وبحسب ما أفادت به صحيفة "واشنطن بوست" الأمريكية ، حثت إدارة البيت الأبيض بشكل غير رسمي المسؤول التنفيذي في كييف على إظهار وجودها حتى تتمكن أوكرانيا من بدء مسار قد يؤدي إلى محادثات مع الحكومة الروسية. وفقًا للسلطة التنفيذية الأمريكية ، هناك خطر حقيقي على الدولة الأوكرانية من فقدان دعم ومساعدة الدول الأخرى ؛ وفقًا لبعض المحللين ، فإن استجداء الولايات المتحدة ما هو إلا تمهيدا لانخفاض محتمل في حجم المساعدات ، خاصة العسكرية ، تحسبا للتغييرات المحتملة في الهياكل والتوجهات السياسية لبعض الدول وكذلك الولايات المتحدة نفسها ، والتي مع الانتخابات النصفية ، يمكن أن تغير تكوين السلطة التشريعية. إلى جانب المخاوف السياسية ، هناك أيضًا مخاوف ذات طبيعة اقتصادية ، بسبب التكاليف الناجمة عن الحرب وإطالة أمدها ، خاصة في قطاع الطاقة ، ولكن ليس فقط: في الواقع ، إذا أثرت تكاليف الإنتاج المرتفعة على اتجاه النمو في البلدان غنية ، في البلدان الفقيرة يرتبط القلق بنقص الغذاء الناجم عن منع صادرات القمح الأوكراني. في الوقت الحالي ، لا تزال هذه الاتجاهات ، على الرغم من ظهورها ، أقلية ، لكن الصعوبات الاقتصادية ، جنبًا إلى جنب مع التغيير في اتجاه بعض الحكومات ، على الرغم من الإنكار ، يمكن أن تفضي إلى انخفاض المساعدة في السلاح ، أيضًا باسم فكرة سلمية مشوهة ، لأنه بشكل غير مباشر موات بشكل واضح لموسكو. لكن حتى الآن ، لم يُظهر الرئيس الأوكراني نفسه على استعداد لتغيير موقفه من الإغلاق التام ما لم يكن مضطرًا للتعامل مع حكومة روسية جديدة ، تم تشكيلها بعد الإطاحة ببوتين ؛ يبدو هذا الاحتمال بعيدًا جدًا ، إن لم يكن بعيد المنال تمامًا ، بسبب السيطرة الحديدية التي يحتفظ بها الرئيس الروسي على الجهاز البيروقراطي والحكومي لروسيا. ومع ذلك ، فإن الموقف الأوكراني مفهوم: لقد تم غزو البلاد وقصفها وجرها إلى صراع أدى إلى الموت والدمار داخل أراضيها ، وفقدت أجزاء كبيرة منه ؛ لا تتعلق الظروف في كييف برفض التفاوض مع مستأجر الكرملين فحسب ، بل تشمل أيضًا الانسحاب وعودة الأراضي المحتلة مع تعويض مناسب عن الأضرار التي لحقت بالأعمال العسكرية الروسية. بوتين نفسه ، الذي أظهر نوايا حسنة ، بالكلمات ، بشأن إمكانية التفاوض ، يحافظ على موقف مخالف تمامًا لموقف كييف ويدعي ، كنقطة انطلاق ، الحفاظ على الأراضي التي تم احتلالها وضمها مع الاستفتاءات الزائفة ومغادرة البلاد. الحدود الحالية دون تغيير. يبدو أن الوضع لا مخرج منه ، والمواقف متضاربة للغاية ، ومع ذلك ، فإن مجرد بدء الحديث عن الحوار ، حتى لو كان مستحيلًا في الوقت الحالي ، يمكن أن يعني القليل من الأمل. إذا كانت أوكرانيا بحاجة إلى كل الدعم الذي يمكنها الحصول عليه ، فقد أظهرت مع ذلك أنها تتمتع بتصميم أكبر من القوات المسلحة الروسية وأجبرت موسكو على استنفاد ترسانتها عمليًا ، والتي تحتاج إلى إعادة تشكيل ؛ الوضع الداخلي للدولة الروسية ليس هو الأفضل: الأزمة الاقتصادية والاستياء ، بينما لا يؤديان إلى احتجاجات كبيرة ، لا يسمحان بتكوين قوة قتالية بقناعة مساوية لتلك الموجودة في أوكرانيا ، هذه الحرب لا يشعر بها يملكها الشعب الروسي ، الذي يتجاهلها أو يقبلها بالاستقالة. هذه العناصر ، جنبًا إلى جنب مع حقيقة أن الكرملين بدأ يتعرض لضغوط من الصين ، في مقابل استمرار الصراع الذي يضغط على النمو الاقتصادي العالمي وبالتالي الصادرات الصينية أيضًا ، تشير إلى أن مسار الحوار قد يكون أكثر ترجيحًا منه. هو.الظروف الحالية تسمح لتطور إيجابي. يجب أن يكون إيقاف الأسلحة هو الخطوة الأولى الضرورية ، لكن هذا لن يكون كافياً إذا لم يتم إنشاء شبكة عالمية قادرة على جعل الجانبين ينسحبان من مواقعهما ، ومع ذلك ، دائمًا ، مع الأخذ في الاعتبار أسباب أوكرانيا التي هي البلد الذي هو عليه. تم مهاجمته. تحتاج روسيا إلى إدراك أنها دولة معزولة بشكل متزايد ، وفي هذا الصدد سيكون عمل بكين أساسيًا ، وهو ما دعم موسكو سياسيًا حتى الآن: إذا حدث ذلك ، فسيتعين على بوتين قبول تقليص حجمها على المستوى الدولي ، والذي لا يمكن إلا أن يكون كذلك. تعافى من خلال الرضوخ للجبهة.لمطالب كييف. الطريق ليس سهلاً ولا حتى قصيرًا ، لكن في الوقت الحالي ، يبدو أنه السبيل الوحيد للذهاب.
Blog di discussione su problemi di relazioni e politica internazionale; un osservatorio per capire la direzione del mondo. Blog for discussion on problems of relations and international politics; an observatory to understand the direction of the world.
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martedì 8 novembre 2022
giovedì 3 novembre 2022
