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giovedì 17 febbraio 2011

Gli USA dietro le rivolte?

Secondo il New York Times, quotidiano dell'area liberal, quindi non sospetto di avversione ad Obama, le rivolte dell'area nord africana e delle altre zone, non sono poi giunte così inaspettate. L'amministrazione di Obama, molto attenta alle relazioni internazionali, pareva in effetti essere stata colta in contropiede dal repentino sviluppo delle rivolte e qualche accusa era anche stata mossa per questa impreparazione; in realtà, secondo il quotidiano newyorkese, fin da agosto scorso venivano studiate le possibilità di ribellione in diversi paesi, tra cui quelli dove ora la situazione politica è in subbuglio. La sensazione è che Obama abbia voluto prevenire possibili cambi di potere, grazie a situazioni comunque pericolanti su cui l'influenza USA non era rilevante, avversi agli Stati Uniti ed alla pace. Questo studio pare un investimento politico di Obama, che nel momento economico attuale, non può imbarcarsi in nuovi conflitti regionali, la cui durata non certamente prevedibile. Il caso egiziano è emblematico di questo indirizzo: un dittatore ormai inviso alla popolazione, a capo di uno stato dove regna la corruzione e con la povertà che avanza, ma anche a capo dello stato al confine con Israele e nel cui territorio passa una fondamentale via di comunicazione per l'Europa. Se una nazione con caratteristiche del genere diventa preda del fondamentalismo, l'apertura di un fronte militare è quasi scontata. Ma gli interessi americani riguardano anche lo Yemen, riserva di miliziani integralisti, la Giordania, anch'essa con una posizione chiave con Israele ed il Bharein dove, invece l'interesse appare di natura energetica. La ricostruzione fatta dal New York Times sembra, almeno verosimile ed in sintonia con la politica intrapresa da Obama che predilige praticare una tattica preventiva anzichè successiva come preferiva Bush. Può avere provocato le rivolte l'amministazione USA? In effetti le capacità dell'apparato statunitense consentono, grazie a conoscenze approfondite e vaste risorse di provocare i moti di piazza che si sono verificati, ma occorre dire che le situazioni dei singoli paesi, seppure nelle loro differenze, erano mature per recepire eventuali sollecitazioni anche provenienti dall'esterno. Tuttavia, pur rientrando nelle normali pratiche di strategia politica, anche se non dette, se questa indiscrezione fosse vera o comunque degna, com è, di essere possibilmente vera, quello che è destinato ad aprirsi, sarà un periodo difficile per la diplomazia americana, destinata a smentire, come in altri periodi storici, l'ingerenza negli affari interni di altre nazioni.

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