إن موقف الكرملين، منذ أيام الاتحاد السوفييتي، كان مؤيداً للفلسطينيين، وفي هذا السياق يجب أن نضع زيارة ممثلي حماس إلى موسكو، والتي لم يستقبلها بوتين، بل وزير الخارجية الروسي، وعلى أي حال، تم الترحيب به بشكل رمزي لا لبس فيه، في مقر الكرملين، مما يمنح الاجتماع أقصى درجة من الرسمية والأهمية. وهذه إشارة سياسية واضحة موجهة إلى الولايات المتحدة والغرب، وإلى إسرائيل نفسها. وموسكو متورطة بشكل مباشر في قضية الرهائن، إذ أن هناك ستة أشخاص من الجنسية الروسية مختطفين، ثلاثة منهم يحملون جنسية مزدوجة؛ في حين يصل عدد المواطنين الروس الذين استشهدوا في قصف قطاع غزة إلى 23 شخصا. وبالإضافة إلى حماس، أكد وزير الخارجية الروسي أيضًا على لقاء مرتقب مع زعيم السلطة الفلسطينية. على الرغم من الاختلاف في وجهات النظر مع حماس، التي تعارض حل الدولتين، يجب على روسيا استغلال هذه اللحظة لإعادة وضع نفسها كلاعب ذي صلة في منطقة الشرق الأوسط ولديها مصلحة كاملة في الحفاظ على العلاقات مع جميع الأطراف المعنية بالقضية الحالية. . إذا أردنا الحصول على رؤية أوسع لمصالح موسكو في الشرق الأدنى، علينا أن نأخذ في الاعتبار العلاقات الخاصة التي تربطها بإيران وسوريا وإسرائيل نفسها. وتتمثل رغبة بوتين في لعب دور الوسيط في الصراع، وهو ما قد يسمح لروسيا بالخروج من العزلة الدبلوماسية الحالية الناجمة عن العدوان على أوكرانيا. ويهدف تحرك موسكو إلى تجنب الاحتكار الأمريكي لإدارة الأزمة، وذلك أيضًا من خلال اتهام واشنطن بعدم دعم تطلعات الفلسطينيين في إقامة دولتهم، ولا قرارات الأمم المتحدة المختلفة، التي أدانت إسرائيل مرارًا وتكرارًا. ولم يتم قبول الاقتراح الروسي في مجلس الأمن، لأنه لم يتضمن إدانة حماس، بل العنف ضد جميع المدنيين من الجانبين، مما يعني عنف تل أبيب تجاه غزة؛ وقد أدى ذلك إلى تدهور العلاقات بين روسيا وإسرائيل، والتي لا يمكن المساس بها لأسباب مشتركة. ويجب أن نتذكر أن إسرائيل لم تدين روسيا بسبب الغزو الأوكراني ولم تنضم حتى إلى العقوبات الدولية. كما أنها لم تزود كييف، التي رئيسها زيلينسكي يهودي، بالنظام المضاد للصواريخ الذي يستخدم عادة لحماية نفسها من الصواريخ التي تطلقها حماس. وفي الوقت نفسه، لا تعيق روسيا إسرائيل في تحركاتها الدفاعية ضد حزب الله، القادمة من سوريا، على الرغم من الحماية التي تواصل موسكو توفيرها لنظام دمشق. وتحتاج تل أبيب أيضًا إلى مساعدة موسكو لاحتواء السياسة الإيرانية في المنطقة، وهو ما يمثل مصلحة مشتركة حيث أعلنت طهران منذ فترة طويلة الحاجة إلى القضاء على الدولة اليهودية وتنفذ هذه الاستراتيجية من خلال نفوذها المتزايد باستمرار على الميليشيات الشيعية الأصولية وحزب الله وحماس نفسها. لأن الحليف الوحيد الممكن، في بعض النواحي، هو إيران، التي ظلت تقدم الدعم المادي لنضال التحرير الفلسطيني، مقارنة بالانسحاب الواضح على نحو متزايد من جانب الدول العربية السُنّية في دعم الفلسطينيين. وتطبق طهران سياسة المساعدات المادية في دولتي لبنان وسوريا، والتي، خاصة فيما يتعلق بدمشق، يمكن أن تعرض المصالح الروسية للخطر، فضلاً عن الاستقرار الإقليمي الدقيق. وفيما يتعلق بالصراع مع كييف، فإن لموسكو مصلحة كبيرة في تحول الاهتمام الدولي إلى الشرق الأوسط، ولهذا السبب ذهب الرئيس الأوكراني إلى حد التصريح بأن الدولة الروسية كانت وراء هجمات حماس. إن دعم هذه الفرضية أمر صعب للغاية، فقد تم الإعداد لعملية حماس على مدى فترة طويلة من الزمن وبإمدادات كبيرة يبدو أنها تأتي من دول أخرى. ومع ذلك، تظل هناك حقيقة ملموسة مفادها أن هذه الأزمة بين الإسرائيليين والفلسطينيين تعمل لصالح موسكو، حتى لو لم يتضاءل اهتمام حلف الأطلسي بالتأكيد، ولكن الالتزام الأكبر من جانب الجيش الأمريكي، وخاصة فيما يتعلق بالوسائل البحرية، لحماية إسرائيل من " وتعني إيران ضمناً التزاماً أكثر تنوعاً، وحتى العمل الدبلوماسي لم يعد يركز فقط على الهدف الأوروبي.