L'Iran potrebbe attaccare paesi stranieri per distogliere l'attenzione dai suoi problemi interni
Lo stato di allerta mondiale potrebbe presto vedere affiancato allo scenario di guerra del fronte ucraino, anche un potenziale conflitto che coinvolgerebbe Iran, Arabia Saudita, Iraq e gli Stati Uniti. Teheran, alle prese con una delle più gravi interne della storia della repubblica islamica, a causa della morte di una sua cittadina, di origine del Kurdistan, conseguente all’arresto da parte della polizia religiosa, per avere indossato il velo in modo non corretto, avrebbe individuato in una azione militare il metodo per potere distrarre l’opinione pubblica interna dalle proteste in corso. Risulta chiaro che se ciò fosse vero, il regime teocratico disvelerebbe tutta la sua debolezza in un azzardo il cui risultato, oltre a non essere affatto scontato, potrebbe addirittura essere la causa dell’aumento delle manifestazioni di dissenso. Il governo iraniano ha più forte accusato l’Arabia Saudita, l’Iraq, gli stati europei, Israele e, naturalmente, gli Stati Uniti, di fomentare le proteste, che stanno aumentando sempre di più contro le regole imposte dal clero sciita. Nella regione del Kurdistan iraniano oltre la metà degli abitanti seguono le regole dell’islam sunnita, mentre nel Kurdistan irakeno i sunniti sono quasi la totalità: di fatto, quindi, sono nemici degli sciiti, di cui l’Iran si considera il principale rappresentante. Erbil, capitale del Kurdistan irakeno, è la sede di truppe USA ancora presenti in Iraq, ed è già stata oggetto, in passato, di attacchi iraniani tramite droni e missili, in un caso sventato proprio dagli stessi americani. Per ciò che riguarda l’Arabia Saudita, i rapporti tra i due stati sono da sempre compromessi a causa di motivi religiosi, in quanto Riyad è la massima rappresentante dei sunniti e Teheran degli sciiti ed entrambe rivendicano la supremazia religiosa nell’ambito del credo islamico. Nonostante Riyad e Washington abbiano avuto recentemente dei dissidi per la volontà saudita di ridurre la produzione del greggio, una decisione senza dubbio favorevole a Mosca, questa minaccia sta riavvicinando i due paesi, dopo una fase in cui il presidente Biden aveva espressamente affermato di volere effettuare una revisione dei rapporti bilaterali. Il pericolo di un attacco iraniano non permette agli USA di abbandonare i propri interessi strategici nella regione, incentrati sul presidio della politica antiterrorismo e della volontà di integrare sempre maggiormente Israele con i paesi dal Golfo. Washington ha già specificato pubblicamente, in caso di attacco iraniano non esiterà a rispondere direttamente in prima persona. La presa di posizione con le minacce iraniane segnano uno sviluppo ulteriore nell’alleanza tra Teheran e Mosca, dove l’Iran risulta sempre più impegnato a rifornire di armi il paese russo; tatticamente i droni di Teheran sono risultati fondamentali contro le difese ucraine ed ora la possibile fornitura di missili con gittata in grado di coprire 300 e 700 chilometri, potrebbe portare un vantaggio indiscutibile per Mosca, che, ormai, dispone di vettori troppo vecchi, imprecisi ed inefficaci. Questo fattore rischia di essere determinante per aumentare la spaccatura mondiale e l’ulteriore avversione degli USA verso il paese iraniano. In questo scenario dove il mondo appare sempre più diviso in blocchi, sarà interessante vedere come vorrà posizionarsi la Cina: se, da un lato, l’alleanza strategica con la Russia ha una funzione prettamente antiamericana, una espansione dei conflitti armati, significa una diminuzione della capacità di creare ricchezza a livello mondiale: un tema a cui Pechino è molto sensibile, per mantenere i propri livelli di crescita tali da assicurare un avanzamento del paese nella sua globalità. Un conflitto che possa coinvolgere paesi che sono compresi tra i maggiori produttori di petrolio, vuole dire uno stop