema die Gefahr, die sunnitische Welt wieder zu vereinen, die den Dialog wieder aufgenommen hat, um ihr jeweiliges Misstrauen zu überwinden: Der Aktivismus des türkischen Außenministers hat es der Türkei ermöglicht, den Dialog mit Arabien, Saudi-Arabien und Ägypten wieder aufzunehmen. Trotz der tiefgreifenden Meinungsverschiedenheiten und eines Themas im Zentrum der Gespräche wird zweifellos die palästinensische Frage gewesen sein, die möglicherweise auch als Faktor für den weiteren Zusammenhalt der sunnitischen Welt wieder in den Vordergrund tritt: ein Element, das mehr Anlass zur Sorge gibt ist für die USA bis jetzt zu still und für Israel selbst, was eine Verschlechterung der Beziehungen zu Arabien riskiert.

Les raisons de la crise de Jérusalem-Est

 Un certain nombre de facteurs concomitants contribuent à la situation tendue actuelle à Jérusalem-Est; la présence de causes qui contribuent à alimenter l'état actuel est plus présente du côté israélien, mais aussi du côté palestinien il y a des éléments qui contribuent à rendre toute la question instable. Partant des causes israéliennes, il semble impossible de ne pas considérer les principales responsabilités de la croissance politique et même électorale de l’extrême droite nationaliste, qui a fait de son programme de faire de la nation israélienne un État juif un instrument de forçage dans le dialogue politique du pays; le dialogue avec ce parti politique apparaît impossible, sinon avec l'intention de l'utiliser de manière fonctionnelle à ses propres fins et donc de céder à ses demandes pour obtenir son soutien. Cette stratégie politique a été à la base de l'action de Netanyahu, qui l'a utilisée sans trop de scrupules, bien que parfois ne partageant pas complètement l'approche de la droite nationaliste, pour atteindre son objectif fondamental: rester au pouvoir en tous points. Vu sous cet angle, le fait d'avoir sacrifié les résidents arabes, habitants légitimes des colonies occupées, et, par conséquent, la solution à deux États, jamais complètement niée officiellement, et, par conséquent, la paix et la stabilité du pays, confirme sa manque de scrupules et insuffisance de gouverner un pays au centre des grands enjeux internationaux. Nous devons également tenir compte du fait contingent de la situation judiciaire actuelle de Netanyahu: faire l'objet d'une enquête pour corruption, fraude et abus de pouvoir oblige à détourner l'attention du public de ces questions juridiques et du fait que l'ancien Premier ministre n'a pas été en mesure de former le nouveau gouvernement, mettant en évidence sa responsabilité dans l'état continu de paralysie de la politique israélienne: l'augmentation des tensions dans les territoires occupés et la centralité de la question de Jérusalem-Est, sont considérés comme d'excellents outils pour opérer la distraction de masse. Il y a aussi un grand absent dans le différend sur Jérusalem-Est: la société israélienne dans son ensemble, réticente à prendre position et à prendre position contre les actions provocatrices du gouvernement Netanyahu, révélant ainsi une certaine addiction à la politique d'homologation opérée par la rhétorique de la droite, nationaliste et en général de la tendance des derniers gouvernements israéliens; Les réactions des Églises orthodoxe et chrétienne ont été très différentes et ont fermement condamné les répressions et les expulsions subies par les familles palestiniennes déplacées de Jérusalem-Est. Bien qu'ils ne puissent pas être encadrés dans la dialectique de la politique israélienne, en ce moment, les dirigeants chrétiens et orthodoxes représentent la voix la plus autoritaire contre le travail du gouvernement de Tel Aviv, présent en Israël. La situation actuelle semble suivre ce qui s'est déjà produit avec le début de la deuxième Intifada, causée par l'attitude provocatrice de Sharon, qui présente de nombreuses similitudes avec l'actuelle de Netanyahu. La considération politique la plus importante à faire est que si l'expropriation du quartier palestinien de Jérusalem-Est réussit, la conséquence immédiate sera la fin de la possibilité de la solution de la formule à deux États, alors que d'un point de vue juridique, Israël l'action est encore une fois une violation du droit international et il faut se demander combien de temps la communauté internationale entend ne pas demander à Tel-Aviv ses actions. Du côté palestinien, l'échec le plus grave a été celui d'Abou Mazen et de son côté politique à réprimer toute dissidence, jusqu'au report des élections pour ne pas les perdre, les élections palestiniennes n'ont pas eu lieu depuis 15 ans et cela empêché une dialectique politique normale entre les différentes composantes palestiniennes, forçant la dissidence arabe à être dirigée uniquement contre Israël. Du point de vue de la politique internationale, la question actuelle risque de réunir le monde sunnite, qui a repris le dialogue en tentant de surmonter leur méfiance respective: l'activisme du ministre turc des Affaires étrangères a permis à la Turquie de reprendre le dialogue avec l'Arabie. L'Arabie saoudite et avec l'Égypte, malgré les profondes divergences de vues et un sujet au centre des discussions aura sans aucun doute été la question palestinienne, qui risque de revenir fortement sur le devant de la scène, également comme facteur de cohésion accrue du monde sunnite: un élément de plus en plus préoccupant est pour les USA, trop silencieux jusqu'à présent, et pour Israël lui-même, qui risque une détérioration des relations avec l'Arabie.