Blog di discussione su problemi di relazioni e politica internazionale; un osservatorio per capire la direzione del mondo. Blog for discussion on problems of relations and international politics; an observatory to understand the direction of the world.
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venerdì 27 ottobre 2023
giovedì 26 ottobre 2023
Le colpe del mondo per la situazione israelo-palestinese
Israele si è molto infastidita per le parole del Segretario delle Nazioni Unite, che, condannando esplicitamente più volte il vile attacco di Hamas, lo ha, però, contestualizzato in un quadro di prevaricazione violenta del paese israeliano perpetrato in più di cinquanta anni ai danni dei palestinesi, soprattutto civili. Questa affermazione è vera nel corso della storia, ma ancora più estremizzata dagli anni, che sono tanti, dei vari governi di Netanyahu, che si sono sempre più avvicinati alla destra nazionalista ed ortodossa, parte politica con l’unico obiettivo di sottrarre, attraverso gli insediamenti abusivi, terreno non solo ai palestinesi ma perfino alle tribù beduine. Il presidente israeliano ha operato una politica di divisione dei palestinesi, favorendo gli estremisti di Hamas, che hanno raccolto il consenso dei palestinesi, accreditando la violenza come unica soluzione possibile. Occorre dire che ciò è stato favorito dall’atteggiamento ambiguo di Netanyahu, che ha, dapprima lasciato intravvedere la soluzione dei due stati, per poi andare sempre più verso una decisa negazione di questa soluzione, sfavorendo così le parti moderate della politica palestinese, più volte accusate di incapacità di realizzare l’obiettivo della costituzione dello stato palestinese con mezzi diplomatici. Occorre anche dire che gli interessi americani, rivolti sempre più verso il sudest asiatico, hanno determinato un’assenza, che ha favorito l’azione di Netanyahu, che ci ha condotto fino ad oggi. Ma gli USA non sono i soli responsabili di questa situazione: la lista non è corta, l’Europa ha mantenuto un atteggiamento condiscendente con Tel Aviv, condannando senza efficacia l’azione israeliana e non meno colpevoli sono gli stati arabi che si sono mantenuti su dichiarazioni di convenienza, senza mai agire con una politica compatta per fare pressione sugli USA e sugli stessi israeliani, non sfruttando neppure il recente avvicinamento. Tutto ciò ha contribuito a determinare un aumento della tensione, che è avvenuto senza clamori, con l’Iran sempre più unico difensore ufficiale della causa palestinese con il suo appoggio, sempre più decisivo, alle forze radicali. Teheran è stata abile a riempire il vuoto lasciato da diversi soggetti, che potevano favorire una soluzione pacifica, per sfruttare il caso palestinese alle proprie esigenze geopolitiche e strategiche. L’Iran, attraverso la Palestina, può operare su due fronti: il primo è la lotta contro l’Arabia Saudita, che è politica e religiosa, il secondo, più ampio, è contro gli USA e l’occidente in generale, fattore che gli può permettere un avvicinamento maggiore con Russia e Cina. Come si vede dalle responsabilità israeliane per non avere perseguito la politica dei due stati, ma, anzi, per averla contraddetta, si arriva ad uno stato di pesante destabilizzazione mondiale. Non era difficile prevedere questi sviluppi, ma USA ed Europa si sono affidate letteralmente al caso, lasciando troppa libertà all’azione di Netanyahu. E’ necessario che la situazione israelo-palestinese non sia in uno stato di tensione come quello attuale, per non alterare i già fragili equilibri mondiali, ed è per questo che Israele si deve convincere a non usare una repressione violenta così intensa, che lo squalifica come stato democratico, ponendolo allo stesso livello di una organizzazione terroristica; il numero dei morti, civili, registrato nella striscia di Gaza è già di molto superiore rispetto a quelli provocati da Hamas e la stessa operazione di terra paventata