praticamente sicuro per l’economia mondiale e con una contrazione notevole della capacità di spesa dei paesi più ricchi. Pechino, presumibilmente, dovrà abbandonare la sua avversione per gli USA ed impegnarsi in prima persona in negoziati, verso i quali ha finora mantenuto un atteggiamento troppo timido per non dare segni di debolezza nei confronti di Washington. Resta comunque la possibilità che la minaccia iraniana sia soltanto verbale e che Teheran non intenda mettere in pratica un uso delle armi da cui avrebbe tutto da perdere: infatti neppure questa soluzione sembra che possa essere in grado di distrarre un opinione pubblica mai così determinata, ed, anzi, un conflitto potrebbe solo peggiorare la percezione che i cittadini iraniani hanno del proprio governo; piuttosto il governo iraniano sembra volere distogliere più gli osservatori internazionali da quelli interni, ma così facendo favorisce la coalizzazione di esecutivi che non attraversavano reciproci momenti positivi, ottenendo un sempre maggiore isolamento.
Iran could attack foreign countries to divert attention from its internal problems
The state of global alert could soon see alongside the war scenario of the Ukrainian front, even a potential conflict involving Iran, Saudi Arabia, Iraq and the United States. Tehran, struggling with one of the most serious inmates in the history of the Islamic republic, due to the death of one of its citizens, of Kurdistan origin, following the arrest by the religious police, for wearing the veil incorrectly, he would have identified in a military action the method to be able to distract the internal public opinion from the protests in progress. It is clear that if this were true, the theocratic regime would reveal all its weakness in a gamble whose result, in addition to not being at all obvious, could even be the cause of the increase in the manifestations of dissent. The Iranian government has more strongly accused Saudi Arabia, Iraq, the European states, Israel and, of course, the United States, of fomenting protests, which are increasing more and more against the rules imposed by the Shiite clergy. In the Iranian Kurdistan region more than half of the inhabitants follow the rules of Sunni Islam, while in Iraqi Kurdistan the Sunnis are almost all: in fact, therefore, they are enemies of the Shiites, of which Iran considers itself the main representative. Erbil, the capital of Iraqi Kurdistan, is the seat of US troops still present in Iraq, and has already been the subject, in the past, of Iranian drone and missile attacks, in one case thwarted by the Americans themselves. As for Saudi Arabia, relations between the two states have always been compromised due to religious reasons, as Riyadh is the highest representative of the Sunnis and Tehran of the Shiites and both claim religious supremacy in the Islamic creed. . Although Riyadh and Washington have recently had disagreements over the Saudi desire to reduce crude oil production, a decision undoubtedly favorable to Moscow, this threat is bringing the two countries closer, after a phase in which President Biden had expressly stated that he wanted to carry out a review of bilateral relations. The danger of an Iranian attack does not allow the US to abandon its strategic interests in the region, centered on the defense of the anti-terrorism policy and the desire to integrate Israel more and more with the countries from the Gulf. Washington has already publicly specified, in the event of an Iranian attack it will not hesitate to respond directly in the first person. The stance with the Iranian threats marks a further development in the alliance between Tehran and Moscow, where Iran is increasingly committed to supplying the Russian country with weapons; tactically, the drones of Tehran were fundamental against the Ukrainian defenses and now the possible supply of missiles with a range capable of covering 