As razões para a crise de Jerusalém Oriental

 Há uma série de fatores concomitantes que contribuem para a atual situação tensa em Jerusalém Oriental; a presença de causas que contribuem para alimentar o estado atual está presente em maior medida no lado israelense, mas também no lado palestino há elementos que contribuem para tornar toda a questão instável. Partindo de causas israelenses, parece impossível não considerar as principais responsabilidades do crescimento político e mesmo eleitoral da extrema direita nacionalista, que fez do seu programa de fazer da nação israelense um Estado judeu um instrumento de forçar o diálogo político do país; o diálogo com este partido político parece impossível, senão com o intuito de o utilizar de forma funcional para os seus próprios fins e, por conseguinte, ceder aos seus pedidos para obter o seu apoio. Esta estratégia política foi a base da ação de Netanyahu, que a utilizou sem muitos escrúpulos, embora às vezes não compartilhasse totalmente da abordagem da direita nacionalista, para alcançar seu objetivo fundamental: permanecer no poder em todos os sentidos. Visto por este ângulo, o fato de ter sacrificado os residentes árabes, legítimos habitantes das colônias ocupadas, e, portanto, a solução de dois estados, nunca totalmente negada oficialmente, e, conseqüentemente, a paz e a estabilidade do país, confirma sua falta de escrúpulos e inadequação de governar um país no centro das grandes questões internacionais. Devemos também considerar o fato contingente da atual situação judicial de Netanyahu: estar sob investigação por corrupção, fraude e abuso de cargo torna necessário desviar a atenção do público dessas questões jurídicas e do fato de que o ex-premier não foi capaz de formar o Novo governo, deixando evidente sua responsabilidade pelo contínuo estado de paralisia da política israelense: o aumento das tensões nos territórios ocupados e a centralidade da questão de Jerusalém Oriental, são considerados excelentes instrumentos para operar a distração das massas. Também há um grande ausente na disputa por Jerusalém Oriental: a sociedade israelense como um todo, relutante em se posicionar e se posicionar contra as ações provocativas do governo de Netanyahu, revelando um certo vício na política de homologação operada pela retórica da direita, nacionalista e em geral da tendência dos últimos governos israelenses; As reações das igrejas Ortodoxa e Cristã foram bem diferentes e condenaram veementemente as repressões e despejos sofridos pelas famílias palestinas deslocadas de Jerusalém Oriental. Embora não possam ser enquadrados na dialética da política israelense, neste momento a liderança cristã e ortodoxa representam a voz mais autorizada contra o trabalho do governo de Tel Aviv, presente em Israel. A situação atual parece seguir o que já aconteceu com o início da segunda intifada, causada pela atitude provocativa de Sharon, que tem muitas semelhanças com a atual de Netanyahu. A consideração política mais importante a fazer é que se a expropriação da vizinhança palestina de Jerusalém Oriental for bem-sucedida, a consequência imediata será o fim da possibilidade de solução da fórmula dos dois Estados, enquanto do ponto de vista jurídico israelense ação ainda é uma vez uma violação do direito internacional e deve-se perguntar por quanto tempo a comunidade internacional pretende não pedir a Tel Aviv por suas ações. Do lado palestino, o fracasso mais grave foi o de Abu Mazen e seu lado político em reprimir todos os dissidentes, até o adiamento das eleições para não perdê-las, as eleições palestinas não acontecem há 15 anos e isso tem evitou uma dialética política normal entre os vários componentes palestinos, forçando a dissidência árabe a ser dirigida apenas contra Israel. Do ponto de vista da política internacional, a questão atual corre o risco de reunir o mundo sunita, que retomou o diálogo tentando superar suas respectivas desconfianças: o ativismo do chanceler turco permitiu à Turquia retomar o diálogo com a Arábia. Saudita e com o Egito, apesar das profundas divergências e um tema central das conversações terá, sem dúvida, sido a questão palestina, que corre o risco de voltar fortemente ao primeiro plano, também como um fator de maior coesão do mundo sunita: um elemento de maior preocupação é para os EUA, até agora muito silencioso, e para o próprio Israel, o que corre o risco de piorar as relações com a Arábia.