nella striscia di Gaza, rischia di essere una carneficina enorme per le due parti. In più esiste la possibile apertura di un fronte nord, con Hezbollah pronto ad intervenire, una situazione sempre più surriscaldata in Cisgiordania e le esplicite minacce iraniane di colpire Haifa. La presenza delle navi militari nel golfo Persico, rischia di innescare un confronto con Teheran, con la conseguenza di attivare le cellule dormienti e non prevedibili presenti in tutto il mondo. Mai come in questo momento la pace è nelle mani sciagurate di Netanyahu, sul quale, onestamente non sembra si possa fare affidamento. L’azione di Biden, improntata alla moderazione, per tardiva, sembra essere l’unica in grado di potere avere qualche possibilità per scongiurare il principio della degenerazione, che rischia veramente di portare allo scoppio di un conflitto mondiale. Solo facendo tacere il rumore delle armi e dei bombardamenti incondizionati su Gaza, si può sperare di ripartire da una sorta di negoziato, che ridia forza alla soluzione dei due stati e faccia arretrare gli opposti estremismi. Il tempo sta per scadere ma le possibilità ci sono, solo con una adeguata riflessione da parte di tutti, oltre c’è solo il baratro.
The world's faults for the Israeli-Palestinian situation
Israel was very annoyed by the words of the Secretary of the United Nations, who, explicitly condemning the cowardly attack by Hamas several times, however, contextualized it in a context of violent abuse by the country of Israel perpetrated over more than fifty years against the Palestinians, especially civilians. This statement is true throughout history, but even more extreme over the years, which are many, of Netanyahu's various governments, which have increasingly moved closer to the nationalist and Orthodox right, a political party with the sole objective of subtracting, through illegal settlements, land not only for Palestinians but even for Bedouin tribes. The Israeli president has implemented a policy of dividing the Palestinians, favoring the extremists of Hamas, who have gathered the consensus of the Palestinians, accrediting violence as the only possible solution. It must be said that this was favored by Netanyahu's ambiguous attitude, who first allowed a glimpse of the two-state solution, and then moved increasingly towards a decisive denial of this solution, thus disadvantaging the moderate parts of Palestinian politics, several times accused of inability to achieve the goal of establishing a Palestinian state through diplomatic means. It must also be said that American interests, increasingly directed towards Southeast Asia, have led to an absence, which has favored Netanyahu's action, which has led us to today. But the USA is not the only one responsible for this situation: the list is not short, Europe has maintained a condescending attitude towards Tel Aviv, condemning the Israeli action ineffectively and no less guilty are the Arab states which have remained declarations of convenience, without ever acting with a united policy to put pressure on the USA and the Israelis themselves, without even taking advantage of the recent rapprochement. All this contributed to determining an increase in tension, which occurred without fanfare, with Iran becoming the sole official defender of the Palestinian cause with its increasingly decisive support for the radical forces. Tehran was able to fill the void left by various subjects, who could favor a peaceful solution, to exploit the Palestinian case for its own geopolitical and strategic needs. Iran, through Palestine, can operate on two fronts: the first is the fight against Saudi Arabia, which is political and religious, the second, broader, is against the USA and the West in general, a factor that it can allow him a greater rapprochement with Russia and China. As can be seen from the Israeli responsibilities for not having pursued the two-state policy, but, indeed, for