300 and 700 kilometers, could bring an indisputable advantage for Moscow, which, by now, has too old, imprecise and ineffective. This factor is likely to be decisive for increasing the global divide and further US aversion to the Iranian country. In this scenario where the world appears increasingly divided into blocs, it will be interesting to see how China will want to position itself: if, on the one hand, the strategic alliance with Russia has a purely anti-American function, an expansion of armed conflicts means a decrease. the ability to create wealth worldwide: an issue to which Beijing is very sensitive, in order to maintain its growth levels such as to ensure the advancement of the country as a whole. A conflict that may involve countries that are included among the major oil producers, means a practically safe stop for the world economy and with a significant contraction in the spending power of the richest countries. Beijing, presumably, will have to abandon its aversion to the US and engage itself in negotiations, towards which it has so far maintained an attitude too shy not to show any signs of weakness towards Washington. However, the possibility remains that the Iranian threat is only verbal and that Tehran does not intend to put into practice a use of weapons from which it would have everything to lose: in fact, even this solution does not seem to be able to distract a public opinion that has never been so determined, and indeed, a conflict could only worsen the perception that Iranian citizens have of their own government; rather, the Iranian government seems to want to divert international observers more from internal ones, but in doing so it favors the coalition of executives who did not go through mutual positive moments, obtaining ever greater isolation.
Irán podría atacar países extranjeros para desviar la atención de sus problemas internos
El estado de alerta global podría verse próximamente junto al escenario bélico del frente ucraniano, incluso un potencial conflicto que involucre a Irán, Arabia Saudita, Irak y Estados Unidos. Teherán, luchando con uno de los reclusos más graves de la historia de la república islámica, por la muerte de uno de sus ciudadanos, de origen kurdistán, tras la detención por parte de la policía religiosa, por llevar el velo de forma incorrecta, se habría identificado en una acción militar el método para poder distraer a la opinión pública interna de las protestas en curso. Es claro que si esto fuera cierto, el régimen teocrático revelaría toda su debilidad en una apuesta cuyo resultado, además de no ser del todo evidente, podría ser incluso la causa del aumento de las manifestaciones de disidencia. El gobierno iraní ha acusado con más fuerza a Arabia Saudita, Irak, los estados europeos, Israel y, por supuesto, Estados Unidos, de fomentar las protestas, que aumentan cada vez más contra las normas impuestas por el clero chiíta. En la región del Kurdistán iraní más de la mitad de los habitantes siguen las reglas del islam sunita, mientras que en el Kurdistán iraquí los sunitas son casi todos: de hecho, por tanto, son enemigos de los chiítas, de los que Irán se considera el principal representante. Erbil, la capital del Kurdistán iraquí, es la sede de las tropas estadounidenses todavía presentes en Irak, y ya ha sido objeto, en el pasado, de ataques con misiles y drones iraníes, en un caso frustrados por los propios estadounidenses. En cuanto a Arabia Saudí, las relaciones entre ambos estados siempre han estado comprometidas por motivos religiosos, ya que Riad es el máximo representante de los sunitas y Teherán de los chiítas y ambos reivindican la supremacía religiosa en el credo islámico. Aunque Riad y Washington han tenido recientemente desacuerdos por el deseo saudí de reducir la producción de crudo, decisión sin duda favorable a Moscú, esta amenaza está acercando a ambos países, tras una