having contradicted it, we have reached a state of heavy global destabilization. It was not difficult to predict these developments, but the USA and Europe literally relied on chance, leaving too much freedom for Netanyahu's action. It is necessary that the Israeli-Palestinian situation is not in a state of tension like the current one, so as not to alter the already fragile world balance, and this is why Israel must be convinced not to use such intense violent repression, which disqualifies it as a democratic state, placing it on the same level as a terrorist organization; the number of civilian deaths recorded in the Gaza Strip is already much higher than those caused by Hamas and the same ground operation feared in the Gaza Strip risks being enormous carnage for the two sides. Furthermore, there is the possible opening of a northern front, with Hezbollah ready to intervene, an increasingly overheated situation in the West Bank and explicit Iranian threats to strike Haifa. The presence of military ships in the Persian Gulf risks triggering a confrontation with Tehran, with the consequence of activating the dormant and unpredictable cells present throughout the world. Never before has peace been in the unfortunate hands of Netanyahu, who, honestly, cannot be relied on. Biden's action, marked by moderation, however late, seems to be the only one capable of having some possibility of averting the principle of degeneration, which truly risks leading to the outbreak of a world conflict. Only by silencing the noise of weapons and unconditional bombings on Gaza can we hope to start again from a sort of negotiation, which will restore strength to the two-state solution and make opposing extremisms retreat. Time is running out but the possibilities are there, only with adequate reflection on everyone's part, beyond that there is only the abyss.
Las culpas del mundo por la situación palestino-israelí
Israel se mostró muy molesto por las palabras del Secretario de las Naciones Unidas, quien, condenando explícitamente varias veces el cobarde ataque de Hamás, lo contextualizó en un contexto de abusos violentos por parte del país de Israel perpetrados durante más de cincuenta años contra el Palestinos, especialmente civiles. Esta afirmación es cierta a lo largo de la historia, pero aún más extrema a lo largo de los años, que son muchos, de los distintos gobiernos de Netanyahu, que se han acercado cada vez más a la derecha nacionalista y ortodoxa, partido político con el único objetivo de sustraer, mediante asentamientos ilegales, tierra no sólo para los palestinos sino también para las tribus beduinas. El presidente israelí ha aplicado una política de división de los palestinos, favoreciendo a los extremistas de Hamás, que han reunido el consenso de los palestinos, acreditando la violencia como única solución posible. Hay que decir que esto se vio favorecido por la actitud ambigua de Netanyahu, que primero dejó entrever la solución de los dos Estados, y luego avanzó cada vez más hacia una negación decisiva de esta solución, perjudicando así a los sectores moderados de la política palestina, varias veces acusados de incapacidad para lograr el objetivo de establecer un Estado palestino por medios diplomáticos. Hay que decir también que los intereses americanos, cada vez más dirigidos hacia el Sudeste Asiático, han provocado una ausencia, lo que ha favorecido la acción de Netanyahu, que nos ha llevado hasta hoy. Pero los EE.UU. no son los únicos responsables de esta situación: la lista no es corta, Europa ha mantenido una actitud condescendiente hacia Tel Aviv, condenando ineficazmente la acción israelí y no menos culpables son los Estados árabes que se han quedado con declaraciones de conveniencia, sin actuando siempre con una política unida para presionar a los EE.UU. y a los propios israelíes, sin siquiera aprovechar el reciente acercamiento. Todo esto contribuyó a determinar un aumento de la tensión, que se produjo sin grandes alardes, convirtiéndose Irán en el único defensor oficial de la causa palestina con su apoyo cada vez más decidido a las fuerzas radicales. Teherán pudo llenar el vacío dejado por varios sujetos que podrían favorecer una solución pacífica, para explotar el caso palestino para sus propias necesidades geopolíticas y estratégicas. Irán, a través de Palestina, puede operar en dos frentes: el primero es la lucha contra Arabia Saudita, que es político y religioso, el segundo, más amplio, es contra Estados Unidos y Occidente en general, factor que puede permitirle una mayor acercamiento con Rusia y China. Como puede verse en las responsabilidades israelíes por no haber seguido la política de dos Estados, pero, de hecho, por haberla contradicho, hemos llegado a un estado de fuerte desestabilización global. No fue difícil predecir estos acontecimientos, pero Estados Unidos y Europa literalmente confiaron en el azar, dejando demasiada libertad para la acción de Netanyahu. Es necesario que la situación israelí-palestina no se encuentre en un estado de tensión como el actual, para no alterar el ya frágil equilibrio mundial, y por eso hay que convencer a Israel de que no utilice una represión violenta tan intensa, que descalifica como Estado democrático, poniéndolo al mismo nivel que una organización terrorista; El número de muertes de civiles registradas en la Franja de Gaza ya es mucho mayor que las causadas por Hamás y la misma operación terrestre que se teme en la Franja de Gaza corre el riesgo de convertirse en una enorme carnicería para ambas partes. Además, está la posible apertura de un frente norte, con Hezbolá dispuesto a intervenir, una situación cada vez más recalentada en Cisjordania y amenazas explícitas de Irán de atacar Haifa. La presencia de buques militares en el Golfo Pérsico corre el riesgo de desencadenar un enfrentamiento con Teherán, con la consecuencia de activar células latentes e impredecibles presentes en todo el mundo. Nunca antes la paz había estado en las desafortunadas manos de Netanyahu, en quien, sinceramente, no se puede confiar. La acción de Biden, marcada por la moderación, aunque sea tardía, parece ser la única capaz de tener alguna posibilidad de evitar el principio de degeneración, que realmente corre el riesgo de conducir al estallido de un conflicto mundial. Sólo silenciando el ruido de las armas y los bombardeos incondicionales sobre Gaza podemos esperar empezar de nuevo a partir de una especie de negociación que restablezca fuerza a la solución de dos Estados y haga retroceder a los extremismos opuestos. El tiempo se acaba pero las posibilidades están ahí, sólo con una adecuada reflexión por parte de todos, más allá sólo existe el abismo.
Die Fehler der Welt an der israelisch-palästinensischen Situation
Israel war sehr verärgert über die Worte des UN-Sekretärs, der den feigen Angriff der Hamas mehrfach ausdrücklich verurteilte, ihn jedoch in den Kontext gewaltsamer Übergriffe seitens des Landes Israel stellte, die seit mehr als fünfzig Jahren gegen die Hamas verübt wurden Palästinenser, insbesondere Zivilisten. Diese Aussage gilt im Laufe der Geschichte, ist jedoch im Laufe der Jahre, die es viele gibt, der verschiedenen Regierungen von Netanjahu noch extremer geworden, die sich zunehmend der nationalistischen und orthodoxen Rechten angenähert haben, einer politischen Partei mit dem einzigen Ziel, durch illegale Siedlungen Land nicht nur für Palästinenser, sondern sogar für Beduinenstämme. Der israelische Präsident verfolgt eine Politik der Spaltung der Palästinenser und begünstigt die Extremisten der Hamas, die den Konsens der Palästinenser gefunden haben und Gewalt als einzig mögliche Lösung anerkennen. Es muss gesagt werden, dass dies durch die zwiespältige Haltung Netanyahus begünstigt wurde, der zunächst einen Blick auf die Zwei-Staaten-Lösung zuließ, dann aber zunehmend zu einer entschiedenen