fase en la que el presidente Biden había manifestado expresamente que quería llevar a cabo una revisión de las relaciones bilaterales. El peligro de un ataque iraní no permite que EE.UU. abandone sus intereses estratégicos en la región, centrados en la defensa de la política antiterrorista y la voluntad de integrar cada vez más a Israel con los países del Golfo. Washington ya ha precisado públicamente, en caso de ataque iraní no dudará en responder directamente en primera persona. La postura con las amenazas iraníes marca un nuevo desarrollo en la alianza entre Teherán y Moscú, donde Irán está cada vez más comprometido con el suministro de armas al país ruso; tácticamente, los drones de Teherán fueron fundamentales contra las defensas ucranianas y ahora el posible suministro de misiles con un alcance capaz de cubrir 300 y 700 kilómetros, podría traer una ventaja indiscutible para Moscú, que, a estas alturas, tiene demasiados viejos, imprecisos e ineficaces. . Es probable que este factor sea decisivo para aumentar la brecha global y aumentar la aversión de EE. UU. hacia el país iraní. En este escenario donde el mundo aparece cada vez más dividido en bloques, será interesante ver cómo China querrá posicionarse: si, por un lado, la alianza estratégica con Rusia tiene una función puramente antiamericana, una expansión de las fuerzas armadas conflictos significa una disminución de la capacidad de crear riqueza en todo el mundo: un tema al que Beijing es muy sensible, con el fin de mantener sus niveles de crecimiento como para asegurar el avance del país en su conjunto. Un conflicto que puede involucrar a países que se incluyen entre los principales productores de petróleo, significa un parón prácticamente seguro para la economía mundial y con una importante contracción del poder adquisitivo de los países más ricos. Pekín, presumiblemente, tendrá que abandonar su aversión hacia EE.UU. y entablar negociaciones, hacia las que hasta ahora ha mantenido una actitud demasiado tímida para no mostrar ningún signo de debilidad hacia Washington. Sin embargo, sigue existiendo la posibilidad de que la amenaza iraní sea sólo verbal y que Teherán no pretenda poner en práctica un uso de las armas en el que tendría todas las de perder: de hecho, ni siquiera esta solución parece poder distraer a un una opinión pública que nunca ha estado tan decidida y, de hecho, un conflicto solo podría empeorar la percepción que los ciudadanos iraníes tienen de su propio gobierno; más bien, el gobierno iraní parece querer desviar más a los observadores internacionales de los internos, pero al hacerlo favorece a la coalición de ejecutivos que no pasaron por momentos positivos mutuos, obteniendo un aislamiento cada vez mayor.
Der Iran könnte fremde Länder angreifen, um die Aufmerksamkeit von seinen internen Problemen abzulenken
Der globale Alarmzustand könnte neben dem Kriegsszenario an der ukrainischen Front bald sogar einen potenziellen Konflikt zwischen Iran, Saudi-Arabien, dem Irak und den Vereinigten Staaten sehen. Teheran, der mit einem der schwersten Insassen in der Geschichte der Islamischen Republik zu kämpfen hat, wegen des Todes eines seiner Bürger kurdischer Herkunft nach der Verhaftung durch die Religionspolizei, weil er den Schleier falsch getragen hätte, hätte er identifiziert bei einer Militäraktion die Methode, um die interne öffentliche Meinung von den laufenden Protesten ablenken zu können. Es ist klar, dass, wenn dies wahr wäre, das theokratische Regime seine ganze Schwäche in einem Wagnis zeigen würde, dessen Ergebnis, abgesehen davon, dass es überhaupt nicht offensichtlich ist, sogar die Ursache für die Zunahme der Manifestationen abweichender Meinungen sein könnte. Die iranische Regierung hat Saudi-Arabien, den Irak, die europäischen Staaten, Israel und natürlich die Vereinigten Staaten stärker beschuldigt, Proteste zu schüren, die immer mehr gegen die von der schiitischen Geistlichkeit auferlegten Regeln geschürt werden. In der Region Iranisch-Kurdistan folgen mehr als die Hälfte der Einwohner den Regeln des sunnitischen Islam, während in Irakisch-Kurdistan fast alle Sunniten sind: Sie sind damit faktisch Feinde der Schiiten, von denen sich der Iran als deren Hauptvertreter sieht. Erbil, die Hauptstadt des irakischen Kurdistans, ist Sitz der noch im Irak stationierten US-Truppen und war in der Vergangenheit bereits Ziel iranischer Drohnen- und Raketenangriffe, die in einem Fall von den Amerikanern selbst vereitelt wurden. Was Saudi-Arabien betrifft, so waren die Beziehungen zwischen den beiden Staaten immer schon aus religiösen Gründen kompromittiert, da Riad der höchste Vertreter der Sunniten und Teheran der Schiiten ist und beide die religiöse Vorherrschaft im islamischen Glauben beanspruchen. Obwohl Riad und Washington kürzlich Meinungsverschiedenheiten über den saudischen Wunsch hatten, die Erdölförderung zu reduzieren, eine für Moskau zweifellos günstige Entscheidung, bringt diese Drohung die beiden Länder näher zusammen, nachdem Präsident Biden eine Phase ausdrücklich erklärt hatte, dass er dies tun wolle eine Überprüfung der bilateralen Beziehungen. Die Gefahr eines iranischen Angriffs erlaubt es den USA nicht, ihre strategischen Interessen in der Region aufzugeben, die sich auf die Verteidigung der Anti-Terror-Politik und den Wunsch, Israel immer mehr mit den Golfstaaten zu integrieren, konzentrieren. Washington hat bereits öffentlich klargestellt, dass es im Falle eines iranischen Angriffs nicht zögern wird, direkt in der ersten Person zu reagieren. Die Haltung gegenüber den iranischen Drohungen markiert eine Weiterentwicklung des Bündnisses zwischen Teheran und Moskau, in dem sich der Iran zunehmend für Waffenlieferungen an das russische Land einsetzt; taktisch waren die Teheraner Drohnen von grundlegender Bedeutung gegen die ukrainische Verteidigung, und jetzt könnte die mögliche Lieferung von Raketen mit einer Reichweite von 300 und 700 Kilometern einen unbestreitbaren Vorteil für Moskau bringen, das inzwischen zu alt, unpräzise und unwirksam ist . Dieser Faktor dürfte entscheidend für die Verschärfung der globalen Kluft und die weitere Abneigung der USA gegen das iranische Land sein. In diesem Szenario, in dem die Welt zunehmend in Blöcke gespalten erscheint, wird es interessant sein zu sehen, wie China sich positionieren will: Wenn einerseits das strategische Bündnis mit Russland eine rein antiamerikanische Funktion hat, eine bewaffnete Erweiterung Konflikte bedeutet einen Rückgang der Fähigkeit, weltweit Wohlstand zu schaffen: ein Thema, auf das Peking sehr sensibel reagiert, um sein Wachstumsniveau aufrechtzuerhalten und den Fortschritt des Landes als Ganzes sicherzustellen. Ein Konflikt, an dem Länder beteiligt sein können, die zu den großen Ölproduzenten gehören, bedeutet einen praktisch sicheren Stillstand für die Weltwirtschaft und einen erheblichen Rückgang der Kaufkraft der reichsten Länder. Vermutlich muss Peking seine Abneigung gegen die USA aufgeben und sich auf Verhandlungen einlassen, denen es bisher zu schüchtern gegenübersteht, um keine Anzeichen von Schwäche gegenüber Washington zu zeigen. Es bleibt jedoch die Möglichkeit, dass die iranische Drohung nur verbal ist und Teheran nicht beabsichtigt, einen Waffeneinsatz zu verwirklichen, bei dem es alles zu verlieren hätte: Tatsächlich scheint auch diese Lösung nicht in der Lage zu sein, einen abzulenken die öffentliche Meinung war noch nie so bestimmt, und tatsächlich könnte ein Konflikt die Wahrnehmung der iranischen Bürger von ihrer eigenen Regierung nur verschlechtern; vielmehr scheint die iranische Regierung internationale Beobachter stärker von internen ablenken zu wollen, begünstigt dabei aber die Koalition von Führungskräften, die keine gegenseitig positiven Momente erlebt haben, und erreicht immer größere Isolation.
L'Iran pourrait attaquer des pays étrangers pour détourner l'attention de ses problèmes internes
L'état d'alerte globale pourrait bientôt voir à côté du scénario de guerre du front ukrainien, voire un conflit potentiel impliquant l'Iran, l'Arabie Saoudite, l'Irak et les Etats-Unis. Téhéran, aux prises avec l'un des détenus les plus graves de l'histoire de la république islamique, en raison du décès d'un de ses citoyens, d'origine kurde, suite à l'arrestation par la police religieuse, pour port incorrect du voile, il aurait identifié dans une action militaire la méthode pour pouvoir distraire l'opinion publique interne des protestations en cours. Il est clair que si cela était vrai, le régime théocratique révélerait toute sa faiblesse dans un pari dont le résultat, en plus de ne pas être du tout évident, pourrait même être la cause de l'augmentation des manifestations de dissidence. Le gouvernement iranien a de plus en plus accusé l'Arabie saoudite, l'Irak, les États européens, Israël et, bien sûr, les États-Unis, de fomenter des protestations, qui se multiplient de plus en plus contre les règles imposées par le clergé chiite. Dans la région du Kurdistan iranien, plus de la moitié des habitants suivent les règles de l'islam sunnite, tandis qu'au Kurdistan irakien, les sunnites sont presque tous : en fait, ils sont donc les ennemis des chiites, dont l'Iran se considère comme le principal représentant. Erbil, la capitale du Kurdistan irakien, est le siège des troupes américaines toujours présentes en Irak, et a déjà fait l'objet, par le passé, d'attaques de drones et de missiles iraniens, dans un cas déjoués par les Américains eux-mêmes. Quant à l'Arabie saoudite, les relations entre les deux États ont toujours été compromises pour des raisons religieuses, puisque Riyad est le plus haut représentant des sunnites et Téhéran des chiites et tous deux revendiquent la suprématie religieuse dans le credo islamique. Bien que Riyad et Washington aient eu récemment des désaccords sur la volonté saoudienne de réduire la production de pétrole brut, décision sans doute favorable à Moscou, cette menace rapproche les deux pays, après une phase où le président Biden avait expressément déclaré vouloir mener à bien un examen des relations bilatérales. Le danger d'une attaque iranienne ne permet pas aux États-Unis d'abandonner leurs intérêts stratégiques dans la région, centrés sur la défense de la politique antiterroriste et la volonté d'intégrer de plus en plus Israël aux pays du Golfe. Washington l'a déjà précisé publiquement, en cas d'attaque iranienne, il n'hésitera pas à répondre directement à la première personne. La position face aux menaces iraniennes marque un nouveau développement dans l'alliance entre Téhéran et Moscou, où l'Iran s'engage de plus en plus à fournir des armes au pays russe ; tactiquement, les drones de Téhéran étaient fondamentaux contre les défenses ukrainiennes et désormais la fourniture éventuelle de missiles d'une portée capable de couvrir 300 et 700 kilomètres, pourrait apporter un avantage incontestable à Moscou, qui, à ce jour, a trop vieux, imprécis et inefficace . Ce facteur sera probablement décisif pour accroître la fracture mondiale et renforcer l'aversion des États-Unis envers le pays iranien. Dans ce scénario où le monde apparaît de plus en plus divisé en blocs, il sera intéressant de voir comment la Chine voudra se positionner : si, d'un côté, l'alliance stratégique avec la Russie a une fonction purement anti-américaine, une expansion de l'armée les conflits signifient une diminution de la capacité à créer de la richesse dans le monde entier : une question à laquelle Pékin est très sensible, afin de maintenir ses niveaux de croissance de manière à assurer l'avancement du pays dans son ensemble. Un conflit qui peut impliquer des pays faisant partie des grands producteurs de pétrole, signifie un arrêt pratiquement sûr de l'économie mondiale et avec une contraction significative du pouvoir d'achat des pays les plus riches. Pékin devra vraisemblablement abandonner son aversion pour les États-Unis et s'engager dans des négociations, à l'égard desquelles il a jusqu'à présent maintenu une attitude trop timide pour ne montrer aucun signe de faiblesse envers Washington. Cependant, il reste possible que la menace iranienne ne soit que verbale et que Téhéran n'entende pas mettre en pratique un usage des armes auquel il aurait tout à perdre : en fait, même cette solution ne semble pas pouvoir distraire un une opinion publique qui n'a jamais été aussi déterminée, et en effet, un conflit ne pourrait qu'aggraver la perception que les citoyens iraniens ont de leur propre gouvernement ; au contraire, le gouvernement iranien semble vouloir détourner davantage les observateurs internationaux des observateurs internes, mais ce faisant, il favorise la coalition d'exécutifs qui n'ont pas connu de moments positifs mutuels, obtenant un isolement toujours plus grand.
Irã poderia atacar países estrangeiros para desviar a atenção de seus problemas internos
O estado de alerta global poderá em breve ver ao lado do cenário de guerra da frente ucraniana, até mesmo um potencial conflito envolvendo Irã, Arábia Saudita, Iraque e Estados Unidos. Teerã, lutando com um dos presos mais graves da história da república islâmica, devido à morte de um de seus cidadãos, de origem curdistão, na sequência da prisão pela polícia religiosa, por usar o véu incorretamente, ele teria identificado em uma ação militar o método para poder distrair a opinião pública interna dos protestos em andamento. É claro que se isso fosse verdade, o regime teocrático revelaria toda a sua fraqueza numa aposta cujo resultado, além de não ser nada óbvio, poderia até ser a causa do aumento das manifestações de dissidência. O governo iraniano acusou com mais veemência a Arábia Saudita, o Iraque, os Estados europeus, Israel e, claro, os Estados Unidos, de fomentarem os protestos, cada vez mais crescentes contra as regras impostas pelo clero xiita. Na região do Curdistão iraniano, mais da metade dos habitantes segue as regras do islamismo sunita, enquanto no Curdistão iraquiano os sunitas são quase todos: de fato, portanto, são inimigos dos xiitas, dos quais o Irã se considera o principal representante. Erbil, capital do Curdistão iraquiano, é a sede das tropas americanas ainda presentes no Iraque, e já foi alvo, no passado, de ataques de drones e mísseis iranianos, em um caso frustrado pelos próprios americanos. Quanto à Arábia Saudita, as relações entre os dois estados sempre foram comprometidas por motivos religiosos, pois Riad é o maior representante dos sunitas e Teerã dos xiitas e ambos reivindicam a supremacia religiosa no credo islâmico. Embora Riad e Washington tenham recentemente discordado sobre o desejo saudita de reduzir a produção de petróleo bruto, uma decisão indubitavelmente favorável a Moscou, essa ameaça está aproximando os dois países, após uma fase em que o presidente Biden havia declarado expressamente que queria realizar uma revisão das relações bilaterais. O perigo de um ataque iraniano não permite que os EUA abandonem seus interesses estratégicos na região, centrados na defesa da política antiterrorista e no desejo de integrar cada vez mais Israel aos países do Golfo. Washington já especificou publicamente que, no caso de um ataque iraniano, não hesitará em responder diretamente na primeira pessoa. A postura com as ameaças iranianas marca mais um desenvolvimento na aliança entre Teerã e Moscou, onde o Irã está cada vez mais comprometido em fornecer armas ao país russo; taticamente, os drones de Teerã foram fundamentais contra as defesas ucranianas e agora o possível fornecimento de mísseis com alcance capaz de cobrir 300 e 700 quilômetros, poderia trazer uma vantagem indiscutível para Moscou, que, a esta altura, tem armas muito antigas, imprecisas e ineficazes. . Esse fator provavelmente será decisivo para aumentar a divisão global e aumentar a aversão dos EUA ao país iraniano. Neste cenário em que o mundo aparece cada vez mais dividido em blocos, será interessante ver como a China vai querer se posicionar: se, por um lado, a aliança estratégica com a Rússia tem uma função puramente antiamericana, uma expansão das forças armadas conflitos significa uma diminuição da capacidade de criar riqueza em todo o mundo: uma questão à qual Pequim é muito sensível, a fim de manter seus níveis de crescimento, de modo a garantir o avanço do país como um todo. Um conflito que pode envolver países que estão entre os maiores produtores de petróleo, significa uma parada praticamente segura para a economia mundial e com uma contração significativa do poder de compra dos países mais ricos. Pequim, presumivelmente, terá que abandonar sua aversão aos EUA e se engajar em negociações, para as quais até agora manteve uma atitude muito tímida para não mostrar nenhum sinal de fraqueza em relação a Washington. No entanto, permanece a possibilidade de que a ameaça iraniana seja apenas verbal e que Teerã não pretenda colocar em prática um uso de armas das quais teria tudo a perder: de fato, mesmo essa solução não parece ser capaz de distrair um opinião pública que nunca foi tão determinada e, de fato, um conflito só poderia piorar a percepção que os cidadãos iranianos têm de seu próprio governo; ao contrário, o governo iraniano parece querer desviar mais os observadores internacionais dos internos, mas ao fazê-lo favorece a coalizão de executivos que não passaram por momentos positivos mútuos, obtendo um isolamento cada vez maior.