Ablehnung dieser Lösung tendierte und damit die mehrfach vorgeworfenen gemäßigten Teile der palästinensischen Politik benachteiligte Unfähigkeit, das Ziel der Gründung eines palästinensischen Staates mit diplomatischen Mitteln zu erreichen. Es muss auch gesagt werden, dass amerikanische Interessen, die zunehmend auf Südostasien ausgerichtet sind, zu einer Abwesenheit geführt haben, die Netanjahus Handeln begünstigt hat, das uns in die heutige Zeit geführt hat. Aber die USA sind nicht die einzigen, die für diese Situation verantwortlich sind: Die Liste ist nicht kurz, Europa hat eine herablassende Haltung gegenüber Tel Aviv beibehalten und das israelische Vorgehen wirkungslos verurteilt, und nicht weniger schuldig sind die arabischen Staaten, die keine Billigungserklärungen abgegeben haben jemals mit einer einheitlichen Politik vorzugehen, um Druck auf die USA und die Israelis selbst auszuüben, ohne die jüngste Annäherung überhaupt auszunutzen. All dies trug dazu bei, dass die Spannungen ohne viel Aufsehen zunahmen und der Iran zum alleinigen offiziellen Verteidiger der palästinensischen Sache wurde und die radikalen Kräfte immer entschiedener unterstützte. Teheran war in der Lage, die Lücke zu füllen, die von verschiedenen Subjekten hinterlassen wurde, die eine friedliche Lösung befürworten könnten, um den Fall Palästina für seine eigenen geopolitischen und strategischen Bedürfnisse auszunutzen. Der Iran kann über Palästina an zwei Fronten agieren: Die erste ist der Kampf gegen Saudi-Arabien, der politisch und religiös ist, die zweite, umfassendere, richtet sich gegen die USA und den Westen im Allgemeinen, ein Faktor, der ihm eine größere Chance geben kann Annäherung an Russland und China. Wie aus der israelischen Verantwortung hervorgeht, die Zwei-Staaten-Politik nicht verfolgt zu haben, sondern ihr sogar widersprochen zu haben, haben wir einen Zustand schwerer globaler Destabilisierung erreicht. Es war nicht schwer, diese Entwicklungen vorherzusagen, aber die USA und Europa verließen sich buchstäblich auf den Zufall und ließen Netanyahus Handlungsspielraum zu viel. Es ist notwendig, dass sich die israelisch-palästinensische Situation nicht in einem Spannungszustand wie dem gegenwärtigen befindet, um das ohnehin schon fragile Weltgleichgewicht nicht zu verändern, und deshalb muss Israel davon überzeugt werden, keine so intensive gewaltsame Unterdrückung anzuwenden, die disqualifiziert es als demokratischen Staat und damit auf die gleiche Ebene wie eine Terrororganisation; Die Zahl der im Gazastreifen registrierten zivilen Todesfälle ist bereits viel höher als die durch die Hamas verursachte Zahl, und die gleiche Bodenoperation, die im Gazastreifen befürchtet wird, birgt die Gefahr eines enormen Blutbads für beide Seiten. Hinzu kommen die mögliche Öffnung einer Nordfront mit der zum Eingreifen bereiten Hisbollah, eine zunehmend überhitzte Lage im Westjordanland und explizite iranische Drohungen, Haifa anzugreifen. Die Anwesenheit von Militärschiffen im Persischen Golf birgt die Gefahr einer Konfrontation mit Teheran mit der Folge, dass die in der ganzen Welt schlummernden und unberechenbaren Zellen aktiviert werden. Nie zuvor lag der Frieden in den unglücklichen Händen Netanjahus, auf den man sich ehrlich gesagt nicht verlassen kann. Bidens von Mäßigung geprägtes Vorgehen, so spät es auch sein mag, scheint das einzige zu sein, das eine gewisse Chance hat, das Prinzip der Degeneration abzuwenden, das tatsächlich zum Ausbruch eines Weltkonflikts führen könnte. Nur wenn wir den Lärm der Waffen und der bedingungslosen Bombenangriffe auf Gaza zum Schweigen bringen, können wir hoffen, wieder mit einer Art Verhandlung beginnen zu können, die der Zwei-Staaten-Lösung wieder Kraft verleiht und gegnerische Extremisten zum Rückzug zwingt. Die Zeit drängt, aber die Möglichkeiten sind vorhanden, nur mit ausreichender Reflexion auf Seiten aller, darüber hinaus gibt es nur den Abgrund.
Les fautes du monde dans la situation israélo-palestinienne
Israël a été très agacé par les propos du secrétaire des Nations Unies, qui, condamnant explicitement à plusieurs reprises l'attaque lâche du Hamas, l'a cependant contextualisé dans un contexte d'abus violents perpétrés par le pays d'Israël pendant plus de cinquante ans contre le Palestiniens, en particulier les civils. Cette affirmation est vraie tout au long de l'histoire, mais encore plus extrême au fil des années, qui sont nombreuses, des différents gouvernements de Netanyahu, qui se sont de plus en plus rapprochés de la droite nationaliste et orthodoxe, un parti politique dont le seul objectif est de soustraire, à travers des colonies illégales, des terres non seulement pour les Palestiniens mais même pour les tribus bédouines. Le président israélien a mis en œuvre une politique de division des Palestiniens, favorisant les extrémistes du Hamas, qui ont rassemblé le consensus des Palestiniens, accréditant la violence comme la seule solution possible. Il faut dire que cela a été favorisé par l'attitude ambiguë de Netanyahu, qui a d'abord laissé entrevoir la solution à deux États, puis s'est progressivement orienté vers un déni décisif de cette solution, désavantageant ainsi les parties modérées de la politique palestinienne, accusées à plusieurs reprises de incapacité à atteindre l’objectif d’établir un État palestinien par des moyens diplomatiques. Il faut dire aussi que les intérêts américains, de plus en plus tournés vers l’Asie du Sud-Est, ont conduit à une absence, ce qui a favorisé l’action de Netanyahu, qui nous conduit aujourd’hui. Mais les États-Unis ne sont pas les seuls responsables de cette situation : la liste n'est pas courte, l'Europe a maintenu une attitude condescendante à l'égard de Tel-Aviv, condamnant de manière inefficace l'action israélienne et non moins coupables sont les États arabes qui sont restés des déclarations de complaisance, sans toujours en agissant avec une politique unie pour faire pression sur les États-Unis et les Israéliens eux-mêmes, sans même profiter du récent rapprochement. Tout cela a contribué à déterminer une montée des tensions, qui s'est produite sans tambour ni trompette, l'Iran devenant le seul défenseur officiel de la cause palestinienne avec son soutien de plus en plus décisif aux forces radicales. Téhéran a su combler le vide laissé par divers sujets favorables à une solution pacifique, en exploitant le cas palestinien pour ses propres besoins géopolitiques et stratégiques. L'Iran, à travers la Palestine, peut opérer sur deux fronts : le premier est la lutte contre l'Arabie Saoudite, qui est politique et religieuse, le second, plus large, contre les États-Unis et l'Occident en général, un facteur qui peut lui permettre une plus grande rapprochement avec la Russie et la Chine. Comme le montrent les responsabilités israéliennes pour ne pas avoir poursuivi la politique à deux États, mais bien pour l’avoir contredite, nous avons atteint un état de forte déstabilisation mondiale. Il n'était pas difficile de prédire ces évolutions, mais les États-Unis et l'Europe se sont littéralement appuyés sur le hasard, laissant trop de liberté à l'action de Netanyahu. Il est nécessaire que la situation israélo-palestinienne ne soit pas dans un état de tension comme celui actuel, afin de ne pas altérer l'équilibre mondial déjà fragile, et c'est pourquoi il faut convaincre Israël de ne pas recourir à une répression violente aussi intense, qui disqualifie en tant qu'État démocratique, le plaçant sur le même plan qu'une organisation terroriste ; le nombre de morts civiles enregistrées dans la bande de Gaza est déjà bien supérieur à ceux causés par le Hamas et la même opération terrestre redoutée dans la bande de Gaza risque d'être un énorme carnage pour les deux camps. En outre, il y a la possible ouverture d’un front nord, avec le Hezbollah prêt à intervenir, une situation de plus en plus surchauffée en Cisjordanie et des menaces iraniennes explicites de frapper Haïfa. La présence de navires militaires dans le golfe Persique risque de déclencher une confrontation avec Téhéran, avec pour conséquence d’activer les cellules dormantes et imprévisibles présentes partout dans le monde. Jamais auparavant la paix n’a été entre les mains malheureuses de Netanyahu, sur qui, honnêtement, on ne peut pas compter. L'action de Biden, empreinte de modération, même tardive, semble être la seule susceptible d'avoir une certaine possibilité d'éviter le principe de dégénérescence, qui risque véritablement de conduire à l'éclatement d'un conflit mondial. Ce n’est qu’en faisant taire le bruit des armes et des bombardements inconditionnels sur Gaza que nous pourrons espérer repartir d’une sorte de négociation, qui redonnera de la force à la solution à deux États et fera reculer les extrémismes opposés. Le temps presse mais les possibilités sont là, seulement avec une réflexion adéquate de la part de chacun, au-delà il n'y a que l'abîme.
As falhas do mundo pela situação israelo-palestiniana
Israel ficou muito irritado com as palavras do Secretário das Nações Unidas, que, condenando explicitamente por diversas vezes o ataque cobarde do Hamas, no entanto, contextualizou-o num contexto de abusos violentos por parte do país de Israel perpetrados ao longo de mais de cinquenta anos contra o palestinos, especialmente civis. Esta afirmação é verdadeira ao longo da história, mas ainda mais extrema ao longo dos anos, que são muitos, dos vários governos de Netanyahu, que se têm aproximado cada vez mais da direita nacionalista e ortodoxa, um partido político com o único objectivo de subtrair, através de colonatos ilegais, terras não só para os palestinos, mas até para as tribos beduínas. O presidente israelita implementou uma política de divisão dos palestinianos, favorecendo os extremistas do Hamas, que reuniram o consenso dos palestinianos, acreditando a violência como a única solução possível. Deve dizer-se que isto foi favorecido pela atitude ambígua de Netanyahu, que primeiro permitiu um vislumbre da solução de dois Estados, e depois avançou cada vez mais para uma negação decisiva desta solução, colocando assim em desvantagem as partes moderadas da política palestiniana, várias vezes acusadas de incapacidade de atingir o objectivo de estabelecer um Estado palestiniano através de meios diplomáticos. É preciso dizer também que os interesses americanos, cada vez mais direcionados para o Sudeste Asiático, levaram a uma ausência, o que favoreceu a ação de Netanyahu, que nos conduziu até hoje. Mas os EUA não são os únicos responsáveis por esta situação: a lista não é curta, a Europa tem mantido uma atitude condescendente para com Tel Aviv, condenando de forma ineficaz a acção israelita e não menos culpados são os estados árabes que permaneceram declarações de conveniência, sem agindo sempre com uma política unida para pressionar os EUA e os próprios israelitas, sem sequer tirar partido da recente reaproximação. Tudo isto contribuiu para determinar um aumento da tensão, que ocorreu sem alarde, com o Irão a tornar-se o único defensor oficial da causa palestiniana com o seu apoio cada vez mais decisivo às forças radicais. Teerão conseguiu preencher o vazio deixado por vários sujeitos, que poderiam favorecer uma solução pacífica, para explorar o caso palestiniano para as suas próprias necessidades geopolíticas e estratégicas. O Irão, através da Palestina, pode operar em duas frentes: a primeira é a luta contra a Arábia Saudita, que é política e religiosa, a segunda, mais ampla, é contra os EUA e o Ocidente em geral, factor que lhe pode permitir uma maior aproximação com a Rússia e a China. Como se pode verificar pelas responsabilidades de Israel por não ter prosseguido a política de dois Estados, mas, na verdade, por a ter contrariado, atingimos um estado de forte desestabilização global. Não foi difícil prever estes desenvolvimentos, mas os EUA e a Europa confiaram literalmente no acaso, deixando demasiada liberdade para a acção de Netanyahu. É necessário que a situação israelo-palestiniana não esteja num estado de tensão como o actual, para não alterar o já frágil equilíbrio mundial, e é por isso que Israel deve ser convencido a não usar uma repressão violenta tão intensa, que desqualifica considera-o um Estado democrático, colocando-o no mesmo nível de uma organização terrorista; o número de mortes de civis registadas na Faixa de Gaza já é muito superior ao causado pelo Hamas e a mesma operação terrestre temida na Faixa de Gaza corre o risco de ser uma enorme carnificina para os dois lados. Além disso, há a possível abertura de uma frente norte, com o Hezbollah pronto a intervir, uma situação cada vez mais sobreaquecida na Cisjordânia e ameaças explícitas do Irão de atacar Haifa. A presença de navios militares no Golfo Pérsico corre o risco de desencadear um confronto com Teerão, com a consequência de activar as células adormecidas e imprevisíveis presentes em todo o mundo. Nunca antes a paz esteve nas mãos infelizes de Netanyahu, em quem, honestamente, não se pode confiar. A acção de Biden, marcada pela moderação, ainda que tardia, parece ser a única capaz de ter alguma possibilidade de afastar o princípio da degeneração, que corre verdadeiramente o risco de deflagrar um conflito mundial. Só silenciando o barulho das armas e dos bombardeamentos incondicionais sobre Gaza poderemos esperar recomeçar uma espécie de negociação, que restaurará a força da solução de dois Estados e fará recuar os extremismos opostos. O tempo está se esgotando mas as possibilidades estão aí, somente com a reflexão adequada por parte de todos, além disso só